Queste settimane saranno centrali per il salvataggio del turismo estivo. L’aumento delle vaccinazioni e il decrescere dei contagi ridurranno progressivamente le restrizioni per
permettere a bar, ristoranti e hotel di riorganizzare il loro lavoro.
Da mesi c’è il tam-tam costante di chi, sfidando la logica, pronuncia il
mantra del “riaprire” come fosse la parola magica con cui tornare alla “normalità”. Ma con buona pace dei politici o dei nuovi capipopolo che pensano basti
urlare in piazza, se si apriranno le porte di ristoranti, palestre o teatri,
non sarà certo per queste “pressioni”, ma perché lo permetteranno la scienza e il senso di responsabilità dei gestori.
Non c’è nessun “apriti Sesamo”, né alcun genio della lampada che possa cambiare la situazione. Anzi, il “
riaprire”, è un termine forse sbagliato. Almeno per un po’ non ci sarà alcun ritorno alla normalità. Finché il covid non sarà sconfitto in tutto il mondo, non saremo al sicuro. Potremo vivere certamente “più sicuri” di oggi, ma
pensare che si possa tornare agli abbracci, alle resse di un tempo o ai locali sovraffollati sarebbe un’illusione che rischieremmo di pagare amaramente.
Tutti vogliamo tornare a viaggiare, cenare al ristorante, prendere un aperitivo o dedicarci al tempo libero. Ma, lo ripetiamo,
per un po’ di tempo nulla potrà essere come prima. E ciò vale anche per i pubblici esercizi, che hanno pagato il prezzo più alto di questa crisi. Per molti di quelli che sono sopravvissuti alla
moria di chiusure e
fallimenti non potrà essere un ritorno al tempo ante covid. Non ci sarà una semplice “riapertura”. Ci sarà invece una sorta di rifondazione di ogni locale per il dopo covid.
Come nel Rinascimento dopo la peste erano cambiate molte cose, così avremo nuovi modelli.
Dall’inizio della pandemia abbiamo illustrato tutti i cambiamenti che ci sarebbero stati. L’asporto e la delivery non potranno certo essere abbandonati. Né i nuovi sistemi di prenotazione o le relazioni online con i clienti. Le igienizzazioni e i distanziamenti dovranno tutti essere confermati e anzi rafforzati. Ci saranno nuovi menu nati dalla ricerca di questi mesi per valorizzare sempre più territorio e produzioni di qualità, all’insegna della tracciabilità e della sicurezza. Cambieranno i ricarichi sul vino e la sala avrà più peso vista la possibilità di dare più attenzione e servizio ai clienti che, ripetiamo, inizialmente saranno meno che in passato. Ci sarà l’impatto di nuove catene di fast food e lo sviluppo delle dark kitchen, da controllare per evitare rischi di massificazione e impoverimento della nostra cucina.
Insomma, escluso un semplice “riaprire”,
in molti casi ci saranno vere e proprie “nuove aperture” negli stessi locali e con lo stesso personale. Ciò che resterà intatto, ne siamo certi, sarà il
desiderio di fare questo lavoro e valorizzare le Cucine italiane e la filiera agroalimentare. Sarà un
Rinascimento del nostro turismo. Ed è a ciò che bisogna puntare con fiducia e ottimismo, resistendo nell’ultimo miglio senza cedere a scoramento o rabbia, utili solo a criminali o ai professionisti della
demagogia.
Ma sopra ogni cosa, non ci stancheremo di ricordarlo, oggi ciò che conta davvero non sono gli aiuti dei “Sostegni”, pure fondamentali, ma avere la volontà di
vincere le nuove sfide con obiettivi e progetti chiari. E magari con locali covid-free. Le
sciocchezze sulle “isole” più o meno grandi lasciamole a chi non conosce la geografia o la realtà del nostro turismo.