Vale almeno il 2,4% del Pil il business dell’economia circolare in Italia, il settore con le più alte prospettive di crescita. Un termine di moda che non si limita certo alla tendenza attuale del viaggiare in bicicletta, magari nella versione e-bike. E non è un caso che il premier Conte abbia lanciato la scommessa di una “stretta di mano” fra economia ed ecologia, abbinata con cui vuole giocare la non facile carta della ripresa dopo un decennio di progressiva caduta del nostro tasso di crescita e del potere d’acquisto. Cardine di questa strategia è la “green economy” (espressione che spesso si sovrappone a quella di economia circolare), tanto che il Governo parla di “green new deal”, vista la nostra leadership in Europa per l’economia pulita.
Turismo e ristorazione posso essere protagonisti nella lotta allo spreco
Certo se considerassimo realtà come quelle di Roma o della terra dei fuochi ci sarebbe da vergognarsi solo a parlare di questa prospettiva, ma la realtà è in effetti quella di una larga presenza di imprese che sul recupero e il riciclaggio di materie prime e scarti di lavorazione, nonché sul risparmio energetico, hanno costruito modelli di sviluppo originali e vincenti. E fra i comparti interessati in primo piano c’è, non a caso, quello della filiera agroalimentare. I cuochi, come abbiamo raccontato a più riprese nelle ultime settimane, si stanno spendendo per questa causa in maniera concreta, con il
tristellato Massimo Bottura tra i più attivi.
Sfruttando ad esempio gli scarti agricoli delle coltivazioni e degli allevamenti, secondo il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, i mini impianti per il biometano possono arrivare a coprire fino al 12% del consumo di gas in Italia. «È necessario passare da un sistema che produce rifiuti e inquinamento - dice Prandini - a un nuovo modello economico circolare in cui si produce valorizzando anche gli scarti, con una evoluzione che rappresenta una parte significativa degli sforzi per modernizzare e trasformare l’economia italiana ed europea, orientandola verso una direzione più sostenibile in grado di combinare sviluppo economico, inclusione sociale e ambiente». E dall’elicicoltura (
vedi il metodo Cherasco, come abbiamo raccontato) a nuove forme di pesca rispettose dell’ambiente (
come se ne è discusso a ‘Nnumari, di cui abbiamo dato ampiamente notizia nei giorni scorsi), molte sono le concrete opportunità di sviluppo.
E a maggior ragione ciò vale per il settore industriale dove novità come l’idrogeno, se davvero il Governo ci vorrà puntare, potrebbero cambiare radicalmente il modo di produrre, riducendo drasticamente l’inquinamento. Insomma di carne al fuoco ce ne può essere molta, tanto che ci sono previsioni per almeno mezzo milione di nuovi posti di lavoro entro 4 anni. Il “green” dovrebbe garantire un quinto della nuova occupazione, il doppio di quelli del comparto digitale che era visto come quello con più chances fino a qualche tempo fa.
In questa prospettiva anche ristoranti ed hotel possono fare la loro parte preferendo prodotti di aziende ecocompatibili e segnalando ai clienti questa scelta. Sarebbe un modo per fare crescere una sensibilità e consolidare un ruolo di servizio e attenzione verso i temi del benessere e della salute. Se poi le istituzioni sostenessero programmi per un’accoglienza green (dai pannelli fotovoltaici alla scelta di attrezzature a impatto zero, dalla promozione di ricette antispreco alla tracciabilità dei prodotti bio) sarebbe un modo per sostenere allo stesso tempo l’economia circolare e il turismo.