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È ormai tempo del Cuoco “professionista” 3.0

di Alberto Lupini
direttore
 
04 luglio 2016 | 15:25

È ormai tempo del Cuoco “professionista” 3.0

di Alberto Lupini
direttore
04 luglio 2016 | 15:25
 

Gli Ordini professionali hanno ancora un senso? E se lo hanno, non è ora di mettere mano ad una riforma che tenga conto che professionisti non sono solo i medici, gli avvocati, i commercialisti o gli ingegneri e i giornalisti (questi ultimi due fra l’altro bella forma maggioritaria di dipendenti)? La questione è sul tavolo da anni, ed è fra le più controverse per tutto il sistema Italia. Ma anche se può essere fonte di discussioni o polemiche deve essere affrontata. Le trasformazioni del mondo del lavoro hanno fatto progressivamente emergere “professioni” che oggi non sono riconosciute attraverso un Ordine che ne regola la formazione e le modalità di svolgimento, comprese sanzioni e deontologia.

Eppure il tema di norme capaci di dare garanzie a tutti, a chi lavora in un settore e agli utenti, è fondamentale. E lo è tanto più se si tratta di lavori che hanno a che fare con la nostra salute e la nostra sicurezza.



E da questo punto di vista un faro particolare deve essere oggi acceso attorno alla professione del cuoco. A maggior ragione considerando i cambiamenti che negli ultimi anni hanno caratterizzato il lavoro in cucina. Il cuoco italiano è ormai uscito da un ambito quasi esclusivamente alberghiero-turistico (quasi sempre come dipendente) per trasformarsi da un lato in gestore di locali (patron) e dall’altro in consulente dell’industria. Da un 95% di cuochi inquadrati come dipendenti subordinati neanche venti anni fa, oggi si registra un 32% di lavoratori autonomi.

Un motivo più che sufficiente per sollecitare un adeguamento delle leggi che regolano l’accesso alla professione, tanto che non a caso la Fic (Federazione italiana cuochi) ne ha fatto uno degli obiettivi principali della sua strategia del “Cuoco 3.0”. Occorre in pratica dare più tutela ad una professione che è priva di un Ordine. Un qualche cambiamento è fra l’altro imposto dal Jobs Act, nonché dalla necessità di fissare con più precisione le politiche di formazione professionale e i criteri di accesso ad un lavoro che sempre più ha impatti diretti con la nostra salute.

Ci sono competenze e livelli di certificazione che devono assolutamente essere introdotti per tutti coloro che hanno a che fare con la trasformazione del cibo. Cuoco è un termine ampio e forse fin troppo generico, ma indica con precisione un ruolo, anche sociale, nel quale ricomprendere pasticceri, pizzaioli, gelatieri, ecc. Ognuno ha un ruolo e competenze che devono essere però accertate e valide verso tutti. Non è più tempo del fai da te. E il riconoscimento di uno status professionale preciso è più che mai fondamentale.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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06/07/2016 08:55:51
2)
Tra le altre cose molti professionisti seri che conosco gli ordini li abolirebbero con piacere servono ad alimentare caste e burocrazia. saluti Di Benedetto
Guerrino di benedetto

05/07/2016 09:27:16
1) Sarebbe la morte della cucina
Carissimo Direttore, a mio modesto parere penso che la creazione di un ordine professionale ucciderebbe la cucina italiana, che fare con tutti quegli operatori che fanno questa professione per passione per amore e per servizio verso il cliente, magari sono ex dirigenti o semplici appassionati, la passione è la prima motivazione per che sta in cucina e spesso dopo tanti anni di lavoro molti cuochi non hanno più stimoli. e poi si perderebbe una molla economica di che fa ricerca enogastronomica per dare ai clienti il meglio dell Italia, verso molti cuochi che vanno a fare la spesa nella GDO o peggio. Le leggi in Italia ci sono come al solito si devono far rispettare e poi quale cuoco pagherebbe la fee per entrare nell'ordine? No caro Direttore non son daccordo. un caro saluto Gerry
guerrino di benedetto



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