Carta, polvere da sparo, bussola, seta, carte geografiche o gli "spaghetti". Per citarne solo alcune, sono tante le invenzioni che hanno cambiato il corso della storia in Europa e che, con un po’ di licenza storica, sono arrivate dalla Cina grazie a Marco Polo. Sono trascorsi più di settecento anni da quando il mercante veneziano, forse il più famoso scrittore di libri di viaggi (un mito per chi come me si occupa di economia e turismo), grazie a "Il Milione" ha permesso di aprire gli occhi sull’altra metà del mondo, rendendo un po’ meno centrale il ruolo del Mediterraneo.
Si riapre la via della Seta
Le memorie dei suoi viaggi attraverso l’Asia e la via della seta, nonché le cronache dell’organizzazione del Catai, Stato di cui fu anche alto funzionario e amico dell’Imperatore, sono documenti straordinari che hanno fatto sognare per secoli i lettori alimentando il mito di un popolo che, va ricordato, non ha quasi mai invaso i vicini (solo recentemente il Tibet), ma ha “contagiato” il mondo con la sua cultura e i suoi commerci. Ha esportato in verità anche alcune pestilenze, come la
peste nera del Trecento, che arriverà dopo il ritorno di Marco Polo in Italia, e che
Boccaccio descriverà poi nel Decameron. Ma quel tipo di contagio che è di assoluta attualità, fu portato in Europa dai tartari che avevano “invaso” la Cina. Un po' come oggi cl coronavirus, partito si dalla Cina, ma esportato dalla globalizzazione.
Un libro, non va dimenticato, che costituì fra l’altro una delle molle dell’avventura di Cristoforo Colombo che da “genovese” pensava di circumnavigare la terra (che per i cinesi già allora non era piatta) per raggiungere proprio le terre descritte dal “veneziano”. E portandosene una copia nella traverata, scopri invece le Americhe. E da allora, fra alti e bassi, la storia del mondo è cambiata, e la distinzione fra occidente ed oriente ha cominciato ad avere un po’ più senso, con un‘Europa che di là a qualche secolo avrebbe perduto ogni centralità. Checchè ne pensi l’inutilmente borioso che
oggi governa a Londra e fa credere alla gente che il tempo possa girare al contrario. Tanto che oggi il vero conflitto nel mondo, al di là dell’attuale guerra planetaria al coronavirus, è fra le false Indie di Trump e l’antico Catai di Xi. Entrambi “scoperti” da due italiani...
Va fra l’altro sottolineato che non avremmo "Il Milione" se Marco Polo non fosse stato obbligato a stare chiuso (in prigione) dettando a Rustichello di Pisa le sue cronache. Un periodo certo un po’ più lungo delle quarantene a cui siamo costretti oggi per la pandemia che sta sconvolgendo il mondo con crolli dell’economia e assurdi tentativi di fermare il virus chiudendo le frontiere. Nei giorni di detenzione Marco Polo parlava solo col suo compagno di cella toscano, noi abbiamo invece la fortuna di avere internet e i cellulari. Ma il tempo libero che abbiamo possiamo dedicarlo a riflettere su come siamo interconnessi col mondo.
La lezione del mercante veneziano è straordinaria e ci fa comprendere come
non siamo soli e come le relazioni importanti possono cambiare la vita. Se poi affrontiamo il tema delle
relazioni con la Cina (che non ha mai costituito il percolo giallo sbandierato qualche decennio fa) ci rendiamo conto di come la
nuova" via della seta", può essere l’occasione e il motore per ravviare l’economia. Partendo propro dall'enogastronomia che è uno dei punti, con la cultura la moda e l'alta tecnologia, che ci avvicinano al grande paese asiatico, di cui fino ad avanti coronavirus eravamo non a caso la principale destinazione turistica.
Da Pechino, che sembra stia per chiudere i conti con la sua tragica esperienza col coronavirus, stanno oggi arrivando aiuti solo in Italia, fra mascherine e respiratori, mentre i tedeschi o gli indiani mettono l’embargo sulle loro attrezzature sanitarie o i medicinali. Non possiamo che sperare che il Dragone riprenda a volare e grazie a lui poter riagganciare il nostro Pil a una fase di crescita. Se l’Europa, al di là delle follie della maestrina francese che ha creato il peggior tonfo della storia nel Borse, dimostrerà di esistere, bene. Altrimenti, davvero dobbiamo e possiamo tifare per Pechino. Alla faccia dei sovranisti che oggi vedono i loro alleati "ideali" alzare barriere contro di noi e chiudere valichi o tratte ferroviare, da Berlino a Vienna.
Quello di Italia-Cina può essere un viaggio al contrario dopo 800 anni. Dal contagio dell’era della globalizzazione (che come i Tartari nel Trecento ha sconvolto e cambiato il mondo), forse può nascere di nuovo una tratta, se non un'età, dell'oro. Una mano e un’iniezione di fiducia che non è arrivata dai fratelli europei, sta arrivando da chi non si è dimenticato che 800 anni fa avevamo riconosciuto prima di tutti la loro come una cultura importante. E la storia, qualche volta, riserva anche sorprese positive per chi ha seminato bene.