Durante il primo lockdown ci fu facile preconizzare, acquisendo la notizia da un autorevole studio di società di consulenza, la chiusura tendenziale di un numero consistente di ristoranti (tra il 30% ed il 40% nell’arco di 18 mesi) ed anche, elemento significativo, l’apertura di pochi nuovi ristoranti. E così sta accadendo. Senza per nulla sminuire l’entità di quella che permane essere motivazione forte avverso il prosieguo dell’attività, ovvero l’assenza cronica di costanti flussi di cassa in entrata, assolutamente da non sottovalutare sono altri fattori sovente ignorati. Tra questi fattori menzioniamo la delivery.
Un esempio di delivery, quello di Delivery Valley a Milano
È colpevolmente in errore il ristoratore che considera la
delivery un fenomeno effimero
cagionato dalla pandemia ed in via di estinzione al contestuale estinguersi (sì, ma quando) delle restrizioni che la suddetta pandemia impone. Si ipotizza, da ricerche in corso, che nel 2025 un pasto su quattro verrà servito in modalità delivery.
La delivery stava già emergendo come trend del 2020, contribuendo a ridisegnare addirittura un nuovo layout del ristorante con un ampliamento della cucina, un downsizing della sala e l’allestimento originale di spazi attrezzati per delivery e
take away. I cuochi in cucina continueranno ad esserci, diminuiscono i camerieri in sala ed
emergono i rider. La pandemia, siamo qui correttamente e doverosamente a ribadirlo, ha solo catalizzato il fenomeno.
Alida Gotta, patron di Delivery Valley insieme a Maurizio Rosazza Prin
E difatti quelle poche nuove aperture, avendo certamente effettuato analisi di mercato ed avendo certamente prodotto a beneficio dei loro shareholders un
business plan ed un
marketing plan, individuano nella delivery uno strategico revenue stream.
Effettuiamo mirata panoramica. Partiamo da un caso “estremo”. Qui la sala non è sottodimensionata rispetto alla cucina. Qui la sala semplicemente non c’è proprio. Non c’è servizio di sala, c’è solo delivery. E la cucina, in locuzione gergale, diviene “dark kitchen”. La città è Milano, il nome del ristorante è
Delivery Valley. Ha poco più di cinque mesi di vita e in questo breve lasso di tempo ha già evaso circa 10mila ordini. Patronne e patron, coppia anche nella vita,
Alida Gotta e
Maurizio Rosazza Prin: entrambi in passato concorrenti a Master Chef.
Delivery e take away anche per Castello Malvezzi a Brescia
Nulla di improvvisato, tutto meticolosamente studiato step by step.
La delivery non è una cosa semplice. Si pensi non solo al packaging, sicuramente studiato per la bisogna, ma addirittura ad accorgimenti su taluni ingredienti. È il caso dell’hamburger. Qui si usa un pane particolare (fatto in casa) che in un quarto d’ora, il tempo medio occorrente a che il rider effettui la consegna a domicilio, diventa ancora più saporito perché assorbe i succhi della carne.
Altra situazione interessante quella di
Alberto Riboldi,
chef patron di Castello Malvezzi a Brescia e socio
Euro-Toques. Qui siamo al cosiddetto (altra locuzione gergale) meal kit. Si ordina quella che lo chef ha denominato S-Box. La S-Box la si può ritirare presso il ristorante (take away), oppure la si riceve a casa (delivery). La S-Box contiene, in dosi per due persone, gli ingredienti per cucinare un piatto gourmet. Non ready to eat bensì, volutamente, ready to cook. Ingredienti non solo, ma anche la ricetta dello chef con le dovute e precise indicazioni di approntamento. Oltre al meal kit, lo chef ha anche elaborato due menu degustazione adatti alla delivery, uno di terra ed uno di mare. Inoltre, sono disponibili piatti in singola scelta, come da menu.
La S-Box di Alberto Riboldi
E dopo la Lombardia, con Milano e Brescia, non poteva mancare Roma. Imminente l’apertura (19 novembre) del ristorante con importante servizio di delivery “
Forchette & Bacchette”. Piatti per delivery, cucinati a “sei mani”. L’idea è di Janguo Shu, patron di Dao Chinese Restaurant, e l’innovativa proposta pensata per la delivery è una fusion gourmet sino-romanesca. Le “sei mani” sono quelle dello chef
Zhu Guangqiang della chef stellata
Iside De Cesare e dell’oste romano
Dino De Bellis: un trio simpaticamente ribattezzato “La stella, l’oste e er cinese”.
Er cinese è Zhu Guangqiang, resident chef del Dao Chinese Restaurant. La stella è la chef stellata Iside De Cesare de La Parolina di Trevinano (Vt). L’oste è Dino De Bellis, chef dell’Enoteca Regionale Palatium. Gli ordini si effettuano entro la mattinata tramite WhatsApp e le consegne saranno effettuate dalle 18 alle 21, ferma restando, volendo, la modalità take away.
Iside De Cesare, Zhu Guangqiang e Dino De Bellis
Così lo scenario della ristorazione evolve. Si tratta di sapersi adeguare, onde non soccombere, onde prosperare. Pretendere (non questuare) aiuti è legittimo; pensare alle maestranze, alle loro famiglie e prendersene cura è lodevole ed eticamente doveroso. Tuttavia, raccapriccia dirlo, gli aiuti... aiutano, ma non risolvono. Pannicelli caldi, lenitivi, sollievo dell’istante, giammai soluzione. È il modello di business della ristorazione che sta cambiano ed è a questo nuovo modello che bisogna guardare, imparare ad averne confidenza e non soggezione, ad esso adeguandosi per essere ristoratori di successo nell’era post-Covid.