Armani resta per tutti un’icona italiana dello stile: puoi essere o no un fashion lover, ma in ogni caso il marchio in sé e per sé ti farà venire in mente un’idea di bellezza, l’approccio minimalista di una giacca avvolgente, il ricordo di una blusa un po’ sblusata… e dunque le aspettative saranno dello stesso tenore, quando ti eleverai (dall’americano “elevator”, ascensore) fino al settimo piano dell’Armani Hotel a Milano, per recarti al ristorante.
Da sinistra Alex Atala e Francesco MascheroniDove anche nel 2023 si possono vivere delle
esperienze gastronomiche memorabili, come può attestare l’Executive chef dell’Armani,
Francesco Mascheroni, che a gennaio ha ospitato lo chef
Alex Atala** del
D.O.M di San Paolo del Brasile per la
prima cena a quattro mani dell’anno. Considerato uno dei migliori ristoranti al mondo, il D.O.M (due stelle Michelin dal 2015) è la casa della grande cucina brasiliana contemporanea.
L’evento di gennaio fa parte di un ciclo di collaborazioni, iniziato lo scorso anno con Marco Bernardo de La Magnolia dell’Hotel Byron (Forte dei Marmi) e Giovanni Papi di Armani/Ristorante Dubai. L’italianità raffinata di Francesco Mascheroni ha ben saputo come andare a braccetto con l’esotismo cosmopolita di Alex Atala, alla ricerca di quella cultura del luogo che ogni ingrediente reca in sé.
Otto tappe, cinque vini
In un gioco di contrasti, la cena ha guidato i convitati attraverso le stagioni: Atala ha sfoggiato il suo tropicale dalle atmosfere caldo-estive, Mascheroni ha impiattato il continentale con i profumi e i sapori del nostro inverno. Otto le tappe e cinque i vini in abbinamento, ma più che l’elenco contava la forza espressiva di ciascuna pietanza. Il tavolo ha salutato con entusiasmo la Michetta con tonno rosso, burrata, olio al pimento; meno convincente la Ceviche di fiori guarnita di miele dell’Amazzonia, nonostante la consistenza e il sapore originale del miele fermentato, inusuale per noi europei; applausi a scena aperta per il Sorbetto al peperoncino dolce e ricci di mare e per il Riso al salto con pomodoro, coriandolo, bottarga, vongole, cozze e cannolicchi. Sentiti borbottii di approvazione per le Costolette di agnello alla milanese, guarnite di tuberi e radici; e come dimenticare che l’Aligot, soffice creazione casearia apparentemente brasileira ma francese di origine, con la sua sventagliata di tartufo, ha perfino strappato qualche “oooh …” al paludato commensale.
Quanto ai vini, i vincitori del premio serotino “4 mani” sono probabilmente il Domaine Cailbourdin Pouilly–Fumé “Les Cris” 2020 Sauvignon Blanc, per la sua aromaticità multiforme, e il Garbole Heletto Rosso Veneto 2015 per la sua robustezza gentile. Un bianco e un rosso, di quelli che non si accontentano di fare da comparse ma raccontano una storia: a tutti, figuriamoci ai palati ben allenati.
Che si lasceranno ancora allenare, e volentieri, da un coach smaliziato come Francesco Mascheroni, alla guida delle cucine di un hotel di prestigio, in una metropoli pullulante di critici: magari ci fossero solo i clienti!
Italia e Brasile, chef Mascheroni: «Bello notare tutte le differenze»
«È stato bello», ci racconta l’executive chef dell’Armani, «Rispecchiarsi in Alex Atala e notare tutte le differenze, da attribuire alle diversità geografiche e climatiche, oltre che culturali. Le materie prime, così distanti tra loro, sono quelle che fanno nascere le idee, creano gli adattamenti, entrano nel cuore e nella memoria di chi frequenta i ristoranti. Parte da tutto da lì, dalla materia prima, in questo io e Alex siamo assolutamente in sintonia. E quindi le repliche non esistono: lo spaghetto al pomodoro in Brasile sarà altra cosa, e lo stesso vale per il churrasco in Brianza, evidentemente. Stasera abbiamo assaggiato l’Aligot al formaggio, che mi ha ricordato l’abisso che c’è fra ‘noi e loro’, dato che i brasiliani sono abituati al formaggio in versione fresca, da mangiare a colazione col pane».
Armani Hotel Milano, lo chef Francesco MascheroniQuali ingredienti prenderebbe in prestito dal Brasile?«Ce ne sarebbero parecchi. Mi viene in mente
il miele fermentato dell’Amazzonia, assaggiato stasera prima con la Ceviche di fiori e poi con il Taleggio servito in veste di pre-dessert. La fermentazione avviene in modo spontaneo, precisiamo, grazie alla percentuale di acqua più alta e alla temperatura elevata. Ne vien fuori un prodotto naturale più liquido, meno dolce, con sentori floreali piuttosto netti: una meraviglia».
E dal punto di vista tecnico cosa ha apprezzato maggiormente di Alex Atala?«La semplicità di approccio, in particolare. Il
valorizzare i migliori ingredienti con tecniche molto sobrie, questo mi ha affascinato. Parte tutto da lì, come ho già detto, specie per noi italiani, che abbiamo a disposizione un patrimonio di prodotti stratificatosi nel tempo,
una specie di grandiosa biblioteca: di sicuro molto più vasta di quella a cui può attingere uno chef brasiliano. Pensi solo a quanti tipi di formaggi, di pasta, di tecniche di cottura abbiamo a disposizione».
Gli chef Francesco Mascheroni e Alex Atala al lavoro insieme
Torniamo ora a Mascheroni e all’Hotel Armani, dove lavora ormai da sette anni. La sua idea di cucina?
«Quella ben fatta. Scherzi a parte, nel mio caso la cultura italiana rimane al centro, arricchita semmai dall’orizzonte internazionale, e mi riferisco specialmente all’Asia, con le sue sfumature acide, piccanti, agrodolci, speziate; sfumature che ti consentono d’interpretare un piatto tradizionale, magari anche italiano, in modo tale da dargli una vita nuova. A parte questa serata a quattro mani, che considero un po’ una digressione, le mie idee sono ben rappresentate da un piatto come i ravioli del plin ripieni di coniglio con bisque di astice affumicato e fondo di coniglio. Un viaggio dal Piemonte al Giappone, insomma: si capisce che a me piace spaziare, e i clienti dell’Armani sembrano apprezzare la filosofia del vagabondare gastronomico».
Armani Hotel
Via Alessandro Manzoni 31 - 20121 Milano
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