I locali reagiscono al Decreto «Cambiare "pelle" per sopravvivere»

Il DPCM del Governo ha tagliato le gambe ai locali e cocktail bar costringendoli a chiudere entro le 24. Molti gestori si sono sentiti il capro espiatorio, essendo stati i più colpiti della categoria . Qualcuno però vede queste regole rigide anche come un'occasione per educare i giovani ad una movida più ordinata

14 ottobre 2020 | 08:30
di Gabriele Ancona
Il nuovo Dpcm-Decreto del presidente del Consiglio firmato ieri notte ha creato un vero e proprio putiferio nel mondo dei cocktail bar. I contagi in impennata e la movida fluttuante hanno imposto un giro di vite che a molti operatori è andato per traverso. Gli orari penalizzanti - chiusura a mezzanotte per chi fa servizio al tavolo e alle 21 per chi non ne ha, limite questo in aggiunta al divieto di sosta a piede libero di fronte ai locali - ha mandato in bestia i titolari dei luoghi del bere. Sì, perché i ristoranti i tavoli devono averli per forza e a mezzanotte, in genere, i giochi sono fatti. Per gli altri una mazzata. C’è chi ha parlato di agonia, chi di tortura con la “goccia cinese”, con un’analogia forse non voluta rispetto all’origine del Covid. Per molti questa stretta ha un significato preciso vista la natura dei locali della notte. Tavoli o non tavoli, tirare giù la serranda a mezzanotte è come spegnere la luce ancor prima di iniziare.


Bocum Mixology, Palermo

Italia a Tavola ha raccolto il pensiero di alcuni professionisti finiti nella rete del Dpcm da Palermo a Milano. Il nostro viaggio parte proprio dal capoluogo siciliano. Con un esordio inaspettato. Presi in contropiede.

«Bocum Mixology - spiega il titolare Franco Virga - è uno speakeasy con dei tavoli interni. Non vorrei sembrare blasfemo, ma questo decreto può essere anche conveniente. Mi spiego. I cocktail bar nascono per bere l’aperitivo e andare al ristorante e poi magari tornarci per un after dinner. Niente di nuovo. Oggi viviamo un periodo in cui la gioventù non trova più come un tempo  l’accoglienza delle discoteche per fare serata, non ha difficoltà a reperire bere di basso livello a prezzi molto corti e va a finire che bighellona per strada, con tutte le conseguenze del caso. Forse il decreto si può rivelare una spinta in più per incanalare la nostra gioventù, per un’educazione moderna allo stare insieme».


Misture Cocktail Club, Napoli

A Napoli ci spiazza anche Mattia Giuseppe Esposito, titolare del Misture Cocktail Bar. «Con il governatore De Luca alle misure drastiche siamo abituati  - racconta - Per cui vado oltre e penso al dopo. Bisogna tener duro fino al 13 novembre, poi si vedrà. Abbiamo tavoli all’aperto e posti distanziati all’interno, ma la gente non esce e quando lo fa si ammassa alla stessa ora. Il mio consiglio è quello dare accesso al locale fino alle 23.30 per poter servire tutti nel modo migliore. Sabato scorso ci  sono arrivati tanti clienti alle 23.50 e mezzanotte inoltrata non potevamo aver finito di servire. Certo si spegne la musica, si alzano le luci, ma la clientela un po’ si spaventa e un po’ non capisce: non è abituata. E noi abbiamo uno stile a cui non vogliamo rinunciare. Abbiamo dovuto allontanare anche dei turisti e non è bello. Penso però agli street bar di Napoli, senza tavolini e con un flusso esagerato anche di giovanissimi. Loro sono in una situazione difficile».

Barnum Café, Roma

«La situazione è complicata - conferma Daniele Crescenti , titolare del Barnum Café di Roma - Abbiamo solo due tavolini fuori e dobbiamo vigilare. La gestione dell’esterno del locale non è semplice, un terreno minato, ma abbiamo trovato molta disponibilità. Dobbiamo lavorare, ma non lavorare troppo, uno strano equilibrio. Queste nuove regole metteranno a dura prova molti. Ci dobbiamo adattare anche se la chiusura a mezzanotte è penalizzante».

Banco, Milano

Marurizio Manvati è una figura autorevole del bere mix milanese. È il titorare dell’Elettrauto Cadore e del Banco, locale cult sull’Alzaia Naviglio Grande. «L’Elettrauto non mi preoccupa - dichiara - chiude alle 23.30. Al Banco sono costretto a rinunciare al dopocena. Sono arrabbiato. La situazione è quella che è, dobbiamo solo subire. Siamo i più sacrificabili dal punto di vista sociale: non si possono toccare scuole e mezzi pubblici per ovvi motivi. Allora ci siamo noi. E la cassa integrazione di inizio agosto deve ancora arrivare. Siamo arrabbiati, ma consapevoli. Temo che ora si presenti la Regione per imporre la chiusura alle 18.00, per molti l’orario di apertura. Si parla tanto di Navigli e movida incontrollata; per la mia esperienza “al fronte” vedo che i giovani si ritrovano, certo, ma sono vigili, distanziati e con la mascherina».

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