Davide Caranchini, una cucina fatta di passione e “Materia”
13 novembre 2016 | 11:30
di Riccardo Melillo
Davide Calani, Davide Caranchini e Gugliemo Curcio
Un piccolo e accogliente locale ad un passo da Villa Erba, pochi coperti, due sale giocate sui contrasti e sul bianco e nero negli arredi e nella mise en place. In sala e in cucina personale giovanissimo, a partire dalla moglie di Davide, Ambra, il cugino Luigi e il cognato Marco. In cucina ad affiancare Davide, Guglielmo Curcio e Davide Calani. E se bianco e nero fanno da padrone in sala, i piatti invece sono un tripudio di colori e di sapori.
Il menu è intrigante, sia la carta che le proposte di degustazione; se leggendolo e “studiandolo” restasse il dubbio su cosa scegliere, la soluzione è più semplice del previsto: basta optare per il percorso “Mano libera”, 9 portate a sorpresa scelte dallo chef, per godere appieno della filosofia della sua cucina.
Uno dei benvenuti dello chef
Già dal Benvenuto dello chef inizia il gioco di sapori, tra creatività, tecnica e contrasti, spesso forti, a volte delicati, ma sempre ben bilanciati. Ed è forse questo che colpisce di più della cucina di Davide, la completezza gustativa di ogni singolo piatto in cui nulla è lasciato al caso. Come per la Lingua di vitello, barbabietola, ribes e shiso, le superlative Linguine, broccoli, missoltino e bacche di cipresso o ancora la Pancia di maiale arrostita, carote e alloro o il Pollo alla cenere. E poi ci sono i dolci... Rimango folgorato leggendo in carta “Finferli, topinambur, frutto della passione e caffè”; funghi nel dessert, un piatto da provare. Il risultato è sensazionale, un mix di sapori sorprendente ed equilibrato!
Nota di merito anche per la carta dei vini, non certo ampia ma studiata con attenzione, tra proposte locali e internazionali con un’attenzione particolare per vini naturali e biodinamici (quasi metà del totale).
Lingua di vitello, barbabietola, ribes e shiso
Davide, parlaci brevemente del tuo percorso professionale.
Dopo essermi diplomato all'istituto alberghiero Gianni Brera di Como ho passato un anno a Londra in un ristorante italiano stellato, il Semplice. Sono poi tornato a Como dove ho lavorato un anno ai Tigli a lago, e li ho conosciuto la mia attuale compagna e socia Ambra. Siamo ripartiti insieme per Londra dove siamo stati altri due anni, lavorando (io) da Gordon Ramsay, a Le Gavroche e all'Apsleys di Heinz Beck. Da lì sono poi andato a Copenhagen al Noma, per uno stage di 4 mesi. Tornato in Italia ho iniziato all'Enoteca Pinchiorri dove però, a causa di un problema al menisco, ho dovuto interrompere dopo pochi mesi. Tornato a Como, passato il periodo di convalescenza, ho avuto la proposta di gestire la cucina del ristorante Acquadolce di Carate Urio. Quella è stata la mia prima esperienza da chef e mi è servita molto. Poi il breve passaggio a Casa Santo Stefano e ora qui...
Pancia di maiale arrostita, carote e alloro
Cosa vuol dire per uno chef avere il proprio ristorante?
Avere un proprio ristorante per uno chef, o per lo meno per me, vuol dire tutto. È quello che ho sempre sognato sin da quando decisi di intraprendere questa professione. Non è facile perché richiede molti sacrifici e impegno, ma quelli non mi hanno mai spaventato, e lavorare per se stessi senza nessuno che ti dica cosa fare o non fare è per me importantissimo perché mi permette di esprimermi al 100%.
Pollo alla cenere, crema di patate affumicate e agrodolce di cipolla rossa
I punti forti della tua cucina? So che ti piace, tra le altre cose, sperimentare con erbe e spezie...
A me piace proporre piatti con elementi sulla carta difficili da immaginare in una sola ricetta, ma in realtà molto intriganti tra loro. Mi piace molto giocare con le note amare e l'acidità, tenendo il tutto in equilibrio e in questo le erbe mi aiutano molto. Dopo lo stage al Noma ho sviluppato una vera e propria passione per le erbe e per gli ingredienti selvatici, tanto che abbiamo costruito una serra di 50 mq in cui coltiviamo tutte le nostre erbe.
Finferli, topinambur, frutto della passione e caffè
Un menu alla carta, una degustazione “Classica”, un percorso vegetariano e “sperimentazione a mano libera”, parlaci del tuo menu.
Nel momento in cui bisognava comporre la carta, abbiamo deciso di proporre due diverse opzioni: una per i palati più classici o che comunque preferiscono gusti più rotondi, un'altra per chi ha intenzione di provare le proposte più “spinte” e innovative della nostra cucina. Abbiamo quindi inserito nella carta piatti che soddisfano entrambe le richieste; di conseguenza anche i menù degustazione li abbiamo sviluppati intorno a questa possibilità di scelta: il “Classico”, 5 portate per i gourmand, il “Green power” 5 portate per i vegetariani, e non lo facciamo per moda ma perché crediamo fortemente nella valorizzazione dell'elemento vegetale. Infine il “Mano libera”, 9 portate a sorpresa, che vengono scelte da me, e con cui testare appieno la filosofia della mia cucina; è sicuramente il menù più rock and roll dei tre!
I tuoi piatti sono spesso delle piacevoli sorprese, per scelta di ingredienti e soprattutto per i sapori che ne derivano, quanta intuizione e quanto studio ci sono dietro ad un singolo piatto?
Alle volte capita l'intuizione, così come a volte ti capita di assaggiare un ingrediente e con la memoria gustativa ti viene in mente un altro elemento, potenzialmente compatibile, e cominci a lavorarci su; ma normalmente prima che un piatto venga proposto ai nostri ospiti c'è un lungo lavoro di ricerca e studio, dalla materia prima alle tecniche di preparazione e cottura e infine l'impiattamento.
Ristorante Materia
via 5 giornate 32 - 22012 Cernobbio (Co)
Tel 031 2075548
www.ristorantemateria.it
info@ristorantemateria.it
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