Al ristorante Nabucco di Milano “mangiando” e ascoltando Verdi
Il giovane cuoco Giancarlo Vetrei ha presentato il suo menu ispirato al volumetto “Libiamo ne’ lieti calici, alfabeto della cucina verdiana”, del maestro Roberto Codazzi, direttore artistico del Museo del Violino di Cremona
Che tipo di ristoro potrai mai trovare se ti rechi in Brera via Fiori Chiari, proprio nel nucleo della Milano degli artisti e dei turisti? Roba da turisti, per la proprietà transitiva, vien da dire con quel mix di accoramento e sdegno che sembra accomunare i veri gourmet. E invece il ristorante “Nabucco” punta, così pare, al turista senza il turistico, allontanandosi dall’abusato italianismo “pizza, amore e risotto” che alla fine ti lascia in memoria qualcosa di greve e posticcio. Questo ristorante, insomma, strizza l’occhio agli amanti della buona tavola e della buona musica, come abbiamo appreso nel corso della serata dedicata alla “Degustazione Verdi”, menu disponibile a partire dal 2 marzo.
Il menu di Giancarlo Vetrei in nome di Verdi
Il giovane chef partenopeo, Giancarlo Vetrei, ha presentato il suo menu ispirato al volumetto “Libiamo ne’ lieti calici - alfabeto della cucina verdiana”, del maestro Roberto Codazzi, direttore artistico del Museo del Violino di Cremona; perché è ovvio che il Nabucco, a 800 metri dal Teatro alla Scala, ha le carte in regola per dare spazio a questo genere di spunti artistici, visto che è nato nel 1970 anche per celebrare l’amore per il teatro e la musica.
La nostra prova d’assaggio
La “Degustazione Verdi” parte dal Lollipop di pappa al pomodoro e basilico e omaggia subito dopo le origini emiliane di Giuseppe Verdi, attraverso il pane di montagna con burro montato, crudo di Parma, brunoise e salsa al melone invernale. L’emiliano-romagnolo torna nel primo piatto, il risotto giallo con tartufo nero e gel di Albana bianco secco, tanto per ribadire la territorialità verdiana; ottimo, certo, anche se non proprio originale, ma probabilmente lo chef Vetrei desiderava inserire nei suoi spazi un angoletto tradizionale. Il secondo, l’agnello alla Nabucco, è di grande efficacia nel mettere in risalto l’amore di Verdi per la vita agricola, tra coltivazione e allevamento: la carne si accompagna infatti a mostarda di cachi, funghi di Castelpoto, polvere di castagne e fonduta di squacquerone. Un piatto semplice solo in apparenza, ma in realtà di lunga lavorazione, che ha richiesto il giovanile entusiasmo dello chef per arrivare a trovare la quadra tra consistenze e sapori diversi. In coda al menu, a celebrazione di un genio della musica notoriamente goloso, non può mancare il tiramisù: scomposto, in questo caso, non animato da particolari voli pindarici ma davvero buono nella sua essenza.
Centoventi euro il prezzo della degustazione: potremmo definirlo “tipico & territoriale”, dato che ci troviamo nel bel mezzo del quartiere chic della Milano orgogliosa di sé, dove i prezzi impazzano e si rincorrono. Avvertiamo, però, che sono inclusi due cocktail di pregevole fattura. Anzitutto il “Fiori & Agrumi”, con cognac, liquore St. Germain, Peychaud’s bitter, zucchero, salvia, champagne e gocce di limone; ancor meglio, per freschezza e incisività, l’accompagnatore dell’Agnello alla Nabucco, detto anche “Palato Fine” e composto da gin, liqueur Chataigne & Cognac, sciroppo d’agave ed essenza di rosmarino. Un grazie al mixologo Fabrizio Bergamini per la vena creativa, priva del minimo segno di stanchezza o banalità.
Non solo cibo… ma anche storie verdiane
Qua e là, tra un “Fiori & Agrumi” e un crudo di Parma, abbiamo trovato il tempo di ascoltare le storie verdiane raccontateci dal maestro Roberto Codazzi: «Era un uomo semplice - fa presente il maestro - un contadino delle Roncole, come egli stesso amava definirsi, che una volta raggiunto il successo modificò i suoi gusti alimentari. All'inizio Giuseppe Verdi si formò su gusti e sapori della sua terra - la pasta ripiena (i mitici anolini) e i salumi (culatello e spalla cotta, in particolare), innaffiati da quel Lambrusco ‘che fa bum nello stomaco’ e che il giovane musicista imparò a sorseggiare nelle tazze dell'osteria del padre Carlo. Una volta diventato compositore di respiro europeo e uomo di mondo, imparò ad amare la cucina internazionale e ad apprezzare raffinati vini francesi (Bordeaux e Champagne soprattutto) e distillati esclusivi».
A coronamento di una serata musicale e godereccia ci siamo messi a leggere le ricette di Ermelinda Berti, la cuoca del grande musicista, per avere un altro indizio nostalgico sulla distanza fra noi, l’epoca verdiana e i suoi divertissement. Le ricette sono nell’ appendice del libro di accompagnamento alla “Degustazione Verdi”, quel “Libiamo ne’ lieti calici” che rappresenta un punto d’incontro fra risorgimento musicale e cucina d’autore. Non badate troppo all’italiano in sintassi rococò della cuoca: tutto fa atmosfera.
Il polpettone di Verdi
Si prende la carne di vitello lunga e larga una spanna e grossa un dito. Per il pieno si fa friggere altra carne di vitello in una zuppiera con burro e cipolla, poi si taglia molto fine con aglio e prezzemolo, si scotta il pane con spezie, poi si aggiunge formaggio, uova e la carne tagliata e si mistura bene e con questo pieno si empie le fette di carne e si cucinano bene. Si fa friggere il burro con cipolla, sedano, prezzemolo e aglio poi si aggiungono al polpettone con salsa pomidori freschi e funghi, si mette anche fegati e magoni di polli che cuociono tutti a un tempo a fuoco lento. Il polpettone si taglia a fette col contorno dei fegati e si serve prima dell’arrosto.
Ristorante Nabucco
Via Fiori Chiari 10 - 20121 Milano
Tel 02 860663
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Alberto Lupini