Affacciata sulla costa di Alassio (Sv) tra glicini, agrumi e piante esotiche, sorge Villa della Pergola, una delle dimore storiche più affascinanti della Riviera ligure, oggi parte della prestigiosa famiglia Relais & Châteaux. I suoi giardini botanici, premiati come Il Parco più bello d’Italia, custodiscono oltre 500 varietà di Agapanti, fiori simbolo che trasformano il paesaggio in un’opera d’arte vivente e fanno di Alassio la capitale europea di questa specie.

Ristorante Nove: la sala
Villa della Pergola, una dimora storica tra botanica, architettura e memoria inglese
Villa della Pergola, una dimora storica tra botanica, architettura e memoria inglese. Nato nella seconda metà dell’Ottocento per volere del generale Montagu McMurdo e di sua moglie Lady Susan Sarah Napier, il parco sorse su un podere agricolo ligure con coltivazioni a terrazza. McMurdo trasformò quel terreno in un giardino ornamentale, aggiungendo piante esotiche, balaustre in terracotta e ponti in legno per collegare le aree della proprietà. Con Sir Walter Hamilton Dalrymple, nel 1900, il parco si arricchì di cipressi, rose banksia, fontane e ninfee. Nel 1922, Daniel Hanbury - figlio del celebre Sir Thomas - portò nuove specie da Ventimiglia, rafforzando il carattere botanico del luogo. Il parco divenne una meraviglia della Riviera, ammirata da viaggiatori, scrittori e nobiltà.

Villa della Pergola ad Alassio
Dopo la guerra e un lungo periodo di incuria, il rilancio è avvenuto nel 2006 grazie all’intervento di Silvia e Antonio Ricci. Il restauro paesaggistico, firmato da Paolo Pejrone, ha restituito identità e splendore a questo luogo unico. Oggi il Parco di Villa della Pergola è più vivo che mai: continua ad accogliere nuove collezioni botaniche, a rinnovarsi con cura e a ispirare chi lo attraversa. Nel 2022 è stato premiato come Parco più bello d’Italia. Ma il suo valore va oltre i riconoscimenti: è un giardino che incanta, protegge e racconta la Riviera come pochi altri sanno fare. Proprio al centro di questo straordinario contesto naturalistico si trova il Ristorante Nove, guidato dallo chef Antonio Romano, classe 1993, una stella Michelin ottenuta a soli 26 anni, e oggi protagonista di un progetto che mette al centro la stagionalità, il lavoro di squadra e un’idea di cucina che parte dalla terra.
Antonio Romano: dalla cucina di Heston Blumenthal all’esperienza con Heinz Beck
Già ai tempi della scuola, Antonio Romano passava più tempo in cucina che tra i banchi. Turni serali, sveglie mancate, tanta pratica: la direzione era chiara fin da subito. Un percorso costruito sul campo, tra scelte precoci, ambizione e determinazione costante. Dopo il diploma si trasferisce a Londra, pur non conoscendo la lingua, e si inserisce rapidamente nel mondo dell’alta ristorazione. In due anni colleziona esperienze in ristoranti come Roka Oldwich e Barrafina, dove diventa capo partita a soli vent’anni. Ma non gli basta: ogni mese manda il curriculum a Gordon Ramsay e Heston Blumenthal. Dopo un anno, è quest’ultimo a rispondere. Romano entra in brigata e ci resta per oltre un anno. «Un’esperienza che ha lasciato un’impronta duratura - racconta - in termini di rigore, organizzazione e studio dei piatti».

Ristorante: lo chef Antonio Romano
Fu proprio in quella cucina che incontrò un ragazzo romano con esperienza a La Pergola di Heinz Beck: uno scambio di battute si trasforma in un’occasione concreta. Romano torna in Italia ed entra nella brigata del tre stelle. Un cerchio che si chiude: il primo libro di cucina acquistato a sedici anni portava proprio la firma di Beck. L’impatto iniziale è duro, abituato alla precisione di Blumenthal si scontra con un metodo più istintivo. Ma trova presto il suo equilibrio, diventando anche riferimento per gli eventi internazionali dello chef tedesco. «In un solo anno ho quasi riempito il passaporto», racconta. «Con Beck ho scoperto non solo il rigore assoluto in cucina, ma anche l’umanità che c’è fuori da essa».
Quando sente il bisogno di una nuova sfida, Beck gli propone di seguire l’apertura di Attimi a Milano, come sous-chef. Un’esperienza intensa e totalizzante, con ritmi serrati e uno standard che restava altissimo: ogni piatto, anche il più semplice, doveva essere all’altezza delle tre stelle. È qui che comincia a comprendere anche la dimensione gestionale della cucina: costi, budget, responsabilità. Non solo tecnica, ma visione. Dopo Milano, arriva la chiamata per il ristorante stellato al Castello di Fighine, in Toscana: una parentesi contemplativa e formativa, tra natura e rigore. Due anni e due conferme della stella dopo, approda a Torino per guidare Spazio 7: un contesto complesso, fatto di sfide, compromessi e nuove responsabilità. «Mi sono trovato a fare da portavoce, a prendermi carichi che non mi spettavano».
L’approdo a Villa della Pergola tra orto, ospitalità e fine dining
Ed è allora che arriva l’occasione da Villa della Pergola: «Stavo per firmare un altro contratto, poi mi ha scritto Francesca (Ricci ndr), la restaurant manager. Vengo a vedere il posto, era febbraio, pioveva, ma ho capito subito il potenziale. Per me è stata una nuova sfida passare a un contesto alberghiero dove ci si occupa anche di colazioni, room service e light lunch. Ma una dimensione più ampia ti permette di osare, anche nel fine dining. Puoi sognare pur mantenendo i piedi per terra». Romano ha costruito da zero anche la brigata: «Non ho portato nessuno con me, ho preferito selezionare le persone giuste, non solo competenti. Ho fatto tutto in incognito, pubblicando annunci senza svelare la destinazione. In due settimane ho trovato 13 persone. E la cosa più bella è che oggi c’è squadra, armonia».
Ristorante Nove: Pane raffermo, insalata di pomodori e gazpacho verde
1/5
Ristorante Nove: Riso Carnaroli, Ortica, Brusso, Coniglio preparato secondo la tradizione genovese
2/5
Ristorante Nove: Gambero viola, cocco, ciliegia e cetriolo
3/5
Ristorante Nove. anatra intera arrosto
4/5
Ristorante Nove: dessert Cabossa
5/5
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Quanto alla cucina proposta, chef Antonio Romano ha le idee chiare: «Cerco di non compiacere, ma di far star bene tutti - racconta -. I menu sono pensati per offrire varietà: pesce, carne, piatti vegetariani, paste, risotti, piatti da condividere. Non c’è bisogno di stupire con la fermentazione o gli ingredienti “alla moda”. Metto piuttosto un sott’olio, un sott’aceto, come facevano mia nonna e mia madre. Il mio obiettivo è dare gusto, identità, concretezza. Che i clienti si ricordino di un piatto, anche solo per un accostamento semplice come finocchio e zafferano». Il menu cambia con le stagioni, ma sempre con metodo: «Non improvviso. Ogni piatto viene testato, standardizzato, ricettato. Solo quando tutto è chiaro, entra in carta. È un approccio che mi porto dietro da Heinz Beck, da cui ho ereditato il rigore sul gusto, e da Blumenthal, da cui ho imparato la necessità di studiare e costruire piatti solidi».
Naturalia: il racconto vegetale che profuma di cura, stagioni e semplicità
Rilevante è certamente il primo menu completamente vegetariano: «Naturalia non è stato imposto da una moda, ma da un senso di responsabilità. Hai ettari di terra, un orto rigoglioso, persone che ti chiedono: “Cosa vuoi che piantiamo per te?”. Ho imparato moltissimo: quanto tempo serve per far crescere un pomodoro, quali ortaggi non possono stare vicini, che sapori si influenzano. È stato un percorso educativo». Il menu Naturalia, in cinque portate, cambia con l’estate seguendo la maturazione dei prodotti. Anche gli altri due menu degustazione - Incontri e Incontri Condensed - si evolvono con attenzione alla stagionalità e alla riduzione degli sprechi.

Ristorante Nove: lo chef Antonio Romano e la sua brigata
Molti ingredienti, dagli aceti ai distillati, sono prodotti in casa, in un’ottica di ricerca e valorizzazione del territorio. «Sono felice del percorso che stiamo costruendo», afferma Romano. «Grazie soprattutto ai clienti, che con il loro entusiasmo ci spingono a innovare. Vogliamo restare fedeli al contesto che ci circonda, ma senza ripeterci. Cerchiamo nuove prospettive, sapori inattesi, equilibrio e freschezza, rendendo omaggio alla natura che ci ispira ogni giorno». Oggi, dopo tante esperienze in giro per l’Italia e all’estero, Antonio sente il desiderio di restare. «Qui ho trovato un posto dove potermi esprimere, costruire nel tempo, crescere. E la Liguria, che all’inizio non conoscevo, è diventata per me una seconda casa: il mare, i prodotti, i volti. Sto bene, e spero di rimanerci a lungo».
Via Privata Montagu 9 17021 Alassio (Sv)
Lun-Dom 19:00-21:30 (Mar chiuso)