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Abba: il gusto della trasparenza di Fabio Abbattista tra cucina e ospitalità

Abba è un ristorante che unisce fine dining, spazi aperti e attenzione alla materia prima. In un ex pennellificio trasformato in luogo di ospitalità, la trasparenza tra sala e cucina diventa il fulcro dell'esperienza

di Gabriele Pasca
 
29 dicembre 2024 | 08:30

Abba: il gusto della trasparenza di Fabio Abbattista tra cucina e ospitalità

Abba è un ristorante che unisce fine dining, spazi aperti e attenzione alla materia prima. In un ex pennellificio trasformato in luogo di ospitalità, la trasparenza tra sala e cucina diventa il fulcro dell'esperienza

di Gabriele Pasca
29 dicembre 2024 | 08:30
 

Abba, nel cuore della nuova Certosa District di Milano, è un luogo che sembra dissolvere le distinzioni tra passato industriale e presente gastronomico. Fabio Abbattista lo ha concepito come un’esperienza totale, dove la cucina aperta interagisce con la sala, un fluire naturale di gesti e sguardi che non necessita di filtri o barriere.

Abba: il gusto della trasparenza di Fabio Abbattista tra cucina e ospitalità

La sala interna del ristorante Abba

Un ex pennellificio, trasformato in uno spazio dove tutto si intreccia: l’essenzialità degli interni, la morbidezza delle luci, la presenza discreta ma intensa dello chef e della sua brigata. Il design, curato insieme all’architetto Giulio Marchesi, vuole creare una sensazione di calma, autenticità e accoglienza. È un ambiente che accarezza lo sguardo, ma senza distrazioni.

Materia e tecnica: l’anima della cucina di Fabio Abbattista

La cucina di Abbattista è impregnata di materia e di tecnica. Gli ingredienti vengono scelti con cura maniacale, per rispettare il ritmo della natura e per valorizzare il patrimonio italiano con accenti che ricordano la sua terra d’origine, la Puglia. Il gesto tecnico, mai sovrabbondante, si concentra su un equilibrio sottile tra gusto e armonia.

Abba: il gusto della trasparenza di Fabio Abbattista tra cucina e ospitalità

Lo chef Fabio Abbattista

Abba è un percorso intenso, in cui chi si siede accetta l’invito a osservare, ascoltare, lasciarsi trasportare. C’è un’intelligenza raffinata nel modo in cui il tutto si compone: gli spazi, il cibo, la luce, le persone. La fluidità è la cifra distintiva di Abba, che scorre come un fiume tranquillo, riflettendo ora la luce, ora le ombre.

Un ristorante che racconta lo chef: la filosofia aperta di Abba

«Volevo un ristorante che fosse un’esperienza a 360 gradi, non solo nei piatti ma anche nell’ambiente», spiega Abbattista. «Ho immaginato uno spazio che parlasse di me, che fosse essenziale e pulito, come la mia cucina, ma anche accogliente e caldo».

Abba: il gusto della trasparenza di Fabio Abbattista tra cucina e ospitalità

Lo chef Fabio Abbattista al lavoro con la brigata

L’ex pennellificio è diventato il cuore di questo progetto, un luogo dove la cucina si apre alla sala senza barriere. «Non ci sono muri. Voglio che chi viene qui veda tutto, il lavoro del mio gruppo, i gesti, la precisione. È un modo per essere sinceri e per creare un rapporto diretto con le persone. La cucina non deve nascondersi». Questa trasparenza, pensata fin dall’inizio, non è un dettaglio accessorio: è parte della filosofia del ristorante.

Il design è stato curato in ogni dettaglio, ma senza complicazioni inutili. «Con Giulio Marchesi abbiamo lavorato per togliere il superfluo. Volevo un ambiente che non distraesse, dove tutto fosse funzionale e in sintonia con il mio modo di cucinare. Le linee sono essenziali, ma c’è calore, c’è personalità».

Abba: il gusto della trasparenza di Fabio Abbattista tra cucina e ospitalità

Un dettaglio dell'arredamento del ristorante Abba

Abba, oltre ad essere uno spazio elegante, accoglie senza formalismi. «L’idea era quella di un luogo dove le persone si sentissero a loro agio, senza perdere l’eleganza. Il fine dining non deve essere rigido, deve parlare alle persone, farle sentire parte di qualcosa».

Dal rigore francese all’identità italiana: il percorso di Abbattista

Fabio Abbattista racconta volentieri il suo percorso. «Ho iniziato nei ristoranti francesi, quelli dove il rigore e la tecnica sono alla base di tutto. Ho lavorato da Le Gavroche, due stelle Michelin, e poi al The Square. A Londra ho avuto l’opportunità di essere parte di uno dei progetti di Gualtiero Marchesi: il ristorante dell’Halkin Hotel, una delle prime consulenze dello chef in Inghilterra. Lì abbiamo ottenuto una stella Michelin». Sono esperienze che hanno segnato il suo approccio alla cucina, fatto di precisione e di rispetto per la materia.

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La Bistecca di pomodoro dello chef Fabio Abbattista

Il ritorno in Italia lo ha visto collaborare con Fabio Baldassarre in due tappe fondamentali: L’Altro Mastai a Roma e l’apertura dell’Unico a Milano. «Con Baldassarre ho costruito un rapporto importante, sia a livello professionale che umano. Abbiamo lavorato spalla a spalla, condividendo idee e cercando sempre di superare i nostri limiti».

La svolta più significativa arriva però con l’Albereta, dove Abbattista prende il posto di Marchesi. «È stata un’esperienza incredibile. La famiglia Moretti mi ha dato la possibilità di crescere, di sviluppare una mia identità e di portare avanti una cucina che fosse mia, senza compromessi». Dieci anni intensi, durante i quali lo chef consolida il suo stile e la sua visione.

Ma la voglia di costruire qualcosa di personale lo spinge a cercare un nuovo inizio. «Sentivo l’esigenza di un progetto tutto mio, che mi rappresentasse al 100%. Volevo un ristorante che parlasse di me, che riflettesse il mio pensiero». La ricerca della location è stata lunga, ma l’incontro con l’ex pennellificio di Milano ha segnato l’inizio di Abba.

Abba: il gusto della trasparenza di Fabio Abbattista tra cucina e ospitalità

La Melanzana ai carboni, pesto di erbe e cacioricotta delo chef Fabio Abbattista

Ogni esperienza vissuta, dai ristoranti francesi alla collaborazione con Marchesi, fino all’Albereta, ha contribuito a definire il profilo di Abbattista. «Quello che sono oggi lo devo a tutte queste tappe. Ho imparato tanto, ma soprattutto ho capito l’importanza di avere una propria identità in cucina. Senza quella, non vai da nessuna parte». Un percorso fatto di tecnica e scelte precise, che culmina nella creazione di un ristorante dove lo chef può finalmente esprimersi senza filtri.

La cucina di Abba: gusto, stagione e rispetto per la materia prima

La cucina di Fabio Abbattista è costruita intorno a una regola semplice: il gusto deve essere il centro di tutto. «Parto sempre dalla stagione. Gli ingredienti vanno scelti nel momento in cui possono esprimersi al meglio. Non serve inventare, ma rispettare ciò che la natura ci offre,» racconta lo chef. Questa attenzione si traduce in piatti essenziali ma profondi, dove ogni elemento trova il suo spazio. «L’ingrediente principale deve essere chiaro, codificabile. Non amo i piatti in cui non capisci cosa stai mangiando».

Abba: il gusto della trasparenza di Fabio Abbattista tra cucina e ospitalità

Il Manzo alla brace, noci e crescione dello chef Fabio Abbattista

Al cuore di questa filosofia c’è un rapporto diretto con la materia prima. Abbattista lavora con un approccio quasi artigianale, scegliendo prodotti che portano con sé una storia. «Mi piace esplorare il mondo vegetale, che considero un territorio ricco di possibilità. I legumi, per esempio, sono straordinari e poco valorizzati. Io cerco di usarli spesso, di dare loro il ruolo che meritano. Hanno un legame fortissimo con la cucina regionale italiana, ma riescono anche a sorprendere in contesti più moderni».

Il menu di Abba: sapori che emozionano senza sovrastrutture

La tecnica gioca un ruolo chiave, ma non per sovrastare. «La tecnica deve servire a esaltare il sapore, non a complicarlo. La mia cucina è pulita, senza fronzoli, ma non deve mai essere piatta. C’è bisogno di golosità, di emozione. Un piatto può essere concettuale quanto vuoi, ma se non crea un legame immediato, non funziona». Questa filosofia si concretizza in alcuni piatti di questo menu, come il risotto con il cardo gobbo, pere e polenta affumicata, o la seppia con carciofi, dove i sapori si incontrano e si esaltano in una combinazione precisa e armoniosa. Altrettanto interessante è l’uso delle carote di Polignano, abbinate ad anice e nocciola, per creare un equilibrio che stupisce senza strafare.

Abba: il gusto della trasparenza di Fabio Abbattista tra cucina e ospitalità

La Granita di barattiere e mandorla dello chef Fabio Abbattista

Le radici pugliesi dello chef sono una presenza costante, mai imposta. «Il legame con la mia terra è naturale. Uso spesso ingredienti come il pisello nano di Zollino, la farina di grano arso o la farinella. Sono materie prime che raccontano chi sono, ma lo fanno senza retorica. Mi piace che il loro sapore sia conosciuto anche fuori dai confini della Puglia».

Abba: il gusto della trasparenza di Fabio Abbattista tra cucina e ospitalità

La mise en place del ristorante Abba

La cucina di Abba è l’espressione di una filosofia chiara: il rispetto per la materia, l’uso della tecnica come mezzo, non come fine, e l’obiettivo costante di mettere il gusto al centro. In questo equilibrio si rivela tutta la personalità di Abbattista, capace di far convivere precisione e istinto in piatti che parlano direttamente al palato. «Non cerco l’effetto speciale. Cerco l’autenticità». È questo, in fondo, il messaggio che Abba trasmette a chiunque si sieda alla sua tavola.

Relazioni che fanno crescere: lo chef e la rete di ispirazioni

Fabio Abbattista non vede la cucina come un esercizio solitario, ma come una rete di relazioni e ispirazioni che arricchiscono ogni aspetto del suo lavoro. Abbattista è legato a una comunità di chef che considera punti di riferimento. «A Milano apprezzo molto il lavoro di Remo e Mario Capitaneo di Verso. Sono due amici, ma quello che fanno in cucina è incredibile. Mi piace il loro modo di interpretare il gusto, c’è un’affinità con quello che cerco di fare io».

Abba: il gusto della trasparenza di Fabio Abbattista tra cucina e ospitalità

Lo chef Fabio Abbattista in sala

Non mancano le esperienze che lo hanno segnato da ospite. «Negli ultimi anni, una delle cene più belle che ho fatto è stata da Michele Lazzarini, a Contrada Bricconi. Quello che sta creando lì è qualcosa di straordinario. Non si tratta solo di cucina, ma di un progetto completo che rispecchia la sua visione».

Abba come sintesi di connessioni e visione personale

Abba nasce anche da queste connessioni. «Le relazioni sono fondamentali, ti permettono di guardare oltre il tuo piatto, di confrontarti con altri approcci. Non credo nelle chiusure: la cucina è fatta per essere condivisa, anche nel pensiero».

via Varesina, 177 20156 Milano (Mi)
Tel +39 02 85689735

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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