Benvenuti a Sant'Angelo in Vado (Pu), antichissimo borgo che trae le sue origini dalla romana Tifernum Mataurense, dove convivono, in armonia, arte, cultura e tradizioni che si confondono nelle acque del dolce e tranquillo fiume Metauro, tanto amato dal Tasso che lo descrisse così: “O del grand’Appennino figlio picciolo sì ma glorioso, e di nome più chiaro assai che d’onde; fugace peregrino a queste tue cortesi amiche sponde per sicurezza vengo e per riposo…”.
Sant‘Angelo in Vado e il fiume Metauro
Attraversando il borgo odierno, perfettamente conservato, sono ancora facilmente leggibili le caratteristiche medioevali con vie strette e ben curate che ci portano in viaggio nel tempo in un’epoca di dame e cavalieri. È uno dei luoghi prediletti da Federico da Montefeltro, duca di Urbino, uno dei più importanti signori del suo tempo, è patria di Taddeo e Federico Zuccari e di Francesco Mancini che hanno portato il nome di Sant’Angelo nelle più alte vette del mondo dell’arte.
Sant'Angelo in Vado, tra tartufo e storia
Conosciuta come una delle capitali del tartufo bianco pregiato, recentemente, la terra gli ha donato un frutto ancora più prezioso, la scoperta di una meravigliosa e sorprendente Domus romana del I secolo d.C. da considerarsi una delle scoperte archeologiche più importanti degli ultimi cinquanta anni. Sant'Angelo è anche natura incontaminata, campi coltivati con bellissime geometrie e colori, boschi secolari che il visitatore può vivere in compagnia del suo più fedele amico percorrendo sentieri e strade sterrate.
Notizie storiche di Sant'Angelo in Vado
Il nome Tifernum deriverebbe da tipher o tifia una pianta acquatica molto comune nelle zone paludose. Studi archeologici, nel corso degli anni, hanno constatato tramite scavi e interpretazioni aerofotografiche, che la pianta dell’antica città avesse una forma quadrata nel cui centro convergevano il Cardo e il Decumano. L’esistenza dell’antico “Municipium” romano è documentata dagli innumerevoli reperti ritrovati conservati presso il “Polo museale di Santa Maria extra Muros” e viene citata da Plinio il Vecchio e Claudio Tolomeo nelle loro opere.
Sant‘Angelo in Vado trae le sue origini dalla romana Tifernum Mataurense
Con l’avvento del cristianesimo la cittadina fu quasi certamente sede vescovile, con la fine dell’Impero Romano (476 d.C.) e la guerra greco gotica (535-553 d.C.) le vicende storiche dell’antico municipio romano si confondono nel medioevo e dalle sue ceneri nasce Sant’Angelo in Vado. La tradizione vuole la città distrutta dai goti e ricostruita per opera dei longobardi che la dedicarono al loro santo protettore per antonomasia “San Michele Arcangelo”. La seconda parte del nome fu aggiunta successivamente e potrebbe aver due significati, il primo indicava il punto più facile di attraversamento del fiume Metauro (guado); la seconda starebbe a indicare la pianta del “Guado” che cresce in abbondanza sulle rive del fiume e con un opportuno procedimento viene trasformata in colore utilizzato principalmente per la tintura dei tessuti.
Nel Basso Medioevo la storia di Sant’Angelo in Vado si lega inscindibilmente a quella della Massa Trabaria, provincia autonoma dello Stato della Chiesa, che qui aveva la sua capitale e dove vi si riunivano i legati che rappresentavano i cento castelli che componevano il territorio. Alla fine del XIII secolo la Massa Trabaria perde definitivamente la sua indipendenza, diviene difatti parte integrante del territorio dei Montefeltro e le vicende di Sant’Angelo in Vado si uniscono a quelle del Ducato di Urbino fino all’estinzione del casato nel 1631 con la morte di Francesco Maria II della Rovere. Sotto il pontificato di Papa Urbano VIII con una bolla papale datata 18 febbraio 1636 Sant’Angelo viene eletta al rango di Città e sede vescovile.
Durante il Risorgimento la città vide il passaggio di Giuseppe Garibaldi nel luglio 1843, in fuga, dopo la caduta della repubblica romana; per poi divenire parte integrante del regno d’Italia dopo il 1860.
Cosa vedere a Sant’Angelo in Vado
Polo museale “Santa Maria Extra Muros”
Il Polo museale è realizzato all’interno della splendida chiesa di Santa Maria dei Servi da considerarsi senza alcun dubbio la più importante di Sant’Angelo in Vado, tanto da essere proclamata monumento nazionale. Magnifico esempio di stile tardo romanico esemplificato nella magistrale facciata sul fiume Metauro, nel corso dei secoli si è arricchita di importanti opere d’arte. Il visitatore è accolto da numerosi altari barocchi seicenteschi. Ubicata ad una delle entrate storiche della città in origine si trovava fuori dell’abitato ed è stata nei secoli più volte rimaneggiata tanto che al suo interno si possono ammirare svariati stili sovrapposti. Vi sono opere dei fratelli Zuccari, celebri pittori manieristi Vadesi, di Raffaellino del Colle ultimo allievo di Raffaello di Francesco Mancini altro pittore locale che collaborò attivamente con l’ordine dei Servi di Maria che fondarono il complesso monastico poco dopo il loro arrivo sul finire del XIV secolo.
Nella sezione archeologica potrete vedere reperti che documentano l’importanza dell’antica Tifernum Mataurense come il Lapidarium, testimonianza su pietra e marmo della città; e una quantità di oggetti di uso comune come ceramiche, oggetti in metallo ed utensili di vario genere provenienti dagli scavi degli ultimi anni.
Santa Caterina “Delle Bastarde”
Dedicata al culto di Santa Caterina D’Alessandria Martire cristiana, è detta “Delle Bastarde” perché la confraternita di Santa Caterina del Gonfalone a cui faceva riferimento, gestiva l’ospedale delle trovatelle che permetteva alle giovani cresciute in questa condizione di imparare un mestiere e di avere una dote per il matrimonio. La chiesa ha il suo ingresso principale in via Maremma e si nota per il bel portale in pietra serena in stile gotico, con incisa JHS e una data difficilmente decifrabile a causa dell’abrasione del tempo.
In piazza Umberto I vi è invece un altro ingresso realizzato sempre in pietra serena che reca l’iscrizione di Sancta Catarina. La chiesa è ad una sola navata con il soffitto a botte dove si apre un lucernario che illumina il presbiterio. Al suo interno si possono vedere l’altare maggiore dedicato alla Santa intagliato da Gian Giacomo Zuccari, zio dei più conosciuti Taddeo e Federico e da due altari laterali. L’unicità della piccola chiesa è nelle pareti laterali completamente ornate da stucchi di carattere decorativo raffiguranti le virtù cardinali dei Padri della chiesa realizzate probabilmente da Tommaso Ammantini di Casteldurante, allievo del Brandani.
Museo dei vecchi mestieri
Che a Sant’Angelo in Vado fossero attive importanti botteghe d’arte è cosa certa. Innumerevoli sono nei musei e nelle chiese cittadine gli oggetti artistici che dimostrano le antiche tradizioni. È in questa ottica che è stato realizzato il Museo dei vecchi mestieri situato nei sotterranei di Palazzo Mercuri, dove possiamo vedere documenti e materiali delle più importanti tradizioni Vadesi come l’ebanisteria, l’intaglio del legno, l’oreficeria e la lavorazione del ferro battuto. Nelle sale sono poi documentati i mestieri tipici del nostro territorio più squisitamente rurali come quello del bottaio, del fabbro, del cappellaio e del calzolaio con particolare attenzione ai vecchi mestieri ormai perduti.
La chiesa di San Filippo
La chiesa di San Filippo ha un’insolita pianta ottagonale con tiburio e un piccolo portico di accesso. Non vi sono notizie certe della sua fondazione ma è con buona probabilità databile al XV secolo. Completamente restaurata intorno al XVII in onore della nascita dell’erede del Duca di Urbino nel 1605. La chiesa ha più volte cambiato intitolazione ma è innegabile la sua originale dedica all’ “Immacolata concezione” , presente in moltissime opere al suo interno come la statua lignea dorata tradizionalmente attribuita a Lorenzo Ghiberti della Madonna Annunciata, lo sportello dell’Annunciazione di Raffaellino del Colle o l’intero ciclo di affreschi della cupola che narrano vicende della Vita della Vergine realizzate in onore del matrimonio dell’erede dei Duchi d’Urbino Federico Ubaldo con Claudia de Medici, nel 1629, da un pittore nordico August Albrecht Wallentein.
San Michele Arcangelo, protettore di Sant'Angelo in Vado
Domus del Mito
Che il Campo della Pieve a Sant’Angelo in Vado conservasse nel suo sottosuolo una cospicua porzione dell’abitato dell’antica Tifernum Mataurense era considerato cosa certa, documentata da una serie di indagini archeologiche che nel 1999 hanno, finalmente, portato alla luce una grande residenza gentilizia, di epoca romana, denominata Domus del Mito. Datata I secolo d.C. fa parte del Parco archeologico del Municipium di Tifernum Mataurense.
Domus romana del I secolo d.C a Sant'Angelo in Vado
L’area dello scavo ha interessato una superficie di mille mq circa e ha riportato alla luce un ricco complesso di mosaici figurati di pregevole fattura e ottimamente conservati, che si possono considerare il più cospicuo ritrovamento avvenuto nelle Marche negli ultimi anni. La qualità e la ricercatezza delle opere inseriscono l’antica Tifernum in un’ampia circolazione di maestranze specializzate e denotano la presenza di una committenza colta e raffinata. I pavimenti musivi esibiscono soggetti vari a tema mitologico. Vi daranno il benvenuto all’ingresso Nettuno e sua moglie Anfitrite issati sul Carro Trionfale attorniati da delfini che danzano. Potrete vedere Bacco e rimarrete pietrificati alla presenza di Medusa, il tutto circondato da un fastoso repertorio di motivi geometrici in bianco e nero.
Sant’Angelo in Vado, miti e tradizioni enogastronomiche
Per le vie di Sant’Angelo in Vado è bello passeggiare senza fretta, godendo del sole che spunta sui tetti addossati gli uni agli altri, spaziando sulle cime dei monti circostanti ma altrettanto piacevole è sedersi a tavola nei numerosi ristoranti e agriturismi presenti sul territorio, dove potrete assaporare primi piatti tradizionali fatti a mano, sughi dai sapori di bosco, cacciagione, carni provenienti dai pascoli circostanti.
Il tartufo bianco pregiato
Senza parlare di sua maestà, il magnifico tartufo bianco pregiato delle Marche, che assieme al tartufo nero pregiato, allo Scorzone e Bianchetto permettono di assaporare il prezioso tubero tutto l’anno.
Il tartufo bianco pregiato delle Marche (Foto: Studio Picchio)
A questo prelibato prodotto della terra Sant’Angelo dedica una Mostra nazionale che nel mese di ottobre 2024 ha segnato la 61ª edizione. All’ingresso del paese, inoltre, l’associazione tartufai ha posto un monumento al più fedele compagno di cerca e di cammino: il cane.
Sant’Angelo in Vado vuol dire tartufo in ogni stagione. Roberto Dormicchi del ristorante Triglia di Bosco di Piobbico (Pu), per celebrare Pesaro Capitale della Cultura 2024 ha scelto come ricetta: Cappelletti in brodo di gallina, zafferano del Montefeltro al Tartufo Bianco di S. Angelo in Vado
Il Vino Santo Vades,
Un'altra importante memoria enogastronomica è il Vino Santo Vadese, figlio di una grandissima e antichissima tradizione viva e presente in passato come oggi ed ancora testimoniata dalle travi annerite dal fumo dei camini delle case di campagna che ogni anno danno asilo a grappoli d’uva che la pazienza del tempo renderà autentico nettare.
Il Vino Santo Vadese
Recentemente grazie al contributo di alcuni produttori locali, tra cui “La Montata” e l’azienda agricola “Ca’ Icardo”, il vin santo di Sant’Angelo è diventato un prodotto che comincia a essere conosciuto e apprezzato dagli appassionati del settore italiani e stranieri.
Sulle colline che sovrastano Sant’Angelo sorgono piccoli vigneti, che qui hanno trovato terreno ideale. Il vino santo è di colore giallo ambrato limpido e tendente al dorato, il sapore dolce, armonico, di buona struttura ed esprime una vasta gamma di sapori e aromi fruttati e floreali per questo è un ottimo vino da servire dopo i pasti con frutta secca, dessert e dolcetti secchi.
I dolci tipici: dal Bostrengo alla Cicerchiata
Di antichissima tradizione culinaria è il “Bostrengo” che può essere definito un piatto marchigiano le cui origini sono antichissime. Una sua descrizione si trova nella Naturalis Historia di Plinio, le cui caratteristiche principali sono quelle di essere realizzato con ingredienti semplici e di facile reperibilità. Sicuramente un dolce “povero” con ingredienti che anticamente, in ogni casa si conservano in dispensa come il riso, il pane, lo zucchero, le mele, le noci, il miele e cotto lentamente nei forni delle stufe.
La cicerchiata
Altro dolce tipico del territorio, ma tipicamente carnevalesco, è la Cicerchiata, le cui origini sono antichissime tanto quelle del Bostrengo. È un dolce è a base di pasta di farina, uova e, in alcuni varianti, burro o olio d'oliva, zucchero, liquore o succo di limone. Da questa si ricavano palline di circa un centimetro di diametro che vengono fritte nell'olio d'oliva o nello strutto. Scolate, vengono mescolate con miele bollente e disposte "a mucchio". Il miele raffreddandosi cementa le palline fra loro e dà solidità alla struttura.
La concia del maiale
Una menzione d’onore va poi alla “Concia del maiale” che trova il suo apice nel periodo invernale, sì, perché la “concia” nelle famiglie rappresentava una festa: si lavorava insieme per preparare prosciutti, salsicce, lonze, la torta di Cicoli, Scalmarite, Golette, mazzafeggati, fegatelli e molti altri prodotti di norcineria… tanto lavoro e tanta soddisfazione per aver preparato qualcosa di unico con le proprie mani, dopo aver allevato il maiale nel corso dell’anno. Convivialità, la famiglia riunita, dal più grande al più piccolo, lunghe tavolate a pranzo prima di ricominciare il lavoro nel pomeriggio, chiacchiere, dove oggi come in passato famiglie e amici si ritrovano assieme per lavorare le carni e produrre prodotti che sono tipicità del nostro territorio, un buon bicchiere di vino e buon cibo.