Un borgo medievale nel cuore del Parco di Veio. Siamo a Formello (Rm), sulla via Francigena, a mezz’ora dalla Capitale, e adagiata in quest’atmosfera bucolica e rilassata si sviluppa l’innovativa filosofia del giovane chef Matteo Faenza e del suo ristorante Mogano. Una cucina gourmet che “osa” puntare sul pairing di piatti raffinatissimi con la birra, ma soprattutto fa viaggiare con il gusto e la mente verso itinerari oltreoceano, sorprendendo perché tutte le materie prime, anche quelle apparentemente più etniche provengono in realtà da piccole aziende limitrofe.
La sala di Mogano (Foto: Caterina Faenza)
La cucina di chef Matteo Faenza a Mogano
«La mia è una cucina sicuramente locale, con tante influenze internazionali, ma non è assolutamente fusion perché non utilizza ingredienti industriali ed esteri - spiega Matteo Faenza - Quando sei seduto alla mia tavola il piatto ti rimanda a sapori lontani ma il prodotto è 100% laziale a partire dalla salsa di soia o al curry home made per non parlare del formaggio inglese prodotto da un’azienda agricola di Fiumicino che utilizza una tecnica produttiva simile a quella del cheddar. Il mio desiderio è rendere nostrano un certo tipo di sapore o un profilo organolettico con echi di terre distanti».
Chef di Mogano, Matteo Faenza (Foto: Caterina Faenza)
Una cucina fortemente identitaria quella di Faenza che ripercorre una vita professionale segnata da molteplici esperienze in giro per il mondo. Appena diciannovenne approda a Lima in Perù, per la precisione al Malabar dello chef Pedro Miguel Schiaffino per approfondire il fine dining in salsa latino-americana e poi successivamente sbarcare a Santiago del Cile. Il ritorno in Europa, a Bilbao, un’avventura molto formativa dal punto di vista della tecnica e poi il lavoro in grandi strutture alberghiere in Australia. Con un curriculum così completo arriva il momento di ritornare a casa. «Avevo voglia di aprire una realtà tutta mia e mi si è presentata un’occasione unica - continua Faenza - c’era questo spazio libero adiacente al birrificio di famiglia, Ritual Lab ma soprattutto sono riuscito ad acquistare tutti gli arredi, oltre che la cucina e la cantina, dello storico ristorante stellato Metamorfosi, dello chef sudamericano Roy Caceres, che chiuse i battenti proprio nel 2021, lo stesso anno in cui ho aperto. Una sorta di segno del destino. E dove una volta c’era un asilo nido ora sorge il ristorante Mogano».
La scelta del nome del ristorante è un altro richiamo al concetto di metamorfosi che muta la realtà è che viene, infatti, dalla colorazione della carne tipica della cottura barbecue detta mahogany color, uno stadio in cui la carne è a metà affumicatura e risulta rossa lucida.
Da Mogano chef’s table e birra protagonisti
I piatti rispecchiano al 100% lo chef e la sua carriera professionale da globetrotter. Si parte con un benvenuto rigorosamente servito allo chef’s table. E la birra è subito protagonista. Grazie alla collaborazione con il pluripremiato birrificio Ritual Lab, viene creato un Infuso di luppolo, che nonostante la fermentazione, rimane analcolico e frizzantino e al palato si caratterizza per sentori citrici e agrumati.
Mise en place di Mogano
«Abbiamo applicato la tecnica che si usa nel mondo della birra del dry hopping - dichiara Matteo - che in questo caso è un know how di mio fratello Giovanni. Ne viene fuori una bevanda unica, che un po’ ci rappresenta perché racconta la nostra identità di ristorante unito al birrificio. Tutte le mie preparazioni vengono esaltate da un pairing con la birra. Il problema è sempre l’identità perché la cosa più difficile è esaltarla. Avere per fratello un mastro birraio ha sicuramente facilitato la connessione fra i due mondi. Ovviamente nessuno mette in dubbio il pregio e il valore del vino, che rimane la bevanda nobile per eccellenza. Ma la birra ha dalla sua un invidiabile rapporto qualità - prezzo. Puoi scegliere un abbinamento completo ad un costo certamente più contenuto rispetto all’offerta enologica».
Particolare di Mogano (Foto: Caterina Faenza)
Cosa si mangia da Mogano
Gli snack proposti invece sono una versione di Involtino primavera con salsa di soia di ceci prodotta nel viterbese, un Cracker di banana ripieno di crema di parmigiano e dei Lime riempiti di ceviche a base di carne cruda, mais croccante, cipollina in agrodolce, latte di tigre. Per la cena si ritorna poi in sala e si può scegliere esclusivamente tra percorsi di degustazione, il più corto Walk in è di tre portate, l’intermedio Contaminazione laziale da cinque, il lungo Ispirazione da otto. E per chi ha voglia di sperimentare a fondo il menu Chef’s tabel da dieci portate.
«Abbiamo scelto di avere solo questo tipo di menu perché vogliamo raccontare una storia, un percorso - puntualizza Faenza - All’inizio ne avevamo inserito anche uno alla carta ma ci siamo resi conto che alcuni piatti in dimensioni maggiori, perdevano le proporzioni e l’equilibrio, risultando talvolta stucchevoli e non bilanciati. Quindi cambiava la percezione. Dunque, si è optato per menu degustazione in base alla lunghezza, modificabili in presenza di allergie del commensale. Un’idea apprezzata dalla nostra clientela composta per lo più da coppie ma anche, vista l’estrema privacy degli ambienti, da una clientela business per cene di lavoro». Tra le portate più significative di Mogano, il cardoncello grigliato con miso di nocciole, spuma di spinaci, latte di mandorle e semi di zucca, piatto che ha trionfato al recente concorso Emergente Chef e che racconta il territorio che divide Formello dalla Tuscia.
Il benvenuto di Mogano (Foto: Caterina Faenza)
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Ravioli ripieni di formaggio inglese conditi con olio di cipolle arrostite e olio alla salvia di Mogano (Foto: Caterina Faenza)
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Ramen di Mogano (Foto: Caterina Faenza)
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Cardoncello con miso di nocciole, pinaci e semi di zucca di Mogano (Foto: Caterina Faenza)
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Pollo al curry di Mogano (Foto: Caterina Faenza)
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Dessert al limone di Mogano (Foto: Caterina Faenza)
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Notevoli i Ravioli ripieni di formaggio inglese conditi con olio di cipolle arrostite e olio alla salvia. Il formaggio è prodotto dall’azienda agricola Ammano e prende questo nome per la tecnica di realizzazione simile a quella del formaggio cheddar, un piatto comfort e che rende riconoscibile una cucina tecnica ma anche molto concreta e intellegibile. A rappresentare il lavoro di Faenza in altre sue sfaccettature è poi una prima portata che stabilisce anche la sintesi tra locale e globale, in questo caso tra l’Italia e la Thailandia: il Pollo al curry. Qui viene preparato con ali di pollo dell’azienda agricola locale San Bartolomeno, disossate e cotte dal lato della pelle, e un curry home made. Anche in questo caso il territorio torna in modo ludico con l’elemento cremoso del piatto che è il latte, qui di mandorla invece che di cocco. In questo caso l’abbinamento è con la birra American Ipa Ritual Lab, la Kush, che sposa molto bene le note forti e speziate del curry, ingrediente refrattario all’abbinamento con vino.
Concludono il pasto i dessert, incentrati sulla frutta come in quello con Ganache e composta di limone e la Pannacotta infusionata in preparazione con foglie di fico degli alberi dei terreni adiacenti al ristorante. La piccola pasticceria è invece interamente dedicata alla birra Papa Nero, che viene unita all’albume del Macaron ripieno di panna e malto che viene lasciato in degustazione, ma è perfetta anche in abbinamento ai Cookies con burro e mandorle caramellate e al Tartufo di cioccolato fondente senza lattosio da panna vegetale e latte di riso che compongono la dolce fine del pasto.
Da Mogano la tecnica della fermentazione
Nel percorso emerge come filo conduttore tra birra e cucina la tecnica della fermentazione. Quotidianamente vengono fermentate verdure, grani di kefir e alimentato il lievito madre. Fondamentale l’utilizzo dei sottoprodotti del processo brassicolo, la panificazione si fa con le trebbie, le frollature di carne e pesce con i malti, ed il mosto dona texture e aroma alle salse.
Da Mogano il bello della provincia
Per chiudere il cerchio una riflessione sul comparto della ristorazione. «Nel futuro mi vedo qui da Mogano. Questa quotidianità è il mio mondo - conclude Faenza – Se prima poteva esserci il desiderio di essere nella Capitale, perché magari è più facile farsi conoscere, ora la dimensione di Formello rappresenta per me, quella ideale. Il nostro settore sta attraversando un profondo rinnovamento. Il covid ha fatto una grande selezione. Prima dovunque si cercava il fine dining a tutti i costi, oggi stiamo recuperando una dimensione più umana. C’è una new wave di giovani chef che stanno proponendo la trattoria tradizionale in chiave innovativa e recuperando quella qualità che una ristorazione medio – bassa aveva messo in ombra».
Mogano
Via del Praticello Alto 7 - 00060 Formello (Rm)
Tel 388 634 6424