Valerio Braschi è un cuoco tanto giovane quanto citato spesso per la sua continua ricerca. A volte magari ardita o provocatoria, ma oggi decisamente di qualità. Dopo aver vinto Masterchef a 18 anni, il più giovane a farlo, ha fatto parlare di sé per i suoi piatti estrosi, come le Lasagne in tubetto o la Pizza marinara in bustina. Un percoso che oggi è però all'insegna di una grande maturità stilistica e tecnica anche se parliamo di un cuoco 25enne. E la dimostrazione la si ha nel suo ristorante, il 1978 di via Zara, quartiere Nomentano, a Roma, dove da qualche settimana presenta un nuovo menu che strizza l'occhio all'Oriente, non certo in chiave banalmente fusion, che è la conferma della sua costante voglia di sperimentare. Il tutto grazie a due colleghi in cucina che con lui costituiscono un team molto affiatato.
Valerio Braschi
Al 1978 di Valerio Braschi c'è l'Oriente in tavola
«L'Oriente è in vari piatti - ci conferma Braschi - Già dalla partenza, con il Mango sticky rice. Abbiamo deciso di iniziare con un dolce tailandese, ma di proporlo come antipasto. Una scelta che sorprende molti, che magari si aspettano una partenza più delicata. Ci piace giocare con l'Oriente». E il risultato è intrigante e riuscito, tanto che la delicata dolcezza di questo "antipasto" scivola via quasi invitando a provare nuovi sapori.
Un gioco che non è però fine a sé stesso, ma che è anche un saggio di grande tecnica e una testimonianza di attento studio. «Si tratta di gusti particolari e per molti insoliti - prosegue Valerio - Per questo è necessario provare e riprovare, per trovare il giusto equilibrio. Il risultato però è sorprendente e piacevole. Siamo contenti della reazione della gente».
La porta rossa d'ingresso al 1978
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L'interno del Ristorante 1978 di Roma
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I piatti "orientali" di Valerio Braschi
Ma di che piatti stiamo parlando? Detto del Mango sticky rice, il percorso di "Attimi", così Valerio ha scelto di chiamare il suo menu degustazione, è composto da altre nove «bombe che esplodono in bocca e trasportano il cliente completamente in un’altra dimensione. Ogni piatto è scandito da gusti decisi ma allo stesso tempo diventano memoria di sapori antichi. Riscopriamo le vecchie ricette, quelle ormai dimenticate e le riportiamo alla luce valorizzandole al massimo», spiega lo chef. Una riscoperta che non rinuncia certo a richiamare aromi e gusti per alcuni perduti (o per qualche giovane mai conosciuti), oggi reinterpretati con sicurezza in una chiave contemporanea che utilizza qualche ingrediente in più o nuove tecniche di cottura e lavorazione.
Si va dal Cefalo, arancia, tosatzu (una salsa con aceto di riso, soia e katsuobushi), alla Soba, calamaro, caviale e aneto, passando per l'Agnello in cassetta glassato alla mela e alla Cipolla, olio, yogurt. «Sapori arcaici, con la cipolla assoluta protagonista - aggiunge Braschi - Cotta alla brace, in riduzione ed accompagnata con molte salse. Troviamo quindi gusti del passato completamente trasformati in arte moderna». Parliamo di piatti da non perdere e dalla un'idea molto precisa di come non ci sia alcuna improvvisazione o, peggio, banale copiatura di tendenze.
Si prosegue poi con il Riso, lumache e basilico, il Ragù della Nonna Elsa, Cinghiale, ostriche e cacciatora, Errore perfetto e, in chiusura, Nichibotsu, che in giapponese significa tramonto e che contiene l'ennesima sorpresa, un gelato ai Porcini, dove sembra di assisteree ad una chiusra del cerchio: un dessert quasi sapido che richiama il uqasi dolce dell'antipasto thalandese..
«Attimi racchiude piatti di tutto il mondo, una cucina fatta di sentimento, animata dal ricordo dei sapori di casa riletti in chiave moderna», spiega lo chef.
In tutto questo gioca un ruolo importante anche il vino. «Il giusto abbinamento è fondamentale, riesce a completare un piatto, allungarlo e dargli una nota diversa», aggiunge Valerio. E in questo un ruolo importante è svolto dai due addetti di sala che nel piccolo e accogliente locale (pochi tavoli ma grandi) hanno grande competenza.
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La carta degli oli
Non c'è soltanto il vino però ad arricchire l'esperienza al 1978. Tra le novità di questa stagione c'è anche la Carta degli oli. «Mio fratello è sommelier dell'olio - spiega Braschi - Così mi ha proposto di portare al ristorante anche qualcosa sull'olio, considerato che in Italia siamo quelli con più monocultivar al mondo. Adesso abbiamo cinque etichette, ma ci piacerebbe ingrandirci».
Roma, una piazza complessa per un ristorante
Quella di Braschi è sicuramente una proposta originale nel panorama gastronomico della Capitale. Ma qual è il rapporto dello chef con la città? «Roma è una piazza molto complessa, sicuramente più difficile di Milano, che è più cosmopolita - evidenzia Braschi - A Milano è complesso trovare un ristorante di cucina milanese, a Roma è l'esatto contrario. Visto il patrimonio gastronomico romano è giusto così, anche se quando ho aperto a oggi ho visto nascere parecchi ristoranti con proposte nuove».
Ristorante 1978
Via Zara, 27 00198 Roma
Tel 0669335743