Milano non è di certo la patria della pizza, ma grazie alla sua capacità di riproporre in nuove forme i riti e le tradizioni, sa come presentarla al meglio delle sue possibilità.
Ecco perché a Milano aprono ancora tante pizzerie, ed ecco perché a via Bellotti (zona Porta Venezia) i giovani imprenditori Ilaria Puddu e Stefano Saturnino hanno aperto circa un mese fa Giolina. Giolina è l’ultima nata di una serie di 35 locali, inaugurati in 7 anni dal duo Puddu-Saturnino, ed è uscita dai blocchi di partenza pochi mesi dopo la sua sorella maggiore, Gelsomina, una pasticceria siciliana (tra Porta Venezia e Repubblica), destinata a ingolosire i milanesi con le ricette tradizionali del Meridione.
«Non solo pizza, ma anche cocktail-bar», fa presente
Ilaria Puddu, serafica fuori e vulcanica dentro, con tutto quel ribollire di gastro-business di cui si è circondata. «Noi italiani siamo abituati alla classica accoppiata pizza e birra, meno male che Milano è da sempre aperta alle novità. Da Giolina il focus è più sui cocktail, che si possono ordinare anche come aperitivo, e che serviamo in 11 variazioni, tutte caratterizzate da un appellativo in milanese: Gasperin, Martin, Angiolin, Luisett e così via. Una lista fresca e facile da bere, e pure da abbinare, grazie ai consigli del barman e dei ragazzi di sala. Voglio citare però anche i vini natural disponibili in carta, che fanno del rispetto della natura e del basso impatto ambientale il loro punto di forza, e che accompagnano con grande personalità le nostre pizze».
Appunto, parliamo ora della vera regina della sala: la pizza è un po’ nel destino di Ilaria Puddu, che ha lanciato locali come Pizzium e Marghe: «Ma sempre con qualcosa che deve distinguermi dagli altri – dice - da Giolina, ad esempio, l’impasto è ottenuto con farina semi integrale Petra n. 3 di Molino Quaglia. L’idea affidata al pizzaiolo, Danilo Brunetti, è quella di mettere in forno qualcosa di abbastanza classico, che non abbia bisogno di un’estetica da gourmet per attirare i buongustai: puntiamo su impasto, lievitazione e qualità degli ingredienti, in questo momento non ci serve altro. Dopo una paziente ricerca, abbiamo selezionato prodotti in prevalenza meridionali come i pomodori di Casa Marazzo, l’olio extravergine d’oliva del Frantoio Guglielmi, i latticini del Caseificio Barlotti, i salumi del Salumificio Santoro di Martina Franca e il prosciuttificio Casa Graziano. Anche in questo caso i nomi sono in milanese, da uno a undici: la Vün, con pomodoro San Marzano dell’AgroSarnese-Nocerino Dop, fior d’Agerola, Parmigiano Reggiano Dop 42 mesi, olio extravergine monocultivar Coratina, basilico fresco; la Dü col San Marzano, pomodorini corbarino, pomodorini neri, pomodorino del Piennolo del Vesuvio, aglio nero di Voghiera, origano di collina, olio evo di Coratina, basilico fresco; saltiamo adesso alla ‘Quater’, e alla sua crema di melanzane violette, provola d’Agerola affumicata, pomodorini del Piennolo del Vesuvio, cialde di Parmigiano Reggiano 42 mesi, olio evo di Coratina, basilico fresco. E avanti così fino alla Vündes».
Noi ci siamo fermati all’ottava fettina di pizza, ma avremmo voluto avere la forza di continuare. Qualcuno ha speso qualche enfasi per la “Quater”, quasi una parmigiana servita su impasto Petra, di cui è stata apprezzata l’originalità e l’affumicatura della provola, perfettamente armonizzata col resto; noi invece siamo rimasti fermi e irremovibili sulla “Dü”, la migliore della serata per il suo mix di asprezze e di dolcezze, dovuto alla combinazione di solanacee di diverse dimensioni e fattezze. Ma anche per l’aglio nero di Voghiera, un po’ meno pungente e aromatico del suo cugino più comune, e perciò assai discreto in bocca.
L’ambientazione di contorno è anch’essa il risultato di un sapiente mix, questa volta fra marketing e design: entrando si nota l’ampio bancone del cocktail bar, prima della cantina sulla sinistra. Subito dopo, il social table per chi cerca compagnia, una serata o una pausa spensierata, e poi la grande sala in cui ogni dettaglio è stato curato, cercato e scovato tra artigiani e mercatini italiani. L’impronta è quella di una grande casa della Vecchia Milano, dai lampadari in cristallo alle mensole occupate da centinaia di libri, al pianoforte in sala, al pavimento. In fondo la “stazione pizza” del locale: un grande bancone, il forno e i pizzaioli al lavoro.
Prima di andarcene, è d’obbligo chiedere a Ilaria Puddu perché tutti i libri esposti nel locale siano tutti privi della copertina. «Per ricordare che il contenuto vale più dell’involucro», è la risposta. Come per suggerire che a Milano, da Giolina, il rito della pizza non solo si ripropone in nuove forme: aiuta persino a riflettere.
Per informazioni:
www.giolina.it