Siamo a Pompei (Na), popoloso centro della zona vesuviana con flussi turistici cagionati sia dal sito archeologico famoso nel mondo, sia dalla devozione alla Madonna del Rosario. Grandi, grandissimi numeri. Ristorazione che sfama e poi, fulgida stella solitaria in firmamento altrimenti mediocre, il President, una stella Michelin. In pieno centro, ben noto ai gourmet. Coppia nella vita e nel lavoro, lo chef Paolo Gramaglia (una non dimenticata laurea in matematica) e la moglie Laila, avvocato. L'uno ai fornelli, l'altra in sala: ne sortisce sinolo perfetto per conduzione originale ed elegante di questo tempio della ristorazione eccellente.
Qui non ci si adagia nè sugli allori, nè nel codino seguire andazzi dai mass media amplificati. L'attuale idea forza di Paolo, complice la sua forma mentis, è sottrarre per moltiplicare. Coerentemente a ciò il primo vistoso cambiamento è avvenuto in sala: downsizing dei tavoli a beneficio del comfort della clientela, viatico di servizio ancor più attento e professionale, dal grazioso sorriso di Laila sempre reso affabile e gioioso. Piatti suadentemente, senza petulanza, raccontati e spiegati.
Il coraggio di affermare che di chiacchiere sul nefasto chilometro zero se ne sono fatte tante, a pavido schermo di ignoranza e pigrizia. Qui si parla di direzioni, con ciò volendo intendere che nel volgere sguardo attento sul pianeta reso piccolo, con punto focale Pompei, si genera mappa globale dove le isobare indicano intriganti mete di approvvigionamento. Lo sguardo ad Occidente, pertanto, comporta sia il pesce azzurro del prospiciente Golfo di Napoli, che le aragostine della Sardegna ma anche gli astici dell'Atlantico. L'est può significare sia il Pomodoro del Piennolo del Vesuvio, che il prelibato caviale danubiano. È un virtuoso giuoco di vicino-lontano grazie al quale l'esperienza al tavolo diviene memorabile.
Il benvenuto si sostanzia con una chips di riso Acquerello soffiato maculato da saporiti friarielli. Nel calice lo champagne Bruno Paillard. L'allegria è commensale aggiunto, sempre. I pani, squisiti, sono frutto degli attenti e meticolosi studi effettuati da Paolo sulla panificazione dell'antica Pompei. Al cucchiaio una pallina ottenuta da mix di fava, ricotta di bufala, pancetta e pane. Geniale la rivisitazione dell'insalata di mare: gambero, calamaro spillo, polvere di vongole, uova di triglia e, sorta di ammiccante intrusione, cresta di galletto.
L'imminenza delle festività pasquali abilita lo chef Paolo alla proposizione di piatto denominato “Buona Pasqua”: uovo di quaglia su salsa di fiordilatte di Agerola, con tarallino di Agerola, primizie di peperone e petalo di tartufo di Bagnoli Irpino. È entrée calda dopo le entrèe fredde. Saporito il tortello alla cacciatora, con tale locuzione intendendo farcia costituita da pollastrello d'aia. Nel calice un grandissimo vino, probabilmente tra i migliori bianchi in assoluto: il Fiano di Avellino Exultet 2010 by Quintodecimo.
Cloche in arrivo a disvelare nebbia! Sì, proprio così. Onirica rimembranza di carciofi arrostiti on the road, nel borgo natio dello chef, in frazioncina di Pompei. Inebria la percezione olfattiva, ragguardevoli per intuizione ed esecuzione, le meditate presenze dell'alice di Cetara, della bottarga di muggine e di tocco di Salame di Felino Igp. I piatti propriamente intesi, senza metonimia, ovvero proprio i recipienti, sono tutti molto belli, molto funzionali, e divengono elemento non scindibile della portata.
Astice sapientemente e golosamente ricomposto contornato da maionese di tuorlo d'uovo di quaglia, uova di salmone, guacamole (il Messico è in direzione Ovest!), Pomodorino del Vesuvio (appena ad Est!), micro tocchetto di ananas. Capolavoro il vermicello con pomodoro giallo del Vesuvio e rientro in scena, mutate le sembianze, dell'astice! Da manuale il percorso sensoriale con un ingresso dolce ed un finale piccante. Sontuosa la cernia cilentana, rigorosamente con l'edibile e prelibata sua pelle, resa appena croccante.
Un cristallo di neve: aloe e tè verde, il tutto in assenza di zucchero. È “assoluto”, ovvero il predessert. Per coloro i quali gourmet lo diverranno, ovvero per i più piccoli, una versione di assoluto all'arancia. A tavola il Sauternes, la Gironda è in direzione Nord-Ovest! Ed uno dopo l'altro, perfetta la scansione dei tempi, di elevato garbo e di grande professionalità il servizio, i dolci si susseguono per donare piacere sommo e per concorrere golosamente a rendere davvero memorabile questa esperienza al President.
Dessert in sembianza di sushi, macarons, gelato. Commovente il proscenio ai dolci dell'infanzia: lecca lecca, girella di liquirizia, ciù ciù. È poesia, è favola, è percorso onirico, è viaggio nel piccolo pianeta, è l'essere giganti di Paolo e Laila. Perchè giganti? Perchè sanno stare e vogliono stare con la testa tra le nuvole, onde guardare lontano ed anche sognare, ma con i piedi ben saldi per terra, chè sempre d'intrapresa trattasi. Conto che ha dell'inverosimile. Inclusi i vini serviti al calice, per tale pranzo, circa ottanta euro.
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