Quegli ancoraggi effetto bambagia che determinano il comfort del vivere quotidiano. La carezza del mattino, al limite della commutazione in “scappellotto”, costituita dalla tazza di caffè. Rito irrinunciabile. Due gli step: chi li mette in OR, ovvero o l’uno O l’altro, e chi li mette in AND, ovvero, l’uno E l’altro. Parliamo del caffè fatto in casa al mattino, con il borbottio negli attimi della sua fuoriuscita dalla parte inferiore della moka, in uno con il profumo che si spande. E poi parliamo dell’espresso al bar, il top della ritualità mattutina.
Il caffè, l'abitudine preferita dagli italiani
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Iniziare la giornata con un caffè è importante per milioni di italiani
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Qual è la frase che sovente usiamo quando invitiamo gli amici al bar?. È “andiamo a prenderci un caffè”. Ed è vero: andiamo a prendere un caffè. Sì, ma siamo sicuri che accade “solo” che siamo noi andati a prenderci il caffè? Eh no! Attenzione: vi è reciprocità; vi è scambio! È anche il caffè che ha preso noi. Entrando in noi, nero e bollente, di noi si prende parte dell’anima e parte del corpo e ci euforizza, ci energizza, ci stimola reattività, ci rende socievoli.
Il caffè al bar, si diceva, e quindi la sua ritualità. Al solito bar, silente la comanda, il caffettiere sa tutto: sa come lo vogliamo. Corto o lungo. In tazza fredda o in tazza calda. Macchiato latte freddo, macchiato latte caldo, non in tazza bensì in vetro. Non zuccherato, zuccherato ma me lo zucchero io. Ed altre varianti ancora. Un rito; anzi, il rito.
Il caffè al bar, un rituale irrinunciabilePer comprendere bene la grande affezione che abbiamo per il caffè dovremmo forse riflettere sulla
preziosità che assume la risorsa quando diviene carente. Durante la Seconda Guerra Mondiale il caffè divenne risorsa carente. Fu uno dei primi prodotti a sparire, rimpiazzato subito dall’orzo o dalla cicoria. Ebbene sì, dalla pianta di cicoria si ricava anche il caffè, ottenuto dalla radice lunga e affusolata, raccolta in autunno ed essiccata per essere poi trasformata in una bevanda nera. Insieme a quello di cicoria, anche il caffè d’orzo è stato uno dei primi surrogati del caffè in tempo di guerra, ottenuto dall’infusione dell’orzo tostato e macinato.
I numeri del caffè
Sempre in ossequio al pensiero pitagorico: la realtà esprimibile mediante numeri, diamo una breve sinossi del “mondo caffè”.
Una pianta di caffè produce circa 500 grammi di caffè. La produzione mondiale annua è di 6 milioni di tonnellate, ovvero 6miliardi di kg! Essendo circa 8 miliardi noi tutti qui a vivere in questo piccolo pianeta, significa che ognuno di noi ha in dotazione circa 800 grammi di caffè all’anno. Fosse per noi italiani, la quantità non basterebbe. Noi italiani, di caffè ne consumiamo ben 6kg all’anno: mezzo chilo al mese. Quasi tutta la produzione è rappresentata da due qualità: arabica e robusta.
L'Italia ne importa 324mila tonnellate l'anno, di cui il 52% è arabica. Il maggior produttore mondiale di caffè è il Brasile con circa 2milioni di tonnellate, ovvero circa 1/3 della produzione mondiale. Di caffè se ne bevono nel mondo circa 3miliardi di tazze al giorno, come se nell'arco di una giornata il 38% della popolazione mondiale bevesse una tazza di caffè.
Il caffè in Italia
Sono circa 6 miliardi gli espressi consumati in un anno per un volume di affari di circa 7 miliardi di euro e un consumo di 47mila tonnellate di miscela. La quantità media dei caffè serviti in un giorno in un bar italiano è 180 fra espressi e cappuccini per un incasso giornaliero di circa 200 euro. La prima colazione è il momento di maggiore consumo di caffè al bar, specialmente per gli uomini fra i 55 e i 64 anni di età, residenti nel Nord Italia. Più spiccata la preferenza verso un esercizio che oltre al caffè somministri anche pasticceria è quanto si verifica al Centro Sud. Il prezzo medio della tazzina al bar è nella fascia 1,10 € - 1,20 €.
Al Sud Italia, le persone amano fare colazione con caffè e briochesIl caffè espresso, ovvero quello che possiamo degustare al bar, è uno dei
simboli del
Made in Italy. La sua esistenza comincia nel 1884, quando il torinese Angelo Moriondo inventò e brevettò la “macchina del caffè istantaneo”. Da allora nacquero le tante tipologie di caffè espresso, sovente funzione di nascenti costumanze regionali. Anche tutto ciò, queste tipologie e le abitudini di uso concorrono a rendere un’arte la ritualità del caffè da degustare al bar. Vediamo alcune di queste tipicità locali di interpretare e consumare la propria variante di caffè espresso.
Usanze diverse per il caffè da regione a regione
A Fano si beve la “moretta fanese”, quasi un cocktail. Anice, cognac e rum in parti uguali, insieme ad una scorza di limone, scaldati insieme in un pentolino e poi uniti al caffè. Corroborante dei freddi mattini invernali della Costa Adriatica Marchigiana.
A Lecce si beve il “caffè in ghiaccio”. Oltre al caffè ed al cubetto di ghiaccio,
altro ingrediente fondamentale è il latte di mandorla, che rende più cremoso e goloso questo speciale caffè, da gradire soprattutto durante la lunga estate salentina.
A Torino non è caffè della tradizione se non è il bicerin degustato allo storico locale “Al Bicerin” attivo dal 1763, in pieno centro città di fronte al Santuario della Consolata. Si tratta di un melange caldo di caffè e cioccolata, evoluzione della ricetta settecentesca della bavareisa. Tre gli ingredienti: caffè espresso caldo, cioccolata e crema di latte. Il bicerin viene servito in bicchieri che consentono di osservare la stratificazione degli ingredienti.
Il caffè al Bicerin è un must per chi visita Torino
A Napoli il caffè deve essere con le 3 C. Le tre C stanno ad indicare la locuzione “diamine, quanto è caldo” E dove stanno le 3 C? Semplice, nella locuzione espressa in dialetto! È diceria che il valore aggiunto del caffè napoletano, la sua particolare bontà, sia dovuta all’acqua delle sorgenti del Serino. Poteva essere vero una volta, ma non adesso. Ciò che davvero caratterizza il caffè bevuto a Napoli è l’uso della specie robusta, che dà più corpo all’espresso, agevolando la formazione della cosiddetta crema.
In Valle d’Aosta il caffè alla valdostana si fa con caffè, cannella, chiodi di garofano e genepì, il tipico liquore locale a base di ginepro, a cui si aggiungono grappa, scorza di agrumi e zucchero.
Trieste, una delle città simbolo del caffè
Caffè: una questione di competenze
Per capire l’attuale stagione del caffè sul mercato, ovvero nel luogo dove si incontrano domanda ed offerta, ci gioviamo di un paragone con il mondo del vino degli anni ’80 dello scorso secolo quando il vino era quasi una commodity. Quasi sempre assente la carta dei vini, la domanda del cameriere, ben ignorante di suo, era “bianco o rosso”. Non ci si scandalizzava e si rispondeva nel merito. E arrivava, per l’appunto o “il” vino rosso o “il” vino bianco. In caraffa, temperatura a come veniva, in genere ben freddi entrambi, bicchiere eclettico che andava bene per l’acqua, per la birra, per il vino e forse alla fine anche per l’amaro della casa gentilmente offerto.
Ah, a proposito, anche il vino, sia chiaro, era il vino della casa! Parliamo soltanto di quattro decenni fa, non quattro secoli fa!
Con il caffè siamo praticamente, ma fortunatamente solo per certi aspetti, a quella stagione. Forte carenza di competenze sia nell’offerta che nella domanda e conseguente visione del prodotto “tazzina di caffè” come una commodity.
Ed è proprio quest’ultimo uno dei temi più interessanti: quanto sa il consumatore medio sul caffè? Come lo sceglie? Come lo degusta?
Qualcosa si sta muovendo per rendere informazione condivisa e manifesta la qualità di caffè adoperata. Che poi, al netto di “chicche” (chicche di chicchi!) sono riconducibili soltanto a due: arabica e robusta.
Il caffè, un bene prezioso
Alcune torrefazioni si stanno distinguendo sul piano qualitativo e stanno investendo risorse per consolidare la cultura di prodotto nei consumatori finali. Fioriscono in varie parti d’Italia accademie che preparano non solo professionisti, ma anche appassionati del caffè, i coffee lovers. La costante crescita del consumo di caffè nel mondo provoca problemi non di poco conto all’ambiente. Il WWF ha definito il caffè uno tra i prodotti a più alta causa di deforestazione. Lo scenario prossimo venturo del caffè sarà pertanto il frutto dell’armonica considerazione di tutti i fattori succitati.Ciò sia per il consumo domestico che per il consumo al bar dove, è bene ribadirlo, si tratta di investire non solo sulla qualità del caffè, ma anche sulla formazione del barista.
Le cinque M: la regola per un ottimo caffè
In Italia siamo leader nel cosiddetto equipment: attrezzature, macchine e strumenti mediante i quali a casa come al bar possiamo goderci la tazzina di caffè. Al bar, con gergalità da addetti ai lavori il paradigma atto a validare i presupposti a ché un caffè sia un ottimo caffè e pertanto degno di essere degustato e apprezzato, si esprime con le 5 M.
Quali sono queste 5 M? Vediamole una alla volta.
Macchina: sì, proprio quella macchina che fa bello il retro-banco del bar con i suoi bracci sui quali il barista fa leva. Le migliori macchine da caffè, nel segmento alto, sono italiane. Ma annesso alla macchina vi è strumento di grande importanza.
Una buona macchina del caffè è essenziale per la qualità
Il Macinino. Il caffè va macinato al momento ! Si diffidi da quei bar che hanno già pronto il caffè macinato. Qui, il just in time è dirompente! Ma chi macina il caffè? Chi fa cadere i grani macinati nella coppetta del braccio e quindi, in definitiva, chi aziona la Macchina e fa il caffè e lo porge, o direttamente al cliente al banco, oppure al collega che poi lo serve al cliente?
Eccoci allora alla terza M: la Mano. Quella mano esperta, precisa, meticolosa e saggia che arreca il valore aggiunto all’approntamento di quella magia denominata caffè. Quella Mano, in job description dei veri bar che fanno il vero caffè, ha una label precisa quanto impegnativa e responsabile. Quella mano è la mano del caffettiere. Mai si confonda, soprattutto nei bar di Napoli, il barista “normale” dal caffettiere. Confondereste il pilota dell’aereo con lo steward?
La quarta M è la Manutenzione. Quella quotidiana, a ché macchina e macinino siano sempre puliti ed efficienti alla riapertura dell’indomani mattina (e quindi la Manutenzione compete alle persone dell’ultimo turno), quella programmata che compete al fornitore della Macchina e quella straordinaria a fronte di imprevisti e di situazioni eccezionali.
La quinta M è la Miscela. Finalmente, lo si è accennato, il caffè sta uscendo dalla grigia posizione della commodity. Il caffè dovremmo declinarlo al plurale e farlo diventare i caffè. Parlare di conseguenza di “purezza” e di “blend”, un po’ come si fa con i vini. In prima approssimazione le varietà che giungono alla torrefazione ed al consumo sono due: arabica e robusta. Ergo, sempre in prima approssimazione, potremmo disporre di almeno tre tipi di caffè: sola arabica, sola robusta e quella risultante da un mix delle due precedenti. Ovvio che il numero si incrementa allorquando diamo enfasi alle presenze percentuali. Una miscela 20% arabica e 80% robusta è ben diversa, in tazza, da una miscela a pesi invertiti: 80% arabica e 20% robusta.
La tendenza all’uscita dal tunnel della commodity è talmente vistosa che oramai nei bar che prestano grande attenzione al caffè e parimenti nei ristoranti che vogliono offrire servizio adeguato esiste la carta dei caffè.
Nel consumo domestico del caffè, l’evoluzione è nella M della Macchina (le altre M seguono a cascata). Si vira dalla vecchia cara moka, che soppiantò la vecchia cara macchinetta napoletana (imperdibile Eduardo in Questi fantasmi), verso la macchina compatta che fa uso di cialde e di capsule: igienica, a basso impatto energetico; insomma, il futuro!
Anche a casa non si può rinunciare al caffè
Tutti i giorni sono speciali. Ma il 17 aprile è giorno più speciale degli altri.
Buon caffè, ergo buongiorno.