Si era partiti col Rum Day 5 anni fa, a Milano, e ora ci si ritrova qualcosa di leggermente diverso. L’edizione del “Rum&Whisky Day” ha avuto ancora come protagonista il distillato dei pirati ma accompagnato dal whisky.
Il rum un giovanotto con cinquecento anni di storia da raccontare. Il whisky, l’altro compagno di meditazioni e serate al bar, osannato ai quattro angoli del globo. Sia come lo intendono i capostipiti scozzesi e gli allievi giapponesi (scotch), ma senza trascurare gli orgogliosi irlandesi (whiskey) e i riformatori americani (bourbon, rye).
E per allargare ancor più i confini, quest’anno anche la grappa ha rivendicato i suoi spazi nel “Rum&Whisky Day”, al punto da tener banco nell’ambito di un tasting guidato da Fulvio Piccinino a fianco dei suoi più famosi cugini, rum e whisky: tutti distillati, ma provenienti da materie prime diverse, e accomunati dal comune destino dell’invecchiamento in botte.
Il programma della due giorni ha poi esposto in cartellone numerosi seminari, degustazioni e mixing show, diretti sia ai professionisti della sala da bar sia ai sempre più numerosi spirit lovers. Domenica ha proposto Leonardo Leuci, Miscelazione tropicale: Cuba vs. Jamaica; Luca Cinalli, Cioccolato: tra rum e whisky; Marco Graziano, Rum agricole, fra storia e degustazione; Daniele Biondi e Angelo Canessa, New Colors - I nuovi colori della mixology; Francesco Mattonetti, Degustazione West Indies Dark Rum 1948; Antonio Parlapiano, Fasce climatiche dell’invecchiamento tra rum e whisky.Lunedì è stato il turno di David Bermudez, La storia del Rum Cubano da 1862 ad oggi; Jimmy Bertazzoli, Cachaça e invecchiamento: legni autoctoni a confronto; Leonardo Leuci, Fatti e misfatti della miscelazione a base Rum e Whisky negli anni ‘90; Daniele Biondi, La fine dell’era coloniale: uno spaccato di storia del rum; Marco Pierini, Quattro passi tra le Botti; Agostino Perrone e Giorgio Bargiani, Barley and sugarcane are not the same; Elis Carriero, Exotic Infusions – Un viaggio nel mondo della miscelazione tropicale; Dario Comini, La soprafusione e altre tecniche moderne al bar.
Angelo Canessa
C’è di che farsi una cultura, quindi, per chiunque voglia avvicinarsi a questo mondo ricco di fascino e di storia in modo maturo, senza cercare la bevuta facile o lo sballo occasionale. Me lo conferma anche
Angelo Canessa, mixology manager di
Velier, storico distributore genovese di vini e distillati di qualità.
«La strategia di Velier - spiega Canessa - prevede di introdurre gradualmente, nel mercato italiano, prodotti poco noti al pubblico o non adeguatamente valorizzati. Quest’anno è il turno della Giamaica col suo Hampden rum nella versione 60 gradi overproof (cioè ad alta concentrazione di alcol), e nella 46 gradi. Grande carattere e personalità sia nell’uno che nell’altro, ma anche assoluta naturalità: un punto d’orgoglio della piccola distilleria Hampden è l’assenza di qualsiasi additivo nei loro prodotti. Che si prestano magnificamente anche alla miscelazione, se il barman che li usa possiede la tecnica per esaltare i profumi e le sfumature di un distillato di spessore, che non va annegato tra gli agrumi e le essenze, ma adeguatamente accompagnato e diluito con le giuste “spinte”: l’obiettivo è ottenere un cocktail che non mortifichi le sue basi, ma le renda ancor più presenti».
Luca Cinalli
Proprio come accade con l’Hampden Daiquiri preparatomi da Angelo Canessa, dove il precario equilibrio raggiunto fra succo di lime, sciroppo di zucchero e distillato riesce a soddisfare sia il bevitore sofisticato sia il mix-addicted; sempre che quest’ultimo non si sia già bruciato il palato con la miriade di prodotti senz’anima che il mercato promuove in continuazione (purtroppo).
E per chi invece ami il rum in purezza, cosa ha in serbo Velier?Andremo avanti sulla strada intrapresa cercando di far conoscere al grande pubblico la raffinatezza ed espressività dei migliori distillati, ottenuti al di fuori di una logica puramente industriale e di profitto. Per far questo ci rivolgeremo sempre di più alla ristorazione medio-alta, perché è inconcepibile che il gourmet italiano, che di vino e cibo comincia davvero a capirne, debba concludere il pasto con un rum/whisky mediocre. I maître, i sommelier, gli chef saranno i nostri alleati, quelli che devono far passare il messaggio del bere di qualità: io stesso mi sto impegnando ad andare sul campo, ogni settimana, per meglio spiegare l’importanza dell’argomento a chiunque abbia un minimo di cultura gastronomica.
Tornando ora al grande tema dei cocktail, gli appassionati del genere hanno avuto l’opportunità di vedere all’opera, nel corso di un mixing show, il notissimo bartender Luca Cinalli, abruzzese trapiantato a Londra. Il profeta dello shaker ha spiegato ed elaborato in diretta due delle sue creazioni, pronte per essere servite al pubblico festivo-natalizio, magari in occasione di una serata informale post-shopping. Il Puppet è stato il primo è più impegnativo dei due drink “cioccolatosi” presentati: una shakerata di whisky, bourbon, amaro Lucano, gianduia e olio al tartufo, in cui la nota aromatica di questo fungo ipogeo era presente fin quasi all’invadenza. Spettacolare, d’altro canto, il risultato ottenuto col secondo mix, il Mr. Claps, a base di rum agricolo, amaro Lucano, anisetta, acqua tonica, arrope de Chanar, pinoli di Araucaria, farina ai funghi ... un gusto impareggiabile, speziato e delicatamente complesso, e sapeva pure di cioccolato, senza averlo incluso negli ingredienti.
Si può dire, allora, che questa edizione del Rum&Whisky Day, qui a Milano, è stata la quinta tappa obbligata per tutti gli amanti del bere creativo e classico, due anime distinte che a volte convivono nella stessa persona e non si negano a vicenda: a patto che le materie prime e l’ispirazione di chi distilla s’incontrino su un piano d’eccellenza per offrire, anno dopo anno, sempre un pizzico di qualità in più agli amanti del vasto, meraviglioso e colorato mondo del rum e del whisky.