Turismo religioso, non solo grandi numeri: sempre più sostenibile
L'ospitalità religiosa, che sta facendo i conti con un momento particolarmente positivo, non si dimentica dell'importanza del rispetto per l'ambiente. Le sue strutture sono, infatti, particolarmente green
Il turismo religioso, in Italia come nel resto del mondo, sta vivendo una nuova stagione dell'oro. Sono i numeri a certificarlo: muove più di 18 miliardi di dollari e 330 milioni di turisti. Il Belpaese, in questo contesto, gode di una fama indiscutibile. La sola presenza della Città del Vaticano è un catalizzatore a livello mondiale. Per interderci, la basilica di San Pietro a Roma accoglie ogni anno 11 milioni di visitatori, che contribuiscono a creare oltre 30 milioni di presenze nella Penisola. Allargando l'obiettivo e guardando anche fuori dalla Capitale, Assisi attrae ogni anno 5 milioni di visitatori, nel santuario di San Giovanni Rotondo, dove visse e operò San Pio, ogni anno accorrono 5,6 milioni di fedeli. E ancora, il santuario mariano di Loreto, nelle Marche, richiama 4 milioni di visitatori l'anno, mentre a Padova la devozione a Sant'Antonio porta in città 3 milioni di pellegrini l'anno, quasi quanti ne arrivano per venerare la Madonna a Pompei.
Il turismo religioso in Italia: cresce la qualità
Numeri molto importanti e in costante crescita, che hanno portato il turismo religioso a coprire tra l'1 e il 4% delle presenze totali in Italia. I dati raccolti hanno anche permesso di ricostruire una sorta di identikit del viaggiatore religioso: per il 59% è italiano e per il 41% straniero, adulto, 45 anni di età media per gli italiani e 30 anni per gli stranieri, in leggera prevalenza di sesso maschile (51,2% uomini contro il 48,8% di donne). Insomma, un quadro particolarmente variegato e che dimostra ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, come questo tipo di turismo ha ampi margini di sviluppo.
Nei mesi scorsi, però, vi avevamo raccontato come a fronte di una costante crescita numerica non ci fosse stato, di contro, il salto di qualità necessario dal punto di vista dei servizi, almeno in Italia. Avevamo portato come esempio il Cammino di Santiago paragonato alla Via Francigena. Due universi, nostro malgrado, paralleli. Da un lato un sistema turistico rodato, al servizio del pellegrino/viaggiatore, con strutture adeguate e proposte di qualsiasi livello. Dall'altro un percorso ancora da sviluppare, almeno dal punto di vista turistico, con parecchio criticità e differenze evidenti da regione a regione.
Qualcosa, è bene dirlo, si sta finalmente muovendo. Le strutture sparse per l'Italia stanno lavorando per alzare il livello e i primi risultati si notano. Lo dicono, anche in questo caso, i numeri.
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Ospitalità religiosa e... sostenibile
A tracciare un quadro della situazione attuale è stata l'Associazione Ospitalità Religiosa Italiana, che ha interpellato i gestori delle strutture ricettive di matrice religiosa e no-profit, che rappresentano nel nostro Paese circa 250mila posti letto. È emerso il disegno un un comparto particolarmente attento all'ambiente sia dal punto di vista dell'offerta di ospitalità sia dal punto di vista gastronomico.
Secondo i dati raccolti dall'associazione, per esempio, l'80% delle strutture di ospitalità religiosa effettua la raccolta differenziata anche dagli ospiti, con un incremento dell’1% all’anno nell’ultimo decennio. Non solo: detergenti ecologici vengono usati sempre o quasi sempre nel 57% delle strutture, con un notevole balzo in avanti di 14 punti percentuali dal 2015 ad oggi. Nello stesso arco di tempo le strutture che usano sistemi automatici di risparmio dell’energia sono passate dall’85 al 91%. Quelle che utilizzano energia prodotta in proprio (pannelli solari ecc.) rappresentano il 26%, a cui si aggiunge un altro 27% che intende dotarsene il prima possibile. Nel 61% delle stanze sono fornite indicazioni su comportamenti utili da tenere per rispettare l'ambiente ed evitare sprechi.
Passando, invece, all'aspetto culinario, hanno subito un incremento interessante i cibi biologici. La percentuale di strutture che li serve nei diversi pasti è del 43%, simile a quella delle strutture che scelgono prodotti a Km0. Nell’uso delle posaterie e piatti si evidenzia un passaggio ormai definitivo del monouso dalla plastica al compostabile, ma resta stabile il 91% dei gestori che preferisce metallo e porcellana da rilavare.
Si potrebbe fare di più? La risposta è "sì" per la quasi totalità dei gestori, che, di contro, lamentano gli aumenti dei costi, soprattutto legati agli adeguamenti strutturali necessari per migliorare la sostenibilità delle strutture.
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Alberto Lupini