Davvero molto istruttivo si è rivelato il compito di consultare gli operatori di settore a 360 gradi sulle ultime tendenze dei vini toscani. Una settantina fra mail, whatsapp, sms, messaggi vocali e interviste telefoniche restituiscono un’interpretazione di un quadro regionale dalle molteplici sfaccettature. Le annate correnti di Brunello e Chianti Classico sono equilibrate. In particolare i Brunello hanno beneficiato di una maturazione lenta a costante, che ha messo in risalto il carattere della finezza rispetto alla potenza alcolica e tannica. I Chianti Classico godono di preziosa freschezza, sia nei profumi sia nel gusto e hanno soprattutto il pregio di una grandissima bevibilità immediata.
Professionalità e imprenditorialità
«La Toscana - spiega Riccardo Cotarella, presidente Assoenologi - più di ogni altra regione italiana sta da anni impostando una politica e un approccio alla viticultura di alta professionalità e imprenditorialità. Ha saputo identificarsi nel Sangiovese quale suo vitigno principe in grado di dare trasversalmente identità e qualità a tanti territori della regione. A questo va aggiunta l’opera di tante antiche famiglie unita a giovani imprenditori che hanno portato entusiasmo e consapevolezza sulle potenzialità della regione. Un merito particolare si deve riconoscere ai miei colleghi toscani che con amore, applicazione della scienza e passione hanno dato vita a un Rinascimento che ha portato la qualità dei vini ad altissimi livelli. Da tutto ciò deriva il loro successo mondiale. Già nominare Toscana per il mondo significa qualità ottenuta attraverso tradizione e innovazione. È stata tra le prime regioni a focalizzare e apprezzare l’importanza dell’enoturismo».
Riavviare il turismo
Un settore, quello del turismo, però molto penalizzato dalla pandemia, come sottolinea Renzo Cotarella, enologo e amministratore delegato di Marchesi Antinori: «Il fermo immagine della Toscana vinicola rimane buono nonostante la situazione che sembra però andare a migliorare. Certo che se non si riavvia il turismo è complicato. I vini prodotti in questi ultimi due anni sono di ottima qualità e questo dovrebbe aiutare nel momento della ripartenza. Il 2021 è andato molto bene e si sono recuperate le perdite del 2020 e anche qualcosa in più. In generale non c’è ragione per essere pessimisti oltre misura. È chiaro che bisogna darsi da fare e sperare che la pandemia, come sembra, finisca presto e per davvero».
Riccardo Cotarella, Renzo Cotarella, Andrea Grignaffini
Vinificazioni alternative
Tornando in vigna in un ottica agricola, nelle province di Siena, Firenze e Grosseto assistiamo a una focalizzazione sul Sangiovese che sempre più spesso si affranca dai propri complementari, locali e internazionali che siano, per comparire in purezza, tanto nei vini Igt quanto nelle denominazioni storiche come Chianti, Chianti Classico, Morellino di Scansano e Vino Nobile di Montepulciano. Interessante è anche la sperimentazione di vinificazioni alternative del Sangiovese, declinato come base spumante o in veste rosata. Quest’ultima tipologia, benché minoritaria, è all’ordine del giorno in molte cantine, che hanno investito in progetti di rosati innovativi e ambiziosi. Si tratta di un fenomeno che riguarda grandi marchi e piccoli produttori pressoché in tutte le province, sia per i vitigni tradizionali, come Sangiovese e Aleatico, sia per quelli internazionali, come Merlot, Cabernet e Syrah.
Il valore della pluralità
Orientamento condiviso da Andrea Grignaffini, membro del Comitato scientifico di Alma e responsabile inserto Vini Guida dell’Espresso. «Considerando l’impostazione classica della Toscana anche in virtù del fatto di una rappresentazione consortile che ha di certo anche un peso specifico nell’identità di un vino - sottolinea - dobbiamo dire che in questo momento si stanno affacciando nuove realtà spesso e volentieri piccolissime che stanno ampliando e sfaccettando l’unità stilistica precostituita. Quindi troviamo vini bianchi di nuova o forse dovremmo dire di antica concezione, macerazioni, anfore e anche una lettura diversa di vitigni assolutamente territoriali come il Sangiovese. Come in tutte le cose, la pluralità diventa un plusvalore».
Vinificazioni in bianco, come annotato, che sorprendono per eleganza e carattere. Altre tendenze ben diffuse sono l’impiego più oculato delle barrique e in alcuni casi l’introduzione di vasi vinari alternativi. Il cemento è sempre più utilizzato non solo per la fermentazione, ma talvolta anche per la maturazione dei vini e lo stesso succede con anfore e orci di terracotta.
Il fenomeno Cabernet Franc
Un mondo davvero in evoluzione. «Il trend che guida da oltre un decennio le scelte delle aziende e dei consumatori, quando si parla di bottiglie vendute nel canale Horeca - ricorda Gianni Fabrizio, curatore della Guida Vini d’Italia del Gambero Rosso - predilige vini più armonici e di gradevole beva. Questo trend generale è all’origine di quasi tutti cambiamenti. Per sommi capi, nuova vitalità commerciale per i vini a base Sangiovese, soprattutto per quelli più sottili ed eleganti di stampo tradizionale. Maggiore ricerca tecnica per ottenere vini da uve Sangiovese di estrema armonia e verticalità con il ritorno di metodi produttivi antichi o di recente importazione, come la vinificazione di uva parzialmente non diraspata o la macerazione post fermentativa a cappello sommerso. E ancora la recente notorietà, in zone pur già altamente affermate, di un vitigno meno potente come il Cabernet Franc, che sta iniziando a togliere spazio ai più noti Cabernet Sauvignon e Merlot. La nascita di numerose etichette di Cabernet Franc in purezza tra i vini della costa toscana e in particolare a Bolgheri è una realtà».
Sopra: Giovanni Manetti, Aldo Fiordelli; sotto: Gianni Fabrizio, Gianni Pignattai
Le piccole zone
La costa tirrenica infatti continua a dare risultati eccellenti con i vitigni internazionali, come succede appunto con il Cabernet Franc nelle province di Pisa e Livorno.
Su questa linea anche Aldo Fiordelli, giornalista del Corriere Fiorentino, Decanter e responsabile Ristoranti Toscana della Guida dell’Espresso. «Vedo sempre più in forte ascesa il successo del Vermentino che sta trascinando la Maremma Doc con un +16% rispetto al 10% di media delle altre denominazioni - puntualizza - e in futuro potrebbe anche minacciare la biodiversità dei bianchi toscani. Qualche tendenza è ancora confermata, come il minor uso del legno piccolo nuovo, basti pensare a qualche diverso modello di Cabernet Franc bolgherese. Tengono e anzi si consolidano il biologico e soprattutto la biodinamica. Infine, ma non ultimo, vedo un crescente interesse per piccole zone, fresche o alte, che producono vini eleganti e poco alcolici, come Rufina, Lamole o Montefioralle. Vorrei anche sottolineare una riscoperta del vinsanto che oggi, grazie all’esperienza e alla passione di alcune cantine (rese bassissime, più lunghi affinamenti…), è diventato ancora più emozionante».
Si sale di quota
Sulle zone si sofferma anche il produttore Gianni Pignattai, Azienda agricola Pietroso, a Montalcino (Si). «La ricerca di terreni dove impiantare nuovi vigneti è in atto - conferma - Una nuova tendenza è quella di cercare di contrastare il maggior calore dovuto al cambiamento climatico spingendosi più in alto con la coltivazione della vite. Se trenta anni fa l’altitudine ideale per avere una buona maturazione sul Sangiovese erano i 300 metri, adesso bisogna spingersi ai 500 sul livello del mare. Forse un’altra piccola tendenza è tornare alle potature dei nostri nonni, che loro chiamavano voltatoia o capovolto. Adesso si chiama guyot, che anche noi abbiamo adottato. Si tratta di rinnovare il capo a frutto tutti gli anni in modo da contrastare il mal d’esca, che sta facendo danni importanti in Toscana, e in modo da avere una maggior produzione e di conseguenza una concentrazione minore».
Esprimere il territorio
Il punto di vista dei consumatori è annotato da Giovanni Manetti, nella doppia veste di produttore (Azienda Fontodi a Greve in Chianti, Firenze) e di presidente del Consorzio Chianti Classico. «La tendenza che registriamo fra i consumatori appassionati, soprattutto giovani - racconta - è di apprezzare sempre più vini capaci di esprimere il territorio di provenienza. Vini dotati di sempre maggiore purezza, capaci di riflettere le sfumature del luogo di origine per mezzo del vitigni autoctoni e tradizionali. Il Consorzio guarda con grande attenzione a questo trend e tutti i nostri viticoltori sono impegnati nel migliorare i propri vini sottolineandone la territorialità. Inoltre il Consorzio ha appena varato l’introduzione delle Uga-Unità geografiche aggiuntive. Una suddivisione del territorio in 11 unità geografiche aggiuntive, aree più ristrette e dotate di maggiore omogeneità e di caratteristiche distintive sia naturali che umane/culturali. L’obiettivo è di poter scrivere in etichetta a breve il nome del villaggio di provenienza, partendo dalla tipologia Gran Selezione».