Una svolta rivoluzionaria con “Il Manifesto della Ristorazione Italiana” di Fipe
“Il Manifesto” può essere l’occasione per dare più forza e dignità al comparto del Turismo: occorre, però, aggregare tutte le categorie del mondo dell’accoglienza e della ristorazione, senza fermarsi solo alle cucine
In un Paese dove la divisione e la rivalità contano da sempre di più del lavorare per il bene comune, la svolta è davvero rivoluzionaria. Senza retorica si può davvero dire che il Manifesto a tutela della Ristorazione, ideato dalla Fipe, può essere l’occasione - finalmente - per dare più forza e dignità ad un comparto finora trascurato dalla politica proprio per la sua frammentazione. Nonostante siano il perno di quel Turismo che, dopo i danni subiti durante la pandemia, torna ad essere uno dei motori del nostro sviluppo economico, i ristoranti continuano ad essere un po’ l’anello debole del sistema.
Con 120mila aziende associate, la Fipe è certamente la componente più importante del mondo dell’accoglienza e alla sua indiscutibile rappresentanza imprenditoriale, ora può affiancare anche la bandiera della professionalità: il suo “Manifesto” ha infatti ricevuto la firma di tutte le principali associazioni di cuochi che, per la prima volta, si sono ritrovate attorno ad un tavolo - lunghissimo - al ministero delle Imprese, impegnandosi a lavorare finalmente insieme. Dai sindacati più rappresentativi come la Fic alla più piccola e giovane associazione degli Ambasciatori del Gusto, c’è stata una corale adesione alla proposta della Fipe di lavorare uniti rinunciando a un po’ di spirito di parte - e a pretese superiorità - per concorrere tutti ad un obiettivo che non si limita certo all’obiettivo della Tutela Unesco per la nostra Cucina.
Serve uno scatto di orgoglio per tutto il comparto del Turismo
Il “Manifesto”, a ben guardare, è lo strumento culturale per dare coesione ad un mondo che è stato finora troppo disunito. Grazie alle strutture organizzative e territoriali, la Federazione dei pubblici esercizi ora può essere un motore aggregante e funzionale per ottenere riforme capaci di dare prospettive più certe ad imprese che, causa la pandemia, si sono trovare a fare i conti con storiche debolezze che ne avevano messo in dubbio la stessa sopravvivenza. Quel che serve è uno scatto di orgoglio di tutto il comparto perché la ristorazione abbia un ruolo forte come avviene in Francia, dove è uno degli elementi di identità nazionale.
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Coi nuovi equilibri politici nazionale sarà forse più facile che in passato raggiungere l’obiettivo, ma non è scontato. Occorre in particolare che, attorno al “Manifesto”, sia possibile aggregare anche camerieri, maitre, baristi, pizzaioli e pasticceri (senza dimenticare gli agriturismi) perché il mondo dell’accoglienza e della ristorazione non può fermarsi alle cucine.
Questo è del resto la linea da sempre sostenuta da “Italia a Tavola” che è l’unico giornale che al Ministero ha firmato con cuochi e ristoratori il Manifesto. Da sempre auspichiamo pari dignità fra tutti i soggetti del comparto a cui dedichiamo non a caso il nostro sondaggio annuale sul Personaggio dell’anno.
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Alberto Lupini