Serve un nuovo modello di sviluppo delle città, altrimenti i locali chiuderanno

Negli ultimi 10 anni hanno chiuso i battenti per sempre oltre 110.000 attività senza che la politica e/o le amministrazioni/istituzioni locali o regionali battessero un colpo. Siamo al capolinea: serve fare qualcosa

06 marzo 2024 | 08:30
di Aldo Mario Cursano

Quando le uscite superano le entrate non occorre aver studiato ad Oxford per comprendere che un modello distributivo di beni e servizi non sta più in piedi economicamente ed i dati e la mortalità delle aziende lo certificano. Negli ultimi 10 anni hanno chiuso i battenti per sempre oltre 110.000 attività senza che la politica e/o le amministrazioni/istituzioni locali o regionali battessero un colpo! Si sta assistendo da testimoni impotenti a questa deriva delle nostre città ed in particolare modo dei nostri centri storici senza mettere in campo alcuna politica di contrasto, dimenticando che senza commercio e senza cittadini le città perdono l’anima e la loro stessa vivibilità.

Questo fenomeno dimostra l’estrema fragilità delle imprese del commercio, della ristorazione e del turismo che vivono e muoiono in funzione degli equilibri delle nostre città. Basta un minimo cambiamento sociale, demografico o di traffico e viabilità all’interno di un quartiere per ribaltare le sorti di un’attività economica. Se prima i cambiamenti avvenivano in tempi lunghi di decine di anni, adesso avvengono nel giro di pochi mesi. Ecco perché è necessario ponderare bene ogni decisione se vogliamo modellare la città all’impronta dell’efficienza, della sostenibilità e dell’accoglienza verso tutti, residenti e turisti.

Altrimenti rischiamo di ritrovarci con intere aree prive di negozi e servizi, quindi senza presidi sociali e di sicurezza. Deve esserci un impegno di tutti quello di costruire una nuova urbanità, che rimetta al centro il bisogno e le aspettative dei cittadini, ricreando e riportando funzioni e servizi che sono stati totalmente decentrati e che hanno svuotato di valore i nostri centri storici, dove restano solo quelle funzioni turistiche, almeno laddove insiste questo ambito economico come nelle città d’arte.

Occorre ricostruire una visione condivisa per un nuovo sviluppo delle nostre città che consideri la dimensione del vivere comune, dove abitare e consumare e dove la sostenibilità, l’ambiente, l’educazione e la cultura ritornino ad essere al centro dei nostri interessi e del nostro impegno! Non c’è più tempo: siamo al capolinea e dobbiamo lavorare a un nuovo modello, che parta dalle aspettative, dai bisogni e dai sentimenti delle persone.

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Alberto Lupini


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