Sagre, per non sbagliare sceglierle col marchio di qualità
Sul via libera alle sagre (a discapito del fatturato dei ristoranti già in crisi) è intervenuto il presidente delle Pro Loco, precisando la differenza tra sagre farlocche e sagre autorizzate, che fanno bene al territorio
17 giugno 2020 | 06:50
Sul tema Sagre, abbiamo ricevuto una lettera dall’associazione delle Pro Loco (Unpli), gli unici enti che dovrebbero poterle organizzare, che volentieri pubblichiamo. Con l’occasione facciamo presente che Italia a Tavola ha chiaramente fatto una netta distinzione fra le sagre autentiche (quelle organizzate proprio dalle 6.300 Pro Loco italiane e che si rifanno per lo più a tradizioni antiche o che promuovono prodotti tipici del territorio), che sono un elemento fondamentale di promozione anche turistica, e quelle invece farlocche che sono occasioni di fare cassa. Magari con lavoratori in nero e scarsa attenzione all’igiene. Proprio il marchio “sagra di qualità” è ciò che fa la differenza, così come il rispetto di un protocollo che nasce dal Manifesto sulle sagre autentiche siglato 10 anni fa non casualmente anche dall’Unpli e dal direttore di Italia a Tavola, Alberto Lupini.
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Abbiamo letto con molta attenzione quanto scritto dal direttore Lupini e siamo pienamente d’accordo sul fatto che oggi in Italia ci sono troppe sagre “finte”, totalmente slegate dai prodotti tipici; allo stesso tempo però va sottolineato, evitando generalizzazioni che non rendono giustizia, che sono molte, moltissime le sagre vere, quelle che puntando a valorizzare i prodotti tipici, costituiscono una parte importante della promozione dei territori; sono eventi che fungono da richiamo turistico, attirano visitatori e rappresentano delle vere e proprie porte d’ingresso per moltissime località, producendo un complessivo effetto a vantaggio anche degli stessi ristoratori e alimentando un intero indotto.
Come precisato nei dati elaborati dalla Cgia di Mestre, nel 2018 le Pro Loco hanno realizzato 20mila fra sagre e fiere: sostenendo una spesa complessiva di 700 milioni di euro che ha prodotto, fra effetto diretto, indiretto e indotto, un valore economico e sociale di 2,1 miliardi di euro, dal quale, tra l’altro, sono scaturiti anche 10.500 occupati.
L’85% delle Pro Loco che realizzano sagre e fiere, come illustrato nel report delle Cgia, ospitano stand che presentano prodotti enogastronomici tipici e tre su quattro danno spazio ad espositori dell’artigianato locale. Quasi la metà delle Pro Loco, inoltre, ospita altre associazioni durante le fiere e le sagre che assumono in tal modo la funzione di vetrina espositiva per le più svariate attività (culturali, benefiche ecc.) ad ulteriore conferma del volano che rappresentano questi eventi.
Le sagre delle Pro Loco, peraltro, nulla hanno a che vedere con "aziende che si spostano da un capo all'altra dell'Italia con tendoni, forni e stoviglie"; come emerge dai dati del report della Cgia di Mestre nell’organizzazione delle sagre, la spesa delle Pro Loco interessa un bacino di fornitori essenzialmente locale (oltre il 64%) e che genera quindi ricadute dirette sul territorio in cui opera: quasi due terzi dei fornitori provengono dal comune in cui si svolge la sagra o, comunque, dalle zone vicine.
L’Unpli e le sagre organizzate dalla Pro Loco si fondano proprio sulla riscoperta e sulla valorizzazione dei prodotti tipici e volti alla promozione dei territori; anche se è chiaro che con 6.300 associazioni, proprio per la legge dei grandi numeri, possono registrarsi iniziative non allineate alla nostra missione.
Inoltre, ormai da tempo, l’Unpli ha concretamente avviato un’azione volta a promuovere ed esaltare le sagre “genuine”, istituendo il marchio “Sagra di qualità” che identifica in maniera univoca le manifestazioni che vantano un passato di legame con il territorio (dai prodotti tipici ai piatti rappresentativi della storia e della tradizione) e che abbiano come obiettivo la promozione e creazione di sinergie con le attività economiche locali.
È un’attribuzione assegnata in applicazione di un rigido disciplinare: previsto anche il controllo sul campo, dei requisiti richiesti, da parte nei nostri ispettori.
Prima dell’emergenza Covid con i ricavati delle sagre le Pro Loco riuscivano ad autofinanziare le attività compiute nel corso dell’intero anno: iniziative che si estendono dall’animazione territoriale alla coesione sociale.
È chiaro che con il totale blocco dei nostri eventi, i primi a pagare sono gli stessi territori, cui viene a mancare l’animazione garantita da attività che garantivano un reale ritorno all’economia locale. Ad oggi, inoltre, non ci risulta ci siano sagre autorizzate, se non, forse, sparuti casi.
In ogni caso alla luce delle misure di sicurezza imposte e dei relativi costi aggiuntivi, non c’è iniziativa che possa reggersi economicamente e ciò a causa del comprensibile limite dei mille partecipanti.
Antonino La Spina
Presidente dell’Unione Nazionale delle Pro Loco
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La differenza tra sagre farlocche e sagre di qualità, fondamentale specialmente in questo periodo di crisi e di norme più severe
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Abbiamo letto con molta attenzione quanto scritto dal direttore Lupini e siamo pienamente d’accordo sul fatto che oggi in Italia ci sono troppe sagre “finte”, totalmente slegate dai prodotti tipici; allo stesso tempo però va sottolineato, evitando generalizzazioni che non rendono giustizia, che sono molte, moltissime le sagre vere, quelle che puntando a valorizzare i prodotti tipici, costituiscono una parte importante della promozione dei territori; sono eventi che fungono da richiamo turistico, attirano visitatori e rappresentano delle vere e proprie porte d’ingresso per moltissime località, producendo un complessivo effetto a vantaggio anche degli stessi ristoratori e alimentando un intero indotto.
Come precisato nei dati elaborati dalla Cgia di Mestre, nel 2018 le Pro Loco hanno realizzato 20mila fra sagre e fiere: sostenendo una spesa complessiva di 700 milioni di euro che ha prodotto, fra effetto diretto, indiretto e indotto, un valore economico e sociale di 2,1 miliardi di euro, dal quale, tra l’altro, sono scaturiti anche 10.500 occupati.
L’85% delle Pro Loco che realizzano sagre e fiere, come illustrato nel report delle Cgia, ospitano stand che presentano prodotti enogastronomici tipici e tre su quattro danno spazio ad espositori dell’artigianato locale. Quasi la metà delle Pro Loco, inoltre, ospita altre associazioni durante le fiere e le sagre che assumono in tal modo la funzione di vetrina espositiva per le più svariate attività (culturali, benefiche ecc.) ad ulteriore conferma del volano che rappresentano questi eventi.
Antonino La Spina
Le sagre delle Pro Loco, peraltro, nulla hanno a che vedere con "aziende che si spostano da un capo all'altra dell'Italia con tendoni, forni e stoviglie"; come emerge dai dati del report della Cgia di Mestre nell’organizzazione delle sagre, la spesa delle Pro Loco interessa un bacino di fornitori essenzialmente locale (oltre il 64%) e che genera quindi ricadute dirette sul territorio in cui opera: quasi due terzi dei fornitori provengono dal comune in cui si svolge la sagra o, comunque, dalle zone vicine.
L’Unpli e le sagre organizzate dalla Pro Loco si fondano proprio sulla riscoperta e sulla valorizzazione dei prodotti tipici e volti alla promozione dei territori; anche se è chiaro che con 6.300 associazioni, proprio per la legge dei grandi numeri, possono registrarsi iniziative non allineate alla nostra missione.
Inoltre, ormai da tempo, l’Unpli ha concretamente avviato un’azione volta a promuovere ed esaltare le sagre “genuine”, istituendo il marchio “Sagra di qualità” che identifica in maniera univoca le manifestazioni che vantano un passato di legame con il territorio (dai prodotti tipici ai piatti rappresentativi della storia e della tradizione) e che abbiano come obiettivo la promozione e creazione di sinergie con le attività economiche locali.
È un’attribuzione assegnata in applicazione di un rigido disciplinare: previsto anche il controllo sul campo, dei requisiti richiesti, da parte nei nostri ispettori.
Prima dell’emergenza Covid con i ricavati delle sagre le Pro Loco riuscivano ad autofinanziare le attività compiute nel corso dell’intero anno: iniziative che si estendono dall’animazione territoriale alla coesione sociale.
È chiaro che con il totale blocco dei nostri eventi, i primi a pagare sono gli stessi territori, cui viene a mancare l’animazione garantita da attività che garantivano un reale ritorno all’economia locale. Ad oggi, inoltre, non ci risulta ci siano sagre autorizzate, se non, forse, sparuti casi.
In ogni caso alla luce delle misure di sicurezza imposte e dei relativi costi aggiuntivi, non c’è iniziativa che possa reggersi economicamente e ciò a causa del comprensibile limite dei mille partecipanti.
Antonino La Spina
Presidente dell’Unione Nazionale delle Pro Loco
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