Ristorazione senza personale, Sal De Riso: “Si sceglie disoccupazione e reddito di cittadinanza”

Il presidente di Ampi, Accademia maestri pasticceri italiani, analizza il momento critico del lavoro nel turismo. “In passato qualcuno ha passato il limite, con orari esagerati. Ora la gente si è stufata e con la pandemia ha cercato altro da fare”

11 maggio 2022 | 05:00
di Gianluca Pirovano

Salvatore (Sal) De Riso, oltre a essere presidente di Ampi, l'Accademia maestri pasticceri italiani, è un volto televisivo e un imprenditore di successo. I suoi dolci, partiti dalla natia Costiera Amalfitana, sono ora conosciuti un tutto lo Stivale. 

Nel nostro viaggio tra i professionisti del mondo della ristorazione e dell'accoglienza, alla ricerca delle origini della crisi di personale che sta affliggendo l'intero settore, abbiamo voluto parlare anche con lui. 

Sal De Riso e la carenza di personale

Come percepisce la situazione generale e come la sta vivendo lei in prima persona? 
Il problema c'è ed è parecchio grave. In Costiera, ma un po' dappertutto, la gente cerca personale, vorrebbe assumere, ma non trova nessuno. Io non ho avuto grosse difficoltà, soprattutto perché offro un lavoro che dura tutto l'anno e non un impiego stagionale. Anche in questo caso però qualche criticità c'è...

In che senso? 
Qualcuno mi chiede, finita la stagione, di fermarsi perché preferisce prendere la disoccupazione. Altri addirittura hanno scelto di rimanere proprio a casa, prendendo il reddito di cittadinanza. Ci sono, solo restando in Costiera, moltissimi posti in cui poter fare la stagione. Tra 1.200/1.300 euro e il reddito, scelgono il secondo. Poi magari vanno a fare qualche lavoretto extra in nero...

È un problema dei giovani o generalizzato? 
Il problema riguarda tutti. Queste cose me le dicono i giovani, ma anche chi ha 30 anni. Le risposte non cambiano. Per fortuna ho tanti collaboratori che sono con me da moltissimi anni e quindi si riesce a lavorare, ma spesso si deve assumere personale non qualificato o alle prime armi, non ancora all'altezza del servizio in sala. 

Ma la situazione è identica anche in laboratorio? 
No, il problema c'è in sala, in cucina e in pizzeria. In laboratorio, almeno per me, è diverso: lì c'è una squadra esperta, che lavora insieme da tempo. Così i nuovi che arrivano si inseriscono in un contesto rodato e si adeguano. 

 

 

Che ruolo ha avuto la pandemia nel problema della carenza di personale? 
Secondo me ha avuto un ruolo centrale. Ha cambiato la psicologia e la personalità della gente, che è diventata molto più spigolosa nei rapporti con gli altri. Chi lavora nel nostro settore poi, complici le chiusure, ha scoperto cosa significa stare a casa i sabati e le domeniche, cosa che prima era impossibile. Così in molti, che magari prima facevano la stagione, hanno cercato posto altrove, perché hanno cambiato il loro modo di vedere le cose. Ma anche chi è rimasto fa richieste diverse... 

In concreto? 
Non sono più disponibili per esempio a fare orario spezzato. Preferiscono i turni unici. In pasticceria io faccio due turni, visto l'orario ampio, ma ho dovuto aumentare il personale per poterlo fare. 

Ma la colpa è di qualcuno? 
Sarà anche colpa nostra, mi ci metto dentro anch'io, che non ho mai chiesto al mio personale di fare orari fuori dal normale. Qualcuno però in passato ha esagerato, magari chiedendo di lavorare per dodici ore, pagandone quando andava bene otto. Ecco, si è passato il limite e la gente si è stufata. 

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