Dopo l’introduzione dell’obbligatorietà per i pubblici esercizi di dotarsi di un Pos per permettere ai consumatori di pagare in forma elettronica, rimangono aperte ancora diverse questioni che il blackout del Black Friday ha riportato a galla anche per i non addetti ai lavori, anche se in realtà il problema è sempre rimasto lì, appena sotto la superficie. E anche quando la tecnologia avrebbe permesso di ricevere (e contabilizzare) le mance attraverso il Pos, la novità è rimasta semplice slogan.
Pos, il Black Friday riaccende il dibattito
Due giorni di blackout nei pagamenti con il Pos hanno coinciso con il Black Friday, venerdì 29 novembre, causando gravi disagi. Il guasto alla rete di Worldline ha colpito i circuiti Nexi e Bancomat, bloccando le transazioni. Il problema è stato attribuito a lavori di installazione delle tubature del gas in Svizzera, che avrebbero danneggiato alcuni cavi cruciali. I disservizi, durati 48 ore, hanno avuto un impatto significativo, spingendo persino la Banca d’Italia a intervenire attivando la task force del Codise (la struttura per la gestione delle crisi operative del sistema finanziario italiano). Questa è presieduta dalla Banca d’Italia, con la partecipazione della Consob e di altri operatori finanziari di rilievo sistemico. L'obiettivo è stato il ripristino progressivo dei servizi e della piena operatività.
Un disagio per i consumatori, ma anche un grosso problema per le attività, come sottolinea Aldo Cursano, vicedirettore vicario della Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi): «L’interruzione del servizio di questi giorni ha evidenziato le difficoltà che si presentano quando tale sistema si blocca: tutta la rete dei pubblici esercizi italiani ha subito gravi disagi. Alcune spese Possono essere rinviate, ma non il caffè al bar o i pasti quotidiani. Queste esigenze non Possono essere Posticipate al giorno successivo. Durante il blackout, molti clienti abituali hanno promesso di pagare in un secondo momento, ma abbiamo comunque perso incassi e, soprattutto, la copertura fiscale. Abbiamo lavorato senza alcuna tutela o risarcimento».
Pos, una questione ancora aperta
Il blackout ha riacceso i fari su un sistema - quello dei pagamenti digitali - che continua a presentare delle criticità, soprattutto per quelle attività che hanno marginalità ridotte e per le quali l’incidenza delle commissioni ha un peso decisamente importante. «Questa situazione - ha aggiunto Cursano - ha mostrato la fragilità del sistema. È giusto fornire alternative al contante, ma abbiamo creato un meccanismo in cui le carte di credito e i bancomat sono diventati gli unici strumenti di pagamento. Se il sistema si ferma, l’intera economia rischia di bloccarsi. È fondamentale riflettere su come proteggere chi, come noi, è soggetto alle regole fiscali e si trova esposto senza garanzie». Se da un lato tutti i pubblici esercizi si sono dotati di questo strumento in quanto obbligatorio, il dirigente Fipe ha comunque evidenziato: «Dal punto di vista economico, il costo delle transazioni digitali è elevato. Tra commissioni, costi di noleggio e materiali consumabili, mantenere questo sistema è oneroso, paragonabile al costo di un dipendente. Questi costi erodono la nostra marginalità, già ridotta in settori come i bar, che si basano su piccoli prezzi e servizi alla comunità».
Pos, la battaglia sulle commissioni
È chiaro, allora, che si vada alla ricerca di nuovi strumenti che non prevedano l’uso del contante, ma che non siano così impattanti per le attività: «Per contenere questi costi, molti stanno adottando strumenti alternativi come Satispay, che si dimostra efficace per le piccole spese, senza commissioni, e che ora si sta aprendo anche ai buoni pasto. Tuttavia, anche questi meccanismi devono essere regolati in modo equo per evitare ulteriori oneri». Anche perché la situazione è drammatica: «Le istituzioni devono intervenire per sostenere questo settore, che svolge un ruolo cruciale nella vita sociale delle città. I bar e i piccoli esercizi sono punti di aggregazione che vanno tutelati. La chiusura di oltre 20.000 attività negli ultimi anni è un segnale d’allarme: se non si agisce, rischiamo di perdere non solo un servizio economico, ma anche un patrimonio di socialità e sicurezza».
La Fipe prova a giocare un ruolo da protagonista, ma si scontra con un sistema che risponde a logiche che vanno al di là della volontà politica: «Il nostro impegno è costante, ma purtroppo questi meccanismi seguono logiche di interesse economico piuttosto che considerare il lato umano. Continuiamo a lavorare con determinazione, consapevoli di essere parte di un sistema che non controlliamo e che neanche le istituzioni riescono a influenzare pienamente. Tuttavia, non ci lasciamo scoraggiare. Il recente blackout ha fatto emergere una consapevolezza diffusa tra consumatori, imprese e politica: non possiamo permetterci di dipendere completamente da sistemi che, in caso di guasto, potrebbero paralizzare l’intero Paese».
Pos, mance ancora al palo
La Legge di Bilancio 2023 non ha introdotto la tassabilità delle mance in sé, ma ha stabilito un regime fiscale specifico per quelle ricevute dai lavoratori di strutture ricettive (come hotel) e di esercizi di somministrazione di alimenti e bevande (bar e ristoranti). Le mance versate dai clienti, anche tramite pagamenti elettronici, sono soggette a un’imposta sostitutiva dell’Irpef, con aliquota ridotta al 5%, a meno che il lavoratore non vi rinunci esplicitamente per iscritto. Questa agevolazione si applica se le mance non superano il 25% del reddito complessivo del dipendente, che deve essere inferiore a 50.000 euro annui. Se le mance eccedono tale limite, la parte eccedente è tassata secondo le aliquote Irpef ordinarie. Il datore di lavoro, in qualità di sostituto d’imposta, è responsabile della trattenuta e del versamento dell’imposta dovuta.
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Sulla carta un’operazione utile a premiare il personale per il proprio servizio e completamente tracciato. Il problema, però, è che nessun operatore finanziario ha ancora implementato questa possibilità. «I sistemi - ha rimarcato Cursano - non sono ancora pronti: mentre dal punto di vista fiscale è possibile inquadrare il problema, la gestione delle mance tramite carta di credito è complessa. Se non riesco a tracciare o distinguere chiaramente la mancia dal pagamento complessivo, l'intero importo rischia di essere considerato come corrispettivo. Stiamo quindi insistendo con i circuiti di pagamento affinché si trovi una soluzione conforme alla normativa. È fondamentale distinguere nettamente il corrispettivo dalla mancia, così che ciascuno segua percorsi di rendicontazione separati. L'obiettivo è garantire una gestione legittima delle mance a favore dei nostri collaboratori. Con il contante è semplice, ma con i pagamenti elettronici siamo ancora indietro».
Quindi ha concluso: «Purtroppo, non controlliamo direttamente questi strumenti. La normativa italiana esiste, ma richiede un adeguamento specifico che ancora manca.Come federazione, stiamo lavorando per sensibilizzare i circuiti di pagamento, supportati sia dai grandi nomi della ristorazione che dalle piccole attività. Questo è un problema concreto per tutti: chi vuole premiare un servizio di qualità in un bar o ristorante oggi non può farlo facilmente tramite carta di credito».
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