Milano Golosa, materie prime in vetrina Protagonisti gli artigiani del gusto

Chi a “Milano Golosa” si aspettava la solita parata di chef star, sarà rimasto deluso. Protagonisti della 7ª edizione, a cui hanno preso parte oltre 200 espositori, sono stati produttori, artigiani, osti, vignaioli

16 ottobre 2018 | 11:52
di Guido Gabaldi
Tutto quanto è per natura lontano dai riflettori, insomma, secondo la scuola di pensiero un po’ anticonformista del Gastronauta Davide Paolini, creatore e organizzatore della manifestazione. Milano Golosa è stata anzitutto artigianato e produzione, ossia spazio a chi ha le mani in pasta, e mette a disposizione di un nuovo popolo di gourmet, santi e navigatori le ricchezze del nostro Paese. Come il Carmasciano, un pecorino dell’Alta Irpinia prodotto da bestiame a rischio estinzione.



O la Melanzana Rossa di Rotonda, una varietà di ortaggio coltivata nel cuore del Parco Nazionale del Pollino. E per chi ama la semplicità e la riconoscibilità in cucina, anche quest’anno ha aperto PaniniAmo, l’area tematica dedicata al panino con la collaborazione della Accademia del Panino Italiano. Gli appassionati del genere hanno potuto degustare le specialità delle migliori paninoteche d’Italia, assistere a laboratori sul tema e poi anche ad una gara tra food blogger, che si sono sfidati sul tema della migliore reinterpretazione del panino Gran Michetta Gran Biscotto Rovagnati.

Ha vinto Sara Bonaccorsi di Cucina con Sara, che ha personalizzato il panino (i cui ingredienti di base sono Gran Biscotto, giardiniera, olio extravergine di olive del Garda e michetta) con l’aggiunta una grattugiata di scamorza affumicata, pere kaiser con riduzione al vino rosso, granella di amaretti e brie scaldato in padella.

Sempre a proposito di mani in pasta, durante la tre giorni è stato possibile assistere a otto show-cooking, animati da osti e titolari di trattoria selezionati dal patron della manifestazione, Davide Paolini. «Sono orgoglioso di far salire sul palcoscenico di Milano Golosa - ha spiegato il Gastronauta - le osterie e le trattorie, per far conoscere la cucina italiana verace, da sempre tenuta fuori dai continui forum spettacolari che ogni giorno sono in scena in ogni angolo d’Italia. Questi locali, che hanno creato la notorietà della cucina italiana presso i turisti che affollano lo stivale, sono tra l'altro gli utilizzatori e i promotori dei prodotti italiani. E non potevano mancare ad un evento, Milano Golosa, palcoscenico degli artigiani del cibo».

Non manca che il vino, da aperitivo, abbinamento e fine pasto, per rendere esauriente una manifestazione che guarda allo stare a tavola a trecentosessanta gradi. Quest’anno i fari sono stati puntati sulle carte dei vini nella ristorazione, attraverso un premio con cui il Gastronauta ha voluto dare risalto alle dodici migliori liste dei ristoranti lombardi. Il riconoscimento è andato al Ristorante Aimo&Nadia di Milano; La Bottega del vino di Milano; Ratanà di Milano; Ristorante Luce di Varese; Ristorante Leone Felice di Erbusco (Brescia); Al Pont de Fer di Milano; Antica Trattoria del Gallo di Gaggiano (Milano); Da Vittorio a Brusaporto (Bergamo); Rovello 18 di Milano; Ristorante Joia di Milano; Contraste di Milano; Champagne Socialist di Milano.

Quando si parla di artigianalità e uso delle mani, di lavoro tramandato nei secoli di padre in figlio, viene fuori a proposito la coltivazione e la lavorazione dello zafferano, dove la manualità è ancora un fattore di distinzione e successo. E dove il problema della contraffazione è una realtà: compri una bustina di preziosa polverina rossastra, e devi sperare di esserti affidato ad una ditta seria ed onesta.



«Lo zafferano - spiega Giorgio Bacagias, direttore dell’azienda che cura l’esportazione per Krokos Kozanis, cooperativa ellenica di produttori di zafferano - è una spezia preziosa da secoli, e fin qui nulla di nuovo. Un bene prezioso che merita particolari attenzioni: Krokos Kozanis, infatti, insiste tanto sulla qualità e sulle certificazioni ottenute presso le più importanti istituzioni internazionali. Ed è per questo che ho l’onore di trattare i prodotti di una cooperativa che può certificare come biologica il 40% dell’estensione coltivata a zafferano».

Dev’essere proprio basilare, questo punto della certificazione di qualità, perché il direttore Bacagias ci tiene a sciorinare una serie di documenti, tutti attestanti la serietà dell’impresa: anzitutto l’ISO 9001, rilasciato dall’autorità internazionale Bureau Veritas, ma si continua con l’ente ellenico “Demeter”, sotto l’egida del ministero greco dell’Agricoltura, con l’Università di Atene, Facoltà di Agraria, per la classificazione delle caratteristiche biochimiche e organolettiche, e si potrebbe continuare.


Giorgio Bacagias

«Il nostro intento - continua Bacagias - è convincere agli italiani che bisogna conoscere meglio questa spezia, per poterla apprezzare: il fatto che in questo paese se ne consumino parecchie tonnellate non vuol dire che si sappia come usarlo al meglio. Purtroppo è facile ignorare alcune nozioni di base: ad esempio che lo zafferano non va cotto, ma aggiunto alle pietanze a non più di 70-80°; poi che è meglio far sciogliere la polverina in acqua, per almeno un’ora, prima di aggiungerla alle preparazioni (se si usano i pistilli servirà un’intera giornata); o, ancora, che il dosaggio va studiato meticolosamente, perché eccedere o risparmiare all’eccesso significa rovinare una pietanza. Infine, bisognerebbe approfondire le sue proprietà digestive, sedative e antispastiche, note da secoli alla medicina popolare. E mi farebbe piacere che gli italiani conoscessero anche un’altra eccellenza ellenica da noi importata, una prelibatezza nota dall’epoca dei Faraoni: si chiama Avgotàraco, ossia uova di muggine grigio essiccate e salate. Un alimento naturale senza conservanti, con un alto valore nutritivo e un piacevole retrogusto di lunga durata, conservato in cera d’api naturale. Si può aggiungere alla pasta o alle insalate, o servire semplicemente su una fetta di pane caldo, per ottenere una vera esplosione di profumi e sapori».

A che cosa lo abbiniamo il nostro zafferano, una volta aggiunto al risotto, al pollo o alla paella? Ad un prodottto squisitamente italico, il vino, di fronte al quale l’epopea del popolo greco può passare in secondo piano, momentaneamente. Meglio ancorarsi alla storia enologica del Belpaese, dunque, per non dimenticare che anche le nostre eccellenze rientrano nel patrimonio culturale dell’umanità, e il vino non fa eccezione. Un esempio? La Cantina di Venosa (Pz), dall’alto del percorso bimillenario di alcuni vitigni autoctoni, come l’Aglianico, può permettersi di guardare con ottimismo al futuro.
 
Ed è proprio di prospettive che parlo con il direttore commerciale della Cantina, Antonio Teora. «In Basilicata - spiega Teora - l’Aglianico è un’istituzione, e giustamente: stiamo parlando di un giovanotto con i suoi duemila anni di narrazione dietro le spalle. Che emozione pensare che l’avrà bevuto anche Quinto Orazio Flacco, il sommo poeta latino nato proprio a Venosa! Che è una cittadina straordinariamente ricca di testimonianze del passato, a partire dal paleolitico per passare poi all’epoca romana, rinascimentale e barocca. Il nostro prodotto bandiera, il Carato Venusio (Aglianico del Vulture Doc), è un classico rosso meridionale strutturato, corposo, con un bouquet di frutti rossi, pieno e consistente al palato, asciutto e tannico. E per chi desideri un Aglianico più gentile, con tannini ancora più raffinati, ci siamo inventati una Dop, il “Verbo”, che dovrebbe soddisfare quella larga fetta di clientela abituata a sapori meno decisi».


Antonio Teora

Dunque l’Aglianico del Vulture è il passato prestigioso che riempie di sé il presente. Vogliamo parlare del futuro?
Potrebbe essere, sempre all’interno della linea Verbo la nostra Malvasia Igt, che è comunque un vitigno autoctono, e perciò non estraneo alla nostra tradizione. Un bianco di gran classe, dall’aroma persistente e inconfondibile e dalla struttura non comune: per queste sue qualità si presenta come un prodotto assai versatile, che può accompagnare un pasto dall’inizio alla fine. E strizza l’occhio al mercato, che in questo momento apprezza i bianchi freschi e aromatici. Sono questi i vini con cui contiamo di far innamorare i turisti che ci visiteranno nel 2019, anno in cui Matera sarà Capitale europea della cultura: qualsiasi tour bene organizzato, dopo aver fatto tappa nella magica città dei Sassi, non potrà prescindere da un sito storico-archeologico dell’importanza di Venosa.

E visto che questo racconto di Milano Golosa ha preso un’impronta storico-classica, vien voglia di dedicarsi a un altro classico: la pasta di grano duro, il portavoce del buon gusto italiano. Che arriva proprio dappertutto nel mondo, magari partendo da un minuscolo paese alle falde del massiccio della Majella, in provincia di Chieti: Fara San Martino, accreditato come una delle capitali mondiali della pasta, 1.400 abitanti, due pastifici industriali, due artigianali. Quello intitolato al Cav. Giuseppe Cocco appartiene a quest’ultima categoria, come mi ricorda il responsabile vendite Matteo Micheli.

«Noi ci consideriamo artigiani, e con una produzione di 40 quintali al giorno non potrebbe essere diversamente. Ci sono stabilimenti che arrivano a 2.500 al giorno, veda un po’ lei la proporzione. Ma, a parte le dimensioni, che contano fino a un certo punto, sono altri i fattori che hanno decretato il successo della nostra pasta: il fiume Verde, anzitutto, le cui sorgenti sono allocate nel massiccio della Majella, le antiche trafile in bronzo, che assicurano ai vari formati la ruvidezza necessaria a intrappolare i sughi all’ all’italiana, l’essiccazione a temperatura naturale su telai in legno di faggio. Procedere con questi metodi vuol dire impiegare più tempo e più spazio, limitando le quantità prodotte. Ma significa anche mantenere un controllo assoluto su tutto il processo, riuscendo ad ottenere il gusto della pasta dei nostri nonni».



I quali non potevano certo immaginare che il pastificio del Cav. Giuseppe Cocco un giorno si sarebbe fatto strada anche con la linea biologica, regolarmente certificata e prodotta con semola fiore: solo dal cuore del chicco, la parte più pura e nobile del grano.

Siamo partiti dalla Grecia, approdati in Abruzzo, passati dalla Basilicata e ritornati nella capitale meneghina: e in fondo Milano Golosa è proprio questo, un viaggio tra tantissimi artigiani del gusto, provenienti soprattutto dall’Italia, per raccontare la materia prima di qualità tra memoria e ricerca. La manifestazione ha il compito di fissare le tappe del percorso e di orientarlo, attraverso degustazioni, dibattiti, approfondimenti, show cooking, premiazioni.

Per dimostrare che l’enogastronomia italiana non è semplicemente la piccola riserva di caccia di pochi chef star; è piuttosto l’enorme scacchiera dove un nuovo popolo di gourmet, santi e navigatori muove le sue pedine, per vincere la partita del consumo consapevole, informato. Quello che sa come individuare i nuovi sapori di ieri.

Per informazioni:
www.milanogolosa.it
www.zafferanoellenico.com
www.cantinadivenosa.it
www.pastacocco.com

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Alberto Lupini


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