Le mafie vogliono prendersi i bar e ristoranti del centro di Milano. È quanto emerge dalla relazione semestrale della Dia, la Direzione investigativa antimafia in merito al primo semestre del 2021. La loro azione è già nota in Lombardia, dove sono stati segnalati 25 gruppi di 'ndrangheta. Le associazioni criminali sembrano avere gioco facile. Approfittano del fatto che bar e ristoranti vengono da un periodo durissimo causato dall'emergenza pandemica. Molti imprenditori si trovano in difficoltà e fanno fatica a rivolgersi alle banche per accedere ai crediti. Tanti finiscono quindi per trovare i soldi altrove cadendo nelle mani di associazioni criminali che offrono crediti a prezzi di usura fino a soccombere, cedendo l'attività. Un allarme reale che Italia a tavola ha lanciato già nell'aprile di due anni fa e ha riportato a galla più volte, ma che resta per molti un tabù difficile da nominare. Da tempo le associazioni di categoria denunciano queste situazioni. Un'idea per porvi rimedio sarebbe di rendere più accessibile l'accesso al piccolo credito. Intanto baristi e ristoratori per non soccombere rispondono cercando di fare rete e diffondendo la cultura della legalità.
La Lombardia quarta per beni confiscati alla mafia
Per le associazioni criminali è facile infiltrarsi nel tessuto imprenditoriale locale della Lombardia, riciclando e reinvestendo i provvedimenti illeciti. La piaga del fenomeno delle infiltrazioni mafiose nella Regione è spiegata anche dal fatto che è la quarta per beni sequestrati e confiscati. Sono in tutto 3.256 a fronte dei 4.93 della Calabria, dei 6.091 della Campania e dei 14.036 della Sicilia.
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È inoltre emerso che nella Regione risultano operativi 25 gruppi di 'ndrangheta che insistono su 28 Comuni nelle province di Milano (nelle città di Milano, Bollate, Bresso, Cormano, Corsico, Pioltello, Rho, Solaro, Legnano), Como (a Erba, Canzo, Asso, Mariano Comense, Appiano Gentile, Senna Comasco, Fino Mornasco, Cermenate), Monza-Brianza (a Monza, Desio, Seregno, Lentate sul Seveso, Limbiate), Lecco (a Lecco e Calolziocorte), Brescia (a Lumezzane), Pavia (a Pavia e Voghera) e Varese (a Lonate Pozzolo).
Per la mafia è facile fare affare nel settore della ristorazione
Il settore della ristorazione, in particolare a Milano, è fra quelli più a rischio. Molti imprenditori, in difficoltà per i due anni di emergenza pandemica sono allo stremo. I locali sono rimasti chiusi durante il lockdown e poi sono scappati i turisti e gli impiegati (a causa dello smart working). In questa situazione di crisi nera molti finiscono per rivolgersi agli strozzini che propongono prestiti a tassi di usura. Un reato di non facile e immediata rilevazione a detta degli agenti della Dia, perché molti preferiscono tacere.
I ristoratori: «Soltanto uniti potremo contrastare la criminalità»
Per Matteo Scibilia, cuoco del ristorante Piazza Repubblica di Milano e dirigente di Fipe-Confcommercio, il problema delle infiltrazioni mafiose nei locali meneghini è risaputo. Nei grandi centri urbani viene convogliato un grande flusso di investimenti e non sempre quei soldi sono "puliti". «Le attività di ristorazione fanno gola sotto molti aspetti alla malavita - ha spiegato - Oggi è difficile trovare tanti soldi da investire per la propria attività. Così spesso ci si rivolge alle persone o ci si affida ai fornitori sbagliati». Per Scibilia, l'unica possibilità che hanno gli esercenti e i ristoratori per difendersi dalla piaga delle infiltrazioni mafiose è di fare numero, creando un tessuto sociale in grado di respingere le infiltrazioni mafiosi e diffondendo anche la cultura della legalità. «Il 20 aprile Confcommercio organizza la Giornata della Legalità - ha ripreso Scibilia - L'occasione servirà per fare il punto sulla situazione e trovare efficaci contromisure».
Confesercenti: «Bisogna semplificare l'accesso al credito bancario»
Per Claudio Cremonesi, direttore di Confesercenti Milano, il problema delle infiltrazioni mafiose nel territorio di una metropoli come quella meneghina è purtroppo annoso. «Da tempo le piccole imprese hanno difficoltà ad accedere al credito bancario - ha premesso - Di conseguenza provano altre strade. Si affidano ai parenti, agli amici, ai conoscenti e spesso finiscono per finire nelle mani delle associazioni criminali. Per questo chiediamo che vengano semplificate le procedure di accesso al credito bancario. Posso capire le difficoltà burocratiche legate alle grandi pratiche di credito, ma quelle di piccola entità andrebbero facilitate e sbrigate più velocemente».
Anche Apci, l'Associazione professionale cuochi italiani, consiglia ai ristoratori di rivolgersi alle associazioni. «La crisi di liquidità del comparto è un dato di fatto - ha premesso Sonia Re direttore generale di Apci - Le aziende in questo momento sono estremamente fragili. Per questo offriamo supporto e accompagnamento, anche nell'indirizzarli verso fornitori sicuri. Noi diciamo loro sempre queste parole: "Fateci sapere come vi possiamo aiutare, e noi lo faremo". Nel frattempo la nostra associazione sta facendo leva per chiedere alle istituzioni, come la Regione, fondi, e aiuti per snellire, ad esempio le procedure burocratiche per l'accesso a finanziamenti pubblici»
L'accordo tra Dna, Dia e Confindustria Alberghi
Nel frattempo le istituzioni e le Forze dell'ordine stanno provando a reagire. Dia, Dna (Direzione nazionale antimafia) e Confindustria Alberghi hanno siglato un protocollo d'intesa per la tutela del settore alberghiero da rischio di infiltrazioni. In cosa consiste? Nella costituzione di un tavolo permanente per il monitoraggio dei fenomeni e la definizione degli ambiti operativi attraverso la strutturazione di un modello di raccolta e trasmissione di dati relativi ai rapporti economici in essere. Tutto con l'obiettivo di tutelare le imprese, gli operatori economici e il regolare svolgimento delle dinamiche imprenditoriali.
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Alberto Lupini
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