Piste da sci, è di nuovo polemica fra Legambiente e gestori per la neve programmata

Il 90% delle piste in Italia, tra Alpi e Appennini, prevede l'utilizzo di innevamento programmato. Scoppia nuovamente uno scontro tra l'associazione ambientalista e Anef, l'Associazione degli imprenditori funiviari

07 marzo 2023 | 13:48
di Nicholas Reitano

Scoppia di nuovo la polemica che da anni si trascina tra Legambiente e Anef, l'Associazione degli imprenditori funiviari sui pretesi danni ambientali che sarebbero causati dalla neve programmata delle piste da sci. E stavolta si aggiunge anche un caso "diplomatico". Dopo il convegno “Nevediversa – Il turismo invernale ai tempi della transizione ecologica”, organizzato dall'associazione ambientalista a Torino, che ha visto proprio la presidente di Anef Valeria Ghezzi come relatrice all'evento, Legambiente ha infatti diramato un comunicato allarmistico nel quale si segnale che il 90% delle piste italiane vengono innevate "artificialmente". Una presa di posizione assolutamente "polemica" nei confronti dei gestori degli impianti, le cui posizioni non sono riportate nel comunicato, che prontamente hanno replicato parlando di argomentazioni fuorvianti. «Ero lì. Ora mi domando perché debba vedere un comunicato asettico, autoreferenziale e falso», ha duramente commentato a Italia a Tavola la presidente di Anef, Valeria Ghezzi.

I dati forniti da Legambiente

Ma veniamo all'oggetto del contendere. Partiamo dal punto di vista degli organizzatori del convegno, quindi di Legambiente, secondo i quali la neve, a causa dei cambiamenti climatici continua a scarseggiare su Alpi e Appennini, con la conseguenza per l'Italia di aumentare l'innevamento programmato, attraverso l'utilizzo di acqua, per frenare gli impatti negativi sul turismo invernale. Una pratica non sostenibile e cara, sperperando anche soldi pubblici. Il Bel Paese, si legge nel dossier, stando alle ultime stime disponibili e come già riportato poc'anzi, è tra i Paesi alpini più dipendenti dalla neve artificiale con il 90% di piste innevate artificialmente, seguita da Austria (70%), Svizzera (50%) e Francia (39%). La percentuale più bassa è in Germania, con il 25%.

Sono 142 gli impianti sciistici che utilizzano l'innevamento programmato

Ed sarebbe preoccupante - per Legambiente -  il numero di bacini idrici artificiali presenti in montagna in prossimità dei comprensori sciistici italiani e utilizzati principalmente per l'innevamento programmato: sono ben 142 quelli mappati nella Penisola per la prima volta da Legambiente attraverso l'utilizzo di immagini satellitari per una superficie totale pari a circa 1.037.377 metri quadrati. Il Trentino Alto Adige detiene il primato con 59 invasi, seguito da Lombardia con 17 invasi e dal Piemonte con 16 bacini. Nel centro Italia, l'Abruzzo è quello che ne conta di più, quattro. In parallelo, nella Penisola nel 2023 aumentano sia gli impianti dismessi, toccando quota 249, sia quelli temporaneamente chiusi - sono 138 - sia quelli sottoposti a accanimento terapeutico, ossia quelli che sopravvivono con forti iniezioni di denaro pubblico, e che nel 2023 arrivano a quota 181.

 

Una pratica non sostenibile per l'associazione ambientalista

Il sistema di innevamento programmato non sarebbe una pratica sostenibile e di adattamento, dato che «comporta consistenti consumi di acqua, energia e suolo in territori di grande pregio. In particolare, l'associazione ha fatto la seguente stima: considerando che in Italia il 90% delle piste è dotato di impianti di innevamento artificiale il consumo annuo di acqua già ora potrebbe raggiungere 96.840.000 metri cubi, che corrispondono al consumo idrico annuo di circa una città da un milione di abitanti», scrivono i vertici di Legambiente. L'innevamento artificiale, inoltre, richiede sempre maggiori investimenti per nuove tecnologie ed enormi oneri a carico della pubblica amministrazione. Senza contare che il costo della produzione di neve artificiale sta anche lievitando, passando dai 2 euro circa a metro cubo del 2021-2022, ai 3-7 euro al metro cubo nella stagione 2022-2023.

Secca la risposta di Anef

Argomentazioni respinte però in toto da Anef. «I gestori degli impianti a fune sono consapevoli di operare in ambienti delicati e sono i primi ad avere a cuore la tutela della montagna - ha spiegato Valeria Ghezzi - Per noi, e per le intere comunità che contribuiamo a sostenere, le ‘Terre alte’ sono patrimonio e prodotto, siamo quindi ben disposti a dialogare con chiunque voglia collaborare costruttivamente. Perché si costruisca bisogna però partire da dati di realtà. Sentiamo spesso, per esempio, parlare in termini negativi della neve tecnica, quando questa non è composta che di sole acqua ed aria, senza nessun additivo. Acqua che viene semplicemente presa in prestito in autunno per essere naturalmente rilasciata nell’ambiente in primavera».

Ghezzi: «I sistemi di innevamento funzionano con energia elettrica»

E poi: «Ci si preoccupa per le elevate emissioni quando impianti e sistemi di innevamento funzionano con energia elettrica per la maggior parte ricavata da fonti rinnovabili. È bene poi sapere che la stragrande maggioranza delle emissioni collegate a una giornata di sci sono legate agli spostamenti dalle città, sostanzialmente uguali se poi in montagna si scia o si va a fare una ciaspolata. Per gli impiantisti è vitale lavorare in un’ottica di sostenibilità: ambientale, sociale ed economica - ha continuato la presidente Valeria Ghezzi. Solo coniugando questi tre aspetti è possibile mantenere un equilibrio tra la tutela dei territori e la tutela delle comunità che vivono in montagna».

Bisogna essere consci del proprio impatto sull'ambiente

Il primo passo per arrivare a minimizzare emissioni e consumi e quindi costruire imprese sostenibili, spiega l'associazione in un comunicato, è essere consci del proprio impatto sull’ambiente. Le certificazioni ambientali che sempre più località turistiche stanno ottenendo portano a prendere coscienza di quanto si consuma, di quanto si inquina e di cosa bisogna fare per migliorarsi. Per l’innevamento, spiega Anef, si sfruttano le finestre di freddo intenso, ovvero con temperature vari gradi sotto lo zero e umidità bassa, in questo modo si “produce neve” con la massima resa. A tal fine è necessario un impianto moderno (completamente digitalizzato), potente, e disponibilità d’acqua, così in 3/4 giorni si può creare buona parte della neve che servirà per tutta la stagione. In più il monitoraggio della quantità reale di neve al suolo permette di evitare sprechi e di produrre neve dove realmente serve.

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Alberto Lupini


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