I veneziani forse ci avranno fatto l'abitudine. Un po' dappertutto, qua e là per il mondo, sono sorte copie, con canali e gondole costruiti ad hoc per provare a ricreare il fascino senza tempo della città lagunare. Difficile farne una colpa a qualcuno, Venezia è un luogo unico ed è facile comprendere i motivi per cui si provi a copiarla. Difficile anche arrabbiarsi, in fondo, per casi come questo, si tratta più che altro di un attestato di stima.
Il discorso però cambia quando l'Italia e le sue eccellenze diventano oggetto di copie che mettono a rischio le denominazioni enogastronomiche del made in Italy. Un fenomeno che colpisce in maniera pesante il Belpaese e che ha un nome: Italian sounding. Un mercato che vale 120 miliardi e che non risparmia nessuno, dai formaggi ai salumi, passando per il vino. Il problema dei fake non riguarda però soltanto il cibo, ma anche marchi noti della ristorazione italiana. L'ultimo, in ordine temporale, è lo storico Caffè Florian, di cui esiste una succursale (non autorizzata) a Singapore.
Serve lavorare sulla tutela dei marchi, anche quelli di bar e ristoranti.
Lo storico Caffè Florian copiato a Singapore
Il Caffè Florian è un'istituzione di Venezia. Si tratta infatti del più antico caffè del mondo, aperto nel 1720 e che da allora ha visto avvicendarsi nei suoi locali personaggi storici, da Casanova a Goldoni, da Hemingway a D'Annunzio. Sorge nel cuore della città lagunare, sotto i portici delle Procuratie Nuove di piazza San Marco. Insomma, un vero e proprio simbolo e un sinonimo di eccellenza, al punto che c'è chi ha pensato di prenderne in prestito il nome.
Di cosa stiamo parlando? A migliaia di chilometri da piazza San Marco sorge un altro Florian. Si trova in Seah Street a Singapore. Nella sua descrizione parla di "portare l'ethos della Serenissima nel cuore di Singapore" e definisce il menu "di vera ispirazione alla cucina veneziana". E così in carta non possono mancare, tra le altre cose, i cicchetti. Tutto bene, tutto bello, peccato che tra il Caffè Florian e il Florian di Singapore non vi sia alcun legame e si tratti, di fatto, di una copia non autorizzata.
La questione poi non si limita, nel caso del Florian, alla sola Singapore. Come racconta su Facebook Andrea Casadei, manager del turismo di AlmaViva, anche in Olanda e in Austria esistono dei Florian che, per loro stessa ammissione, si ispirano al Florian originale. «Siamo sottoposti settimanalmente a plagi e tentativi di imitazione», ha confermato alla Nuova Venezia la responsabile marketing del Caffè Florian Cristina Rivolta.
Ci sorge quindi spontanea una domanda: basta parlare di "ispirazione" per andare oltre all'accusa di imitazione non autorizzata? Noi diciamo di no.
Ristoranti italiani "tarocchi" all'estero: non è una novità
Come dicevamo, il caso del Florian non è di certo una novità. Il tema è dibattuto da tempo. Basti pensare che la Fipe, la Federazione italiana dei pubblici esercizi, tre anni fa diceva, per bocca del vicepresidente Aldo Cursano, che si era di fronte a «un attacco in piena regola al mondo della ristorazione che va fermato sul nascere. E per questo è necessario un lavoro di squadra».
All'epoca fece discutere un caso ancora più eclatante di quello del Florian. In Corea del Sud avevano aperto un locale chiamandolo Pasticceria Giorgio, uguale in tutto e per tutto alla storica pasticceria di Firenze. Una clonazione in piena regola, chiaramente senza avere avuto alcuna autorizzazione.
Italian sounding, un problema da 120 miliardi
Insomma, il problema dell'italian sounding non riguarda soltanto il cibo, appare evidente. Non per questo però l'attacco costante alle eccellenze dell'agroalimentare italiano deve passare in secondo piano. I numeri, in questo senso, sono eclatanti: il valore del falso made in Italy è stimato in 120 miliardi di euro. In testa alla classifica dei prodotti più taroccati secondo la Coldiretti ci sono i formaggi a partire dal Parmigiano Reggiano e dal Grana Padano con la produzione delle copie che ha superato quella degli originali, dal parmesao brasiliano al reggianito argentino fino al parmesan diffuso in tuti i continenti. Tra i salumi sono clonati i più prestigiosi, dal Parma al San Daniele, ma anche la mortadella Bologna o il salame cacciatore e gli extravergine di oliva o le conserve come il pomodoro San Marzano. Discorso identico anche per il vino. Tra i maggiori taroccatori del made in Italy ci sono paradossalmente i paesi ricchi, a partire proprio dagli Stati Uniti dove si stima che il valore dell’italiano sounding abbia raggiunto i 40 miliardi di euro.
Serve tutelare i marchi di bar e ristoranti
Il quadro complessivo, in conclusione, appare più che mai critico. Sul tema dell'italian sounding e della tutela del made in Italy il dibattito è acceso e vivo. Il caso del Florian riporta però in auge una fetta del mercato fake spesso passata in secondo piano. Urgono soluzioni e serve lavorare sulla tutela dei marchi: non soltanto quelli legati al cibo, ma anche quelli di bar e ristoranti storici che, così come per le denominazioni, rappresentano l'eccellenza italiana nel cibo.
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Alberto Lupini
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