In Italia sempre più fast food. Non eravamo la patria della dieta mediterranea?

Kfc di recente ha annunciato l'apertura dei punto vendita numero 70 in Italia, e in cinque anni punta ai 200 negozi. McDonald's viaggia verso i 700: ma siamo la patria della dieta mediterranea solo per convenienza? Perché ci ricordiamo (a parole) di abitudini sane solo quando si tratta di denigrare preventivamente il novel food?

22 agosto 2023 | 15:14
di Alessandro Creta

È notizia recente l’apertura del punto vendita numero 70, in Italia, di una delle catene di fast food più note a livello internazionale. Il KFC, famoso per proporre ai clienti quasi esclusivamente pollo fritto, si appresta a raggiungere velocemente quota 100, con l’obiettivo fissato (e già annunciato tempo fa) di tagliare il traguardo dei 200 negozi nel giro di 5 anni. 

Numeri da capogiro, che testimoniano anche l’elevata richiesta da parte del mercato italiano verso questo tipo di ristorazione. Un tipo di ristorazione veloce, famigliare, economica e di quantità: concetti che una quota sempre maggiore di persone ricerca per un pasto fuori casa, magari in compagnia. 

Quanti sono i negozi di fast food in Italia? Solo McDonald's va verso i 700

Estendendo lo sguardo ad altre catene di fast food, le più note sicuramente McDonald’s e Burger King, i numeri sono ancor più importanti. Il primo solo nel nostro Paese può vantare quasi 650 punti vendita, il secondo invece viaggia verso i 200 negozi. Praticamente ogni grande città d’Italia, ma anche nelle medio piccole, oggi c’è almeno un fast food, con una crescita esponenziale registrata negli ultimi anni.

Sempre più punti vendita, sempre più clienti, sempre più giro di denaro per un flusso che pare inarrestabile. Tutto è collegato, ogni aspetto dipende dal precedente ma anche dal successivo: a tanta richiesta corrisponde altrettanta offerta, che a sua volta genera sempre più clientela e flussi di persone. A questo punto però una domanda ci sorge spontanea: perché tanti consumatori ci tengono a difendere così orgogliosamente la dieta mediterranea, quando poi fuori di casa si va sempre di più al fast food? Perché ergersi a paladini di una buona e corretta alimentazione, se una volta spento il pc e pubblicata quell’invettiva contro il novel food, ci si ritrova a mangiare panini di dubbia qualità e ricchi di grassi? Un'abitudine, questa, condivisa da circa 600.000 italiani che ogni giorno consumano almeno un pasto nei fast food. 

Novel food? Meglio la dieta mediterranea, ma solo a parole

Facciamo chiarezza: negli ultimi mesi di fronte a nuove e innovative possibilità alimentari in tanti si sono elevati a strenui difensori della dieta mediterranea e alla tradizione gastronomica di casa nostra. No preventivo ad alimenti derivati dagli insetti (lievitati, snack, pasta e quant’altro), blocco totale alla carne coltivata, difesa a oltranza dei cibi di qualità, meglio se locali, all’insegna della cultura cibaria di cui siamo così gelosi. E di base come ragionamento ci sarebbe pure: il cibo di qualità, di cui si conoscono produttore e provenienza, è il primo step per una buona salute e stato fisico. Il castello viene giù però nel momento in cui alle belle parole non seguono altrettanto bei fatti.

Dati alla mano, infatti, ci accorgiamo come solo una piccola percentuale della popolazione italiana segua effettivamente la dieta mediterranea: secondo i dati del CREA (pubblicati sulla rivista scientifica Frontiers in Nutrition) appena il 13% della popolazione italiana confessa di avere un'alta aderenza alla dieta mediterranea, mentre il 30% dimostra, invece, di non rispettare quello che è stato considerato lo stile alimentare tra i più sani del mondo. 

Dieta Mediterranea: solo il 13% degli italiani la segue

Eppure la stragrande maggioranza dei consumatori, ben più di un misero 13%, si appella alla dieta mediterranea quando si tratta di osteggiare e respingere preventivamente nuove possibilità alimentari, di cibi che dall’estero potrebbero arrivare anche sulle nostre tavole. In molti casi il cosiddetto novel food. 

Perché? Che senso ha appellarsi a qualcosa in cui, evidentemente e dati alla mano, nemmeno si crede? Perché tanti (basta scorrere le discussioni sui social, leggere i commenti di pseudo difensori dell’italianità a tavola) si riempiono la bocca con tante belle parole, con l’elogio incondizionato agli alimenti della nostra tradizione (pasta e pomodoro i più citati, senza nemmeno sapere magari come entrambi siano stati importati secoli fa) se poi i ristoranti sono sempre più vuoti e i fast food sempre più pieni? Ci sembra un ragionamento incoerente e poco sensato: dirsi preventivamente contrari al novel food, elogiare i prodotti della tradizione, difendere la dieta mediterranea e poi, però, ritrovarsi in un fast food a trangugiare hamburger da 2 euro, patatine dall’elevato contenuto di sale e bibite zuccherate? Perché quindi pensiamo alla dieta mediterranea solo quando si tratta di denigrare le nuove possibilità alimentari (necessarie, data una popolazione mondiale in costante crescita), ma poi a tavola mangiamo cibi super elaborati, ad alto contenuto di grassi, zuccheri, e in buona parte dei casi di provenienza ignota? 

Ci sembra quindi solo una questione di comodità, di opportunismo e, permettetecelo, anche di scarsa capacità di visione d’insieme. Se almeno buona parte di coloro che a parole difendono la dieta mediterranea effettivamente la seguissero, allora con tutta probabilità i fast food non sarebbero pieni, non si diffonderebbero con tale velocità su tutto il territorio nazionale e, probabilmente, un sacco di patologie derivate dalla cattiva alimentazione (in Italia le diete malsane colpiscono 3 milioni persone) sarebbero contrastate sul nascere. Riempirsi la bocca di tante belle parole, di italianità e tradizione, e contemporaneamente anche di patatine fritte e carne di scarsa fattura è un controsenso, una contraddizione in termini. Maggiore coerenza, maggiore consapevolezza in ambito alimentare, meno chiacchiere da bar di convenienza e sentito dire. 

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Alberto Lupini


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