Manca ormai poco. Meno di tre settimane per scoprire se la Michelin riserverà qualche sorpresa di quelle grosse per l’alta ristorazione italiana. Si avvicina a grandi passi la data fatidica: il 14 novembre verrà svelata la nuova guida, edizione 2024. Il libricino più atteso da chef e ristoratori. La guida, a detta degli stessi interessati, realmente influente e capace di smuovere i flussi di clientela. Comprensibile quindi l’ormai consueto fermento per scoprire chi tra le new entry (da quest’anno presentate gradualmente, con annunci mensili dalla scorsa estate in avanti, in attesa degli ultimi di novembre) si è aggiudicato la menzione, chi ha conquistato la stella, chi da una è passato a due, e chi da due ha ottenuto i tre macarones, entrando di fatto nel gotha della ristorazione italiana e internazionale. Allo stesso modo l’attesa di alcuni è accompagnata anche dal “timore” di altri: di ristoranti già stellati (mono, bi o tri) che attendono l’eventuale conferma, un upgrade ma anche un’eventuale ‘bocciatura’ da parte della Rossa.
Come ogni anno nel periodo immediatamente precedente la presentazione della nuova guida parte il “toto-stella”, con pronostici sulle decisioni della Michelin che, a dimostrazione di come non sia semplice “intercettare” i giudizi della guida, nella maggior parte dei casi vengono puntualmente smentiti. Specialmente quelli inerenti a possibili nuovi ristoranti insigniti del massimo riconoscimento.
Guida Michelin, ci sarà un nuovo tre stelle? C’è un “buco” da coprire...
Per quanto riguarda i pronostici si parte, ovviamente, dai tre stelle. L’ultimo a essere entrato nel novero dei pochi eletti dalla guida francese è stato, lo scorso anno, Antonino Cannavacciuolo con il suo Villa Crespi, capace di unirsi a un ristretto gruppo di colleghi che condividono lo stesso riconoscimento.
Oggi infatti possono vantare il massimo giudizio della Rossa altri 10 ristoranti: Osteria Francescana (chef Massimo Bottura), la Pergola (Heinz Beck), Da Vittorio (dei fratelli Cerea), Piazza Duomo (Enrico Crippa), il ristorante Bartolini (Enrico Bartolini, lo chef con più stelle nei suoi vari ristoranti), Enoteca Pinchiorri (Riccardo Monco), Uliassi (Mauro Uliassi), Reale (Niko Romito), Le Calandre (Massimiliano Alajmo) e Dal Pescatore (Nadia e Giovanni Santini). Sicuramente l’Italia perderà un tre stelle, considerando come a inizio anno abbia chiuso il St. Hubertus, ristorante guidato da Robert Niederkofler all’interno dell’hotel Rosa Alpina di San Cassiano (BZ) attualmente in ristrutturazione. Il dubbio insomma sorge spontaneo: considerando questo -1 la Michelin deciderà di promuovere uno degli attuali 38 due stelle in giro per l’Italia?
Recuperare un tristellato in caso di chiusura di un altro non è certamente qualcosa di automatico, ma da anni si parla di upgrade, attesi dalla maggior parte degli addetti al settore, da parte del ristorante Il Pagliaccio di Anthony Genovese (Roma), così come de La Madia di Pino Cuttaia (Licata, Agrigento) o del Duomo di Ciccio Sultano (Ragusa). Che sia la volta buona per uno (o più) di loro?
Ogni anno sembrano essere sempre loro i principali candidati all’upgrade, con i siciliani in pole position considerando come al Sud, per quanto ovviamente i giudizi non siano guidati da motivazioni geografiche, manchi un tre stelle (pensare come in Italia quello situato più al meridione sia il Reale di Romito, in provincia de L’Aquila), mentre ben sei locali insigniti dei tre macarones sono invece sparsi al nord.
Secondo gli addetti al settore i più “papabili” nel caso in cui ci fosse un nuovo tristellato sono quelli sopra citati, mentre tra gli “underdog” attenzione al Seta by Antonio Guida di Milano, il San Domenico di Imola o il Ristorante Piccolo Principe dell’Hotel Principe di Piemonte a Viareggio. Prima di Villa Crespi di Cannavacciuolo fu Bartolini a portare, per la guida del 2020, un nuovo tre stelle in Italia, mentre nel 2019 stessa sorte toccò a Mauro Uliassi a Senigallia. Pronostici a parte non è detto, comunque, che ci sarà necessariamente un nuovo tre stelle.
Da 0 a due stelle: Niederkofler ci riesce? Il precedente fa “sperare”
Che ci sia qualche sorpresa anche per quanto riguarda i due stelle? Fermo restando come anche in questo caso non siano scontati nuovi ingressi, statisticamente è sicuramente più probabile rispetto a un nuovo tristellato vista la quantità di locali insigniti di un singolo macaron. In passato però è accaduto che un indirizzo sia passato da 0 direttamente a 2 stelle.
Il caso più recente è quello de I Tre Olivi, del Savoy Beach Hotel a Paestum (in Cilento), dove lo chef Giovanni Solofra è stato capace, dopo appena 9 mesi dall’apertura, di entrare a gamba tesa nella guida del 2022. Che una sorte analoga possa toccare, per esempio, al nuovo ristorante guidato da Niederkofler, fresco di “separazione” dal suo tre stelle? L’Atelier Moessmer a Brunico ha aperto lo scorso luglio conquistandosi in poche settimane già l’ingresso nella nuova guida (e quindi chissà se sarà “solo” segnalazione, una stella o direttamente due). Sempre rimanendo in tema bistellati, magari può essere l’anno buono per Cracco in Galleria a Milano. Da almeno un paio di anni si rincorrono rumors a tema, sbugiardati però puntualmente dalla pubblicazione della guida. Idem per quanto riguarda anche il Lido84 dello chef Riccardo Camanini. Più complicato pronosticare i monostella, ma si attende la nomina di Innocenti Evasioni a Milano (già stellato prima della chiusura nel 2022) dopo il cambio di indirizzo operato qualche mese fa.
Guida Michelin, a quando le pizzerie?
Discorso che periodicamente torna d’attualità a margine di ogni presentazione della guida è quello riferito alle pizzerie. Non saranno maturi i tempi di inserire anche questo tipo di locali all’interno della Rossa? Perché ancora si temporeggia in questo senso, non “degnando” della giusta attenzione un settore in continua e perenne crescita? Non è ora di un riconoscimento autorevole e internazionale come la stella o un suo analogo, magari creato ad hoc come fatto per gli hotel?
Il caso di Jay Fai a Bangkok porta acqua al mulino: tra le strade della città asiatica è nel 2018 stato premiato con la stella un locale di street food. Pochi posti a sedere, file oggi anche di un’ora per assaggiare il cibo da strada qui preparato. Non si parla ovviamente di fine dining, di cucina gourmet, si parla di cibo da strada fatto per bene e, secondo gli ispettori, degno di una deviazione sul percorso. In Italia specialmente oggi le pizze, o perlomeno le pizze di alcuni indirizzi (non sono molti in realtà) hanno raggiunto uno status, una riconoscibilità e un’autorevolezza quasi da ristorante di fine dining.
È il caso di Francesco Martucci a Caserta, di Franco Pepe nel borgo di Caiazzo (in provincia di Caserta), di Simone Padoan a Verona con i suoi I Tigli, se vogliamo anche di Lello Ravagnan a Mestre o Simone Mercuro a Roma. Tutti capaci di portare la pizza verso orizzonti (e traguardi) inimmaginabili e forse anche inimmaginati (se non dagli stessi pizzaioli) solo fino a qualche anno fa.
Lievitazioni più o meno lunghe, continua ricerca, innovazione, farine di qualità, materie prime d’eccellenza, lavorate spesso anche cucinate, come verrebbero trattate in un locale di alta ristorazione. Sistemate su un impasto che spesso è base di autentiche ricette d’autore. La domanda quindi sorge spontanea: non sarà il momento che i francesi diano la giusta importanza anche alle pizze?
Guida Michelin: perché non motivare i declassamenti?
Chiudiamo le considerazioni con un ultimo pensiero, un vero e proprio appello. Per una questione di trasparenza, e di correttezza soprattutto, perché la Michelin non comunica a chi viene declassato le motivazioni di tale decisione? Se è vero che l’assegnazione di una o più stelle sia in grado di cambiare le sorti di un ristorante, anche per una questione di puro prestigio, è altrettanto vero che un eventuale downgrade sia sicuramente un danno, prima di tutto d’immagine, per il locale. Lo scorso anno un ristorante (non ne faremo il nome) venne declassato mentre si aspettava addirittura una stella in più. Trovandosene improvvisamente e inaspettatamente una in meno, il tutto senza una singola riga di motivazione (anche privata, per carità) a motivare tale decisione. Come è corretto spiegare le ragioni per cui un ristorante è degno dell’ingresso in guida, sarebbe opportuno anche illustrarle per eventuali declassamenti. Una mail al ristorante, qualche riga a motivare la scelta, così da dare un’idea allo stesso chef e il suo staff di cosa, secondo gli ispettori, non è “andato” nell’ultimo anno. È così impensabile e assurda come ipotesi?
Michelin, cosa significano le stelle e quante se ne possono avere?
Una, due e tre stelle. Quante volte abbiamo sentito questi termini, ma sapete con esattezza cosa significano? Sono, come si intuisce, dei simboli in riferimento alla qualità di cucina di un determinato ristorante.
Più stelle si hanno, più (a giudizio degli ispettori Michelin) in queli’indirizzo si mangia bene. Lo stesso locale non può avere più di tre stelle, il massimo riconoscimento al quale tutti ambiscono sia per prestigio sia per i flussi di clientela che inevitabilmente vengono “indirizzati” da tale conferimento. La guida Michelin è nata in Francia a inizio 1900, distribuita inizialmente all’interno delle officine nazionali dotate degli pneumatici del marchio, per indicare i migliori ristoranti nei pressi o lungo le strade, percorse ancora da un numero ridotto di automobili. Nel corso del tempo, e con il diffondersi delle macchine e della gente in viaggio, è nato il bisogno di selezionare i vari ristoranti anche in base alla loro qualità (la Stella nacque nel 1926, nel 1931 vennero introdotte la seconda e la terza). La singola stella significa come quel determinato locale valga la “tappa” su un tragitto già stabilito. Le due invece indicano una meritevole “deviazione” dall’itinerario percorso, mentre un ristorante con i tre macarones vale, da solo, un intero viaggio.
Sappiamo come a essere valutata sia la cucina del ristorante, non lo chef, non la bellezza della location, la ricchezza della cantina o così via. I sistemi di valutazione degli ispettori (rigorosamente anonimi) è invece un segreto custodito gelosamente. Oltre alle stelle i ristoranti possono ottenere la segnalazione (simboleggiata da un piatto), quindi il "semplice" ingresso guida, mentre i locali con un buon rapporto qualità/prezzo vengono riconosciuti con il simbolo del Bib Gourmand (l'omino Michelin che si lecca le labbra).
Che cos'è la Stella Verde Michelin?
Da pochi anni sono state introdotte anche le Stelle Verdi, a premiare gli indirizzi che hanno fatto della buona cucina unita alla sostenibilità ambientale il loro punto di forza.
Come specifica lo stesso sito della Michelin tale riconoscimento viene conferito ai locali all'avanguardia nel campo della sostenibilità, quelli che si fanno carico delle conseguenze etiche e ambientali della loro attività e che lavorano con produttori e fornitori “sostenibili” per evitare sprechi e ridurre, o meglio ancora azzerare, la plastica e altri materiali non riciclabili dalla loro filiera. Qualsiasi ristorante della Guida è idoneo, sia esso segnalato, un Bib Gourmand o una stella.
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Alberto Lupini
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