Concessioni balneari, che pasticcio! In gioco c’è un comparto strategico per il nostro turismo

Resta il nodo degli indennizzi per chi dovesse perdere una concessione su cui ha fatto investimenti per edificare. Coinvolte 30mila aziende, fra chi gestisce uno stabilimento e chi ha concessioni legate ad altre attività

31 maggio 2022 | 18:38
di Alberto Lupini

«Qualora il centrodestra vincesse - come ci auguriamo - le elezioni nel 2023, ci impegniamo solennemente a modificare la norma approvata dal Senato». Per chi sperava che l’accordo raggiunto sulla questione dei balneari potesse avere una qualche credibilità, è bastato leggere le dichiarazioni del senatore Massimo Mallegni per capire che ancora una volta in Italia le leggi sono fatte per essere ignorate, o al più ribaltate.

E in questo caso come non dare torto al parlamentare pasdaran di bagnini e gestori di baretti e ombrelloni? La parte del decreto concorrenza che riguarda gli stabilimenti balneari è un classico esempio di un bizantinismo formale che nasconde la scelta di non decidere…

Il vero obiettivo del Governo è non perdere i fondi europei del Pnrr

Anche se la normativa europea (la direttiva Bolkestein) fissa precise regole, l’Italia fa solo finta al momento di accettarle per non perdere i 200 miliardi del Pnrr che richiede alcune riforme base, fra cui quelle sull’uso di beni pubblici (quali appunto sono appunto le aree demaniali che comprendono anche le spiagge). In effetti non c’è niente di chiaro e di definitivo nel compromesso imposto da Draghi.

Resta il nodo degli indennizzi per chi dovesse perdere la concessione

In primo luogo, fino alla fine dell’anno, se va bene, non sapremo come sarà sciolto il nodo centrale degli indennizzi per chi dovesse perdere all’asta la concessione di un tratto di litorale su cui ha magari edificato piscina, discoteca e ristorante… Il punto è come valutare questi beni. Sulla base dei dati di bilancio (investimenti fatti, ammortamenti e rincassi) o sulla base di perizie di stima? La differenza non è di poco conto perché molte di queste attività hanno magari operato (nella più completa tolleranza delle istituzioni) in nero. E in ogni caso quale sarà la percentuale di rimborso di questi beni? Parliamo di un diritto inalienabile il cui valore sarà forse risolto solo dai decreti attuativi da emanare entro la fine dell’anno, dopo che i partiti hanno deciso di non decidere.

 

Una tipica sanatoria all’italiana...

Non dimentichiamo infatti che per vincere le resistenze della Lega era stata decisiva l’ultima stesura del testo, oltre ad allungare di un anno la vita alle aziende balneari sulla base delle attuali concessioni (che allo Stato non rendono nulla), ed era stata rinviata ai ricordati decreti delegati la discussione sulle modalità di calcolo degli indennizzi per i concessionari uscenti. In più, aspetto quasi scivolato nel dimenticatoio, era stato tolto il riferimento al codice della navigazione che prevede la revoca delle concessioni, senza indennizzo, a chi ha compiuto abusi. Un modo tutto italiano per fare una sanatoria ed applicare una sorta di condono edilizio gratuito per chi ha edificato senza autorizzazioni su queste spiagge.

Sta di fatto che almeno una pezza è stata messa, ma non è certo coi dubbi o con la speranza che possa vincere un partito “amico” alle prossime elezioni politiche che si possono dare prospettive certe ad un comparto strategico per il nostro turismo. In campo ci sono 30mila aziende, fra chi gestisce solo uno stabilimento balneare e chi ha invece concessioni legate ad altre attività come hotel, villaggi, ristoranti, discoteche, bar che hanno delle spiagge ad uso dei clienti.

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Alberto Lupini


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