Cocktail analcolici in crescita: i sober bar conquisteranno l'Italia?

I sober bar, locali che servono solo cocktail analcolici, stanno guadagnando popolarità negli Usa e iniziano a far discutere anche in Italia. Mentre alcuni barman italiani vedono potenzialità nel concetto, altri dubitano della sostenibilità commerciale. Il fenomeno si inserisce nel contesto globale del movimento "sober curious" e del crescente mercato dei drink a zero alcol

15 ottobre 2024 | 05:00
di Nicole Cavazzuti

Che ci sia interesse per il no alcol è chiaro. Da un lato sono stati introdotti sul mercato prodotti impensabili solo pochi anni fa, dal gin al rum a zero gradi. Dall’altro, le carte dei cocktail bar si sono arricchite di una proposta mocktail sempre più ricca. Non basta. Un altro segnale dell’interesse per i cocktail zero alcol viene da Chicago dove il 16 gennaio si terrà la seconda edizione della prima competizione internazionale (a detta degli organizzatori) dedicata esclusivamente ai drink analcolici. Ma c’è di più: negli Usa stanno prendendo piede i sober bar, cocktail bar che servono solo analcolici pensati per chi per motivi di salute, di religione, per stile di vita o per desiderio di detox non vuole bere alcol.  E adesso anche in Italia il concept sta facendo discutere.

Sober bar, l'opinione dei barman italiani

Ai margini di Spiritosa Festiva 2024 abbiamo chiesto a diversi celebri bartender italiani di commentare l'eventualità di aprire un sober bar. Fabio Maroni, titolare di Ultimo di Varese, e Lorenzo Allegrini, brand ambassador di Molinari, osservano che il mercato si sta spostando verso una maggiore domanda di mocktail e drink analcolici, ma che un format radicalmente basato su un'unica tipologia di bevande potrebbe risultare troppo verticale e non inclusivo. «Più che locali completamente zero alcol, sarebbe preferibile semplicemente allargare l’offerta di drink analcolici», affermano.

I sober bar non piacciono a Diego Melorio, titolare a Lecce di Quanto Basta e Pezzetto, che pur riconoscendo la crescente richiesta di cocktail analcolici, soprattutto in eventi privati come i matrimoni internazionali, non aprirebbe mai un bar completamente privo di alcol. E per due ragioni. «Innanzitutto, secondo me un format troppo verticale non è sostenibile. E poi, per una questione di approccio al bar». spiega. «L'alcol, se assunto con moderazione, ha degli effetti positivi: ci rende più sciolti e predisposti alle chiacchiere, ci fa socializzare. Un bar senza alcol perde l’identità”. Sulla stessa linea il presidente Iba Giorgio Fadda che dice: «Ben vengano i sober bar, basta che esistano anche i bar tradizionali. Da sempre Aibes e Iba si impegnano nella diffusione di una cultura del bere responsabile, ma se non si esagera un po’ di alcol fa solo bene all’umore».  

Entusiasta dell’idea è invece Giorgio Chiarello, ex campione del mondo di Flair e titolare del cocktail bar stagionale Vibe a Vulcano. «Lo trovo meraviglioso. Non credo che escludere l’alcol snaturi il concetto di bar. In un cocktail apprezzo il gusto, non la capacità di stonarmi. Sta alla capacità del bartender realizzarlo in modo che il gusto non risenta della mancanza dell’alcol», spiega. Chiarello, che lavora anche a Los Angeles, racconta come durante eventi di alto profilo, anche in ambito hollywoodiano, gli angoli dedicati ai cocktail analcolici siano spesso i più frequentati. Tuttavia, ritiene che in Italia, almeno per il momento, lanciare un locale totalmente "no alcol" non sarebbe di profitto.

L’evoluzione del mercato e il fenomeno "sober curious" in Usa

La crescita del mercato delle bevande analcoliche è un fenomeno globale. Secondo un rapporto dell'Iwsr, il valore del mercato dei drink a basso o zero contenuto alcolico ha superato gli 11 miliardi di dollari nel 2022 e si prevede una crescita del 7% annuo fino al 2026 (Matrix Restaurant Consulting).

Un boom spinto dalla crescente consapevolezza dei consumatori sui danni provocati dall’eccesso di alcol, sia a livello fisico che mentale. In questo contesto è nato il movimento "sober curious", reso popolare dall’autrice Ruby Warrington, soprattutto tra i Millennials e la Gen Z, che consumano meno alcol rispetto alle generazioni precedenti. E in questo scenario nascono i sober bar, come il Sans Bar di Austin, aperto nel 2017 da Chris Marshall e attivo solo il venerdì sera dalle 18 a mezzanotte, accreditatosi negli anni come un luogo di incontro dove l’accento è posto sull’esperienza sociale e l’alcol non c’è.

Lo scenario in Gran Bretagna

I sober bar hanno preso piede anche nel Regno Unito e in Irlanda, ma molti hanno chiuso nel giro di poco. È il caso, per esempio, del pop-up Love From, a Manchester, che ha abbassato le serrande alla fine di luglio, sollevando dubbi sulla redditività commerciale del format. Mentre BrewDog titolare del dry pub Shoreditch a Londra a meno di un anno dopo l'apertura ha deciso che venderà anche alcolici.

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