Francesca Romana Barberini, mai come ora serve un restyling nella comunicazione del cibo
La conduttrice e autrice tv invita a un nuovo modo di raccontare il mondo del cibo, valorizzando ciò che davvero conta e sfruttando al meglio le nuove tecnologie . E sui trend della pandemia come delivery e take away è sicura: rimarranno solo per i piatti per cui sono sempre stati fatti come pizza, sushi e hamburger
01 febbraio 2021 | 13:00
di Vincenzo D’Antonio
Francesca Romana Barberini. Fonte: Facebook
Cara Francesca, parafraserei Gabriel Garcia Marquez e comincerei con il chiederti: cosa è la professione dell'opinion leader al tempo della pandemia?In questi momenti così complicati per tutti noi, e in particolare per il mondo dell'enogastronomia, sento ancora più la responsabilità di comunicatrice, se vuoi opinion leader. Ho sempre cercato di esprimere una comunicazione attenta sul nostro settore, e oggi, più che mai, dobbiamo raccontare con entusiasmo le tantissime storie del cibo e del vino che fanno grandi il nostro Paese.
Sono d'accordo che dobbiamo raccontare ma, lascia che mi esprima così, cambia il plot narrativo? Modifichiamo primi piani, giochi di luce e colonne sonore delle scene da raccontare?
C'è da fare un vero restyling: del resto tutti sappiamo che ogni tot anni un locale è da rinfrescare! Ci sono nuove domande e nuove esigenze dei clienti, ma anche dei ristoratori e quindi dobbiamo seguire il processo e raccontarlo con un nuovo linguaggio, valorizzando quello che vale la pena di valorizzare e tralasciando quello che non conta, o non conta più. Magari utilizzando anche nuovi linguaggi e nuove tecnologie. Abbiamo fatto un salto nel tempo, almeno dal punto di vista delle capacità di gestire la tecnologia di almeno dieci anni. Mangiamo di più in casa, abbiamo ricominciato a cucinare, abbiamo reimparato ad andare a pranzo fuori, acquistiamo vino, pane, frutta e verdura online, tanto per citare qualche nuova tendenza del mondo del food. Tutto questo va valorizzato e raccontato.
Tra i trend da te citati, prenderei questo "mangiare di più in casa" che, attenzione, non sempre vuole dire mangiare ciò che abbiamo cucinato noi a casa. Cosa ne pensi di take away e delivery? Fenomeni contingenti o destinati a durare?
Io abito in campagna e per noi non esiste delivery, se non il sugo della mia mamma, che vive davanti a me. Credo che questi servizi rimarranno sicuramente per gli alimenti/piatti per cui ci sono sempre stati: pizza, sushi, hamburger. Per il resto dei ristoranti vedo difficile un servizio "finito", cioè la consegna del piatto: molti cuochi hanno creato piatti da comporre interessanti, ma comunque non è mai come quello che mangiamo al ristorante, perché va finalizzato. Può essere divertente per un appassionato, per una serata con amici, ma quando si potrà tornare al ristorante ci torneremo e con più gusto: perché "mangiare fuori" non è solo quello che mangiamo, ma anche l'idea di dedicarci qualche ora fuori dalla normalità, di vivere l'ambiente che ci circonda.
E in termini di servizio di sala, come te lo immagini? il distanziamento, la mascherina, il menu monouso o quasi, la tecnologia per comanda e pagamenti…
Il distanziamento sarebbe stato necessario in molti casi anche prima della pandemia e sinceramente spero che venga mantenuto, nei limiti dell'economicità. Il menu su Qr code è ormai normalità anche per i miei genitori settantenni, per non parlare dei miei figli che i Qr code li generano sulla stampante di casa per mandare messaggi! Comanda e pagamenti erano tecnologici anche prima. Io mi auguro che venga data più attenzione alla materia prima e al riconoscimento del lavoro che c'è dietro ogni piatto. Una proposta gastronomica è ricerca di ingredienti, che devono essere pagati il giusto prezzo (non esiste l'olio per condire e quello per cucinare, esiste un buon olio che ti ritrovi in quello che mangi!), ma anche ricerca della giusta tecnica.
Francesca, sono le 6:40 pm e a proposito del cenare a casa… cosa porti in tavola stasera?
Gateau di patate! È uno dei miei piatti preferiti, la mia madeleine! Facile, goloso e divertente da preparare con i ragazzi: stasera lo facciamo con le patate di Leonessa (parte della mia famiglia arriva proprio da lì), la Mortadella Bologna Igp e con la Mozzarella di Bufala Campana Dop e poi scorza di limone del giardino e le uova delle nostre galline! Un privilegio, lo so! Ma anche un buon modo per sostenere i nostri meravigliosi produttori italiani! In famiglia abbiamo un'azienda agricola, so quanto sia difficile coltivare, allevare, produrre qualità. Quante variabili non vengono calcolate quando una persona acquista un prodotto. Per questo credo sia importante raccontare le storie di ogni ingrediente e la fatica, i sacrifici, le passioni…
Non sono d'accordo; sono d'accordissimo, cara Francesca. Ti saluto ma il commiato è tale se a domanda precisa mi perviene risposta precisa: e nel calice?
Un Cacchione di Nettuno della Cantina Bacco: una bella storia di un vitigno autoctono, di una zona vocata già al tempo dei romani, di un vigneto che ha resistito agli attacchi della fillossera e quindi è a “piede franco”, coltivato a due passi dal mare. Queste sono le storie che mi piace raccontare! Grazie!
Grazie a te, cara Francesca!
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Alberto Lupini