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Globalizzazione 2.0: la nuova geografia del gusto tra crisi e opportunità

La globalizzazione alimentare entra in una nuova fase: tra crisi geopolitiche, dazi e cambiamenti climatici, il cibo diventa strumento di potere e identità. L’Italia può trasformare la sfida in opportunità, puntando su filiere corte, sostenibilità e diplomazia del gusto per rafforzare il proprio ruolo nel panorama globale

di Massimo A. Giubilesi
Founder & Ceo Giubilesi & Associati, Chairman FCSI Italian Unit
16 aprile 2025 | 05:00
Globalizzazione 2.0: la nuova geografia del gusto tra crisi e opportunità
Globalizzazione 2.0: la nuova geografia del gusto tra crisi e opportunità

Globalizzazione 2.0: la nuova geografia del gusto tra crisi e opportunità

La globalizzazione alimentare entra in una nuova fase: tra crisi geopolitiche, dazi e cambiamenti climatici, il cibo diventa strumento di potere e identità. L’Italia può trasformare la sfida in opportunità, puntando su filiere corte, sostenibilità e diplomazia del gusto per rafforzare il proprio ruolo nel panorama globale

di Massimo A. Giubilesi
Founder & Ceo Giubilesi & Associati, Chairman FCSI Italian Unit
16 aprile 2025 | 05:00

Inizio con una domanda che molti professionisti del settore si stanno ponendo negli ultimi tempi: chi avrebbe mai detto che un giorno avremmo rimpianto i tempi in cui il nostro più grande problema era decidere se l’ananas sulla pizza fosse un crimine culinario o meno? Eppure, eccoci qui: in un’epoca in cui il prezzo dell’avocado potrebbe diventare tema di sicurezza nazionale e in cui seguire le tendenze gastronomiche richiede quasi una laurea in relazioni internazionali.

Globalizzazione 2.0: da opportunità a complessità

La globalizzazione alimentare degli ultimi decenni - quella che ci ha permesso di gustare sushi in Italia, pasta e gelato in Giappone e hamburger praticamente ovunque - sta vivendo una profonda trasformazione. Non è la fine della globalizzazione, ma l’inizio di una sua nuova fase: una “globalizzazione 2.0”, più complessa, frammentata e imprevedibile.

La geopolitica del cibo: tra crisi e conflitti

Mentre la pandemia ci ha insegnato quanto siano fragili la nostra “supply chain”, oggi ci troviamo di fronte ad un nuovo scacchiere geopolitico del cibo: i conflitti in Ucraina e Medio Oriente e lo scenario politico internazionale Europa-Usa-Russia-Cina, hanno poi evidenziato come il food possa diventare un'arma politica tanto potente quanto il petrolio. L'Italia, patria della Dieta Mediterranea e del Made in Italy gastronomico, si trova ora a navigare in acque decisamente agitate.

Globalizzazione 2.0: la nuova geografia del gusto tra crisi e opportunità

L'Italia, patria della Dieta Mediterranea e del Made in Italy gastronomico, si trova ora a navigare in acque decisamente agitate

Il ritorno dei dazi e il rischio per l’agroalimentare italiano

Il ritorno dei dazi doganali non è più uno spettro lontano ma una realtà con cui fare i conti. Gli Stati Uniti, sotto la nuova amministrazione Trump, hanno già imposto nuove tariffe sui prodotti europei. La minaccia colpisce direttamente il nostro export agroalimentare, che nel 2023 ha superato i 64 miliardi di euro, con una crescita del 7,9% rispetto all'anno precedente, secondo i dati Istat. Gli Usa rappresentano il terzo mercato di destinazione per il nostro food, con oltre 6,9 miliardi di euro di valore, dopo Germania (9,1 miliardi) e Francia (7,5 miliardi).

Regionalizzazione e filiera corta: nuova frontiera del gusto

Ma attenzione a non cadere nella trappola del catastrofismo: ogni cambiamento porta con sé non solo sfide ma anche opportunità. È anche questo il caso? Il fenomeno della “regionalizzazione” delle filiere alimentari potrebbe rivelarsi un'inaspettata benedizione per chi ha sempre puntato sulla qualità e l'identità territoriale. In un mondo in cui il trasporto internazionale diventa più costoso e complicato, il chilometro zero non è più solo una scelta etica ma una strategia economica vincente.

Globalizzazione 2.0: la nuova geografia del gusto tra crisi e opportunità

ll chilometro zero non è più solo una scelta etica ma una strategia economica vincente

Consumatori più consapevoli e pronti a spendere di più

Le ricerche mostrano che il consumatore post-pandemia è più attento all'origine dei prodotti e più disposto a pagare un “premium price” per cibi locali e sostenibili. Secondo un'indagine di Coldiretti/Ixè, il 72% degli italiani è disposto a spendere di più per prodotti a filiera corta, mentre il 68% verifica regolarmente l'origine degli alimenti che acquista.

Un rapporto Nielsen del 2024 conferma questa tendenza anche a livello europeo, con un incremento del 18,5% nelle vendite di prodotti a km zero negli ultimi due anni. Ironia della sorte: potremmo finalmente riscoprire il valore del nostro patrimonio gastronomico proprio grazie all'innalzamento di barriere commerciali.

Diplomazia del gusto: soft power italiano nel mondo

In un contesto di crescenti tensioni internazionali, la gastronomia può diventare un potente strumento di “soft power”, ovvero di intelligence negli scambi commerciali: la “diplomazia del gusto” non è un concetto nuovo, ma oggi assume una rilevanza particolare, forse determinante.

Globalizzazione 2.0: la nuova geografia del gusto tra crisi e opportunità

I ristoranti italiani all'estero sono vere e proprie ambasciate culturali

I ristoranti italiani all'estero sono vere e proprie ambasciate culturali. Secondo la Federazione italiana pubblici esercizi (Fipe), si contano oltre 100.000 ristoranti italiani nel mondo, di cui solo il 28% gestiti da imprenditori di origine italiana. Il valore complessivo generato dalla ristorazione italiana all'estero è stimato in 233 miliardi di euro annui, più del doppio del fatturato della ristorazione in Italia (che si attesta a circa 95 miliardi). In tempi di protezionismo crescente, questa rete potrebbe diventare un avamposto strategico per mantenere vivo l'interesse verso i nostri prodotti e la nostra cultura del cibo.

Cambiamento climatico e nuove mappe agricole

D'altronde, è più facile costruire ponti tra nazioni davanti a un buon piatto di pasta che in una fredda sala di negoziati. Come recita un vecchio detto: “a tavola non si invecchia” e, aggiungerei, “a tavola non si fa la guerra”. In più, non possiamo dimenticare il fatto che la crisi climatica sta ridisegnando la mappa dell'agricoltura globale.

TeamSystem

Secondo il report IPCC del 2023, il 40% delle terre coltivate globali sarà a rischio entro il 2050 a causa di siccità e desertificazione. In Italia, la Coldiretti stima che negli ultimi dieci anni siano andati persi 37.000 ettari di terreno agricolo, con perdite economiche quantificate in 14 miliardi di euro. Allo stesso tempo, alcune regioni del Nord Italia hanno visto allungarsi la stagione produttiva di 15-20 giorni rispetto agli anni '90. Per il settore dell'ospitalità, adattarsi a questi cambiamenti non è più una scelta etica ma una necessità economica.

Resilienza e creatività: gli ingredienti del futuro

In un settore abituato a reinventarsi continuamente, la capacità di adattamento non è mai stata così cruciale. La nuova geografia del gusto impone di ripensare menu, fornitori, prezzi e persino il concetto stesso di lusso gastronomico. Chi saprà navigare in questo mare in tempesta non sarà necessariamente il più grande o il più ricco, ma il più resiliente e creativo e, come in cucina, a volte sono le limitazioni a stimolare le idee migliori.

Dopotutto, se i nostri antenati hanno creato capolavori gastronomici in tempi di guerra e carestia, cosa potremo inventare noi con tutti gli strumenti e le conoscenze a nostra disposizione? La sfida è lanciata. E, ammettiamolo, in fondo a noi italiani le sfide sono sempre piaciute ed hanno evidenziato il meglio della nostra creatività. Soprattutto quando c'è di mezzo il cibo.

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