Parametri, percezioni e segreti: dalla zolla di terra ai vinaccioli fino al chicco, per giudicare una grande annata. La lezione di Giancarlo Soverchia è semplice ma articolata, tecnica ma percepibile fino in fondo.
L' enologo Giancarlo Soverchia e Stefano Bruscia titolare della cantina Bruscia
Nell'azienda Bruscia di San Costanzo, sulle colline di Fano nelle Marche, si coltivano decine di vecchi vitigni che raccontano una vendemmia differente, filare per filare, vitigno per vitigno. Anche qui, molteplici sono le componenti che determinano il grande vino e il grande calice. Il famoso enologo spiega che, in assenza di acqua, ci sarà una riduzione delle produzioni; siamo a fine luglio e lo stress idrico può essere sostenuto dalla pianta per almeno 15-20 giorni nei terreni argillosi, meno in quelli sabbiosi. «Ma a noi non interessa la quantità, ma la finezza degli aromi.»
Prosegue Soverchia: «La differenza la fanno i vitigni precoci e tardivi. Tra i precoci troviamo lo Chardonnay e soprattutto l'Incrocio Bruni, che ho riscoperto e reimpiantato in tante belle zone delle Marche a grande vocazione. «Tra i tardivi ci sono i Trebbiani, quindi il Bianchello e il Montepulciano. E già da noi, il Sangiovese è quasi pronto alla raccolta, con una freschezza e uno spessore di componente altissima.
«E comunque, la prudenza non è mai troppa, perché di vendemmie ne abbiamo viste tante e molti aspetti vanno curati quasi quotidianamente. È importante comprendere scientificamente perché in certi territori, alcuni vitigni danno il meglio di sé, dimostrando che ciò è un blasone di biodiversità ed un onore verso una territorialità e una fierezza del panorama enologico italiano.»
Il Famoso, l'Incrocio Bruni, la Garofanata e altri sconosciuti vitigni, grazie a Soverchia, sono diventati sensorialmente e autenticamente grandissimi.
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