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Senza una nuova fiscalità per bar e ristoranti diventeremo il Paese del fast food

Serve dare valore a un lavoro che rappresenta un punto di riferimento fondamentale per la socialità in Italia. Per farlo è necessaria una fiscalità in grado di compensare economicamente la rinuncia che certi lavori comportano

di Aldo Mario Cursano
Vice Presidente Vicario Fipe
 
07 maggio 2024 | 09:11

Senza una nuova fiscalità per bar e ristoranti diventeremo il Paese del fast food

Serve dare valore a un lavoro che rappresenta un punto di riferimento fondamentale per la socialità in Italia. Per farlo è necessaria una fiscalità in grado di compensare economicamente la rinuncia che certi lavori comportano

di Aldo Mario Cursano
Vice Presidente Vicario Fipe
07 maggio 2024 | 09:11
 

Quello che stiamo attraversando è un momento delicato per molte ragioni, tra cui il rinnovo del Contratto nazionale. La sensazione a volte è che un tema come quello dei contratti sia Novecentesco, che sia sempre più lontano dalle esigenze che la modernità impone in questo burrascoso secolo dove un segnale incoraggiante è sempre accompagnato da difficoltà inaudite.

 Senza una nuova fiscalità per bar e ristoranti diventeremo il Paese del fast food

Senza una nuova fiscalità per bar e ristoranti diventeremo il Paese del fast food

Di certo, in un quadro come questo, il ruolo dello Stato è più che mai decisivo. Dovrebbe essere anche suo l'impegno per attuare incentivanti e mirati interventi sul cuneo fiscale, sulla detassazione degli aumenti salariali, incoraggiando lo sviluppo del welfare privato, il tutto con l'obiettivo di anticipare in qualche modo risorse ai lavori e di mediare le posizioni tra le parti sociali.

Dobbiamo rispondere ai bisogni dei lavoratori. Occorre acquisire consapevolezza di come certi mestieri richiedano un supplemento di sacrificio, in particolar modo per i più giovani. E occorre, di coseguenza, poter compensare economicamente le rinunce che questi lavori comportano, tenendo conto anche dell'importanza dell'attrattività. Spesso si tratta, infatti, di lavori che non riservano plausi o menzioni particolari.

Sostenere questi mestieri significherebbe dare un segnale anche dal punto di vista etico, investendo nella dignità del lavoro. Come? Attraverso una fiscalità che premi quelle attività in cui, per forza di cose, sono previsti turni festivi, orari notturni, rinunce personali. Solo questa è la strada utile per dare valore a questi mestieri senza correre il rischio che vengano abbandonati, facendo venir meno un aspetto fondamentale per la nostra società e per la sua socialità.

Al contrario, ci troveremo nelle condizioni di chi ha soltanto cibo pre-preparato, pre-confenzionato, pre-cotto, senza relazioni umane, senza il piacere dello stare insieme. Salvare questi valori significa salvare l'identità e l'unicità di un Paese che fa delle relazioni umane l'ingrediente centrale di quella qualità della vita che tutto il mondo ci invidia. Un patrimonio materiale e immateriale che va sostenuto con politiche mirate di incentivazione e premialità.

L'alternativa è semplice: diventare tutti clienti, senza più nessuno che ci serva e che ci accolga. Trasformarsi nel Paese dei fast food. Le imprese, da sole, non possono farcela. Serve un percorso condiviso.

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