La potenza è niente senza il controllo, diceva una vecchia pubblicità. La qualità è niente senza la giusta comunicazione, potremmo dire in questo caso. Ma di cosa stiamo parlando? Di acquacoltura. Si tratta di un comparto storico per il nostro Paese, che è, di diritto, tra i leader mondiali nell'allevament odi pesci e molluschi. Eppure, ancora oggi, l'acquacoltura deve fare i conti con un problema, evidente, a livello comunicativo. Colpa o, meglio, demerito sia di chi nel comparto opera sia, in qualche modo, della ristorazione.
Di questo si è parlato in occasione di una conferenza al Capac di Milano intitolata "Ristorazione e acquacoltura: mercato, qualità, salute". All'evento hanno preso parte alcuni dei massimi esponenti del comparto: Andrea Fabris dell'Api, Associazione piscicoltori italiani, Eraldo Rambaldi dell'Ama, Associazione mediterranea acquacoltori, e con loro Alessandra Arcese di Isnart, John Giovannini di Italian Caviar e Matteo Scibilia, cuoco Euro-Toques, consigliere Epam e responsabile scientifico di Italia a Tavola.
Un impianto di acquacoltura
I numeri dell'acquacoltura in Italia
Per aiutare a comprendere il significato di acquacoltura in Italia è necessario, senza dubbio, partire dai numeri. A fornirli è stato il già citato Fabris di Api. Nello specifico, nel 2022, l'acquacoltura italiana ha prodotto 180mila tonnellate tra pesce e molluschi. Quantità che hanno portato, nel complesso, a un fatturato di circa 500 milioni di euro. I siti produttivi sparsi per il Paese sono circa 800, con una concentrazione maggiore al Nord, dove si trova circa il 60% delle aziende italiane. Si tratta, quasi sempre, di micro o piccole imprese. Sono 35 le specie ittiche allevate, in tre contesti diversi: acqua dolce, acqua salata e laguna. Il pesce più allevato è la trota con 37mila tonnellate che fanno dell'Italia il maggior produttore europeo. Italia che produce, allo stesso tempo, 220milioni di uova embrionate. Nella classifica seguono orata e spigola con 17mila tonnellate. L'Italia è al primo posto in Europa anche per la produzione di caviale da storione, con più di 62 tonnellate. Una quantità che mette il nostro Paese al secondo posto mondiale dietro soltanto alla Cina.
Se ci concentriamo, invece, su molluschi (in questo caso i dati sono di Ama), il prodotto che sembra vivere il suo maggior momento di forma è l'ostrica. Basti pensare che in Italia, nel 2018 se ne producevano 80 tonnellate. Nel 2022, invece, si è arrivati alla cifra record di 335 tonnellate. Stazionaria, anche se con variazioni notevoli da un anno all'altro, le cozze o mitili, mentre in contrazione risulta essere la produzione delle vongole veraci, passate da 38.964 tonnellate nel 2015 a 22.700 nel 2022.
Un momento della conferenza al Capac di Milano
L'acquacoltura e la sostenibilità: un ruolo chiave
L'acquacoltura, dicevamo, è un comparto storico per l'Italia, ma è anche una pratica secolare, che da sempre fa parte della storia dell'uomo. C'è, però, una differenza sostanziale tra l'acquacoltura "delle origini" e quella odierna. Nel primo caso, infatti, si allevava il pesce per far fronte alla difficoltà di pescare. Ora si alleva il pesce per favorire la ricerca di equilibrio tra le risorse naturali ed il loro utilizzo da parte dell'uomo. Proprio in questo dettaglio, se dettaglio si può chiamare, troviamo uno dei perni centrali per dimostrare l'importanza dell'acquacoltura. L'allevamento di pesci e molluschi si sposa alla perfezione con quelli che sono gli obiettivi dell'Unione Europea e con la politica From farm to fork tanto amata da Bruxelles. In sostanza, l'acquacoltura coniuga, in maniera moderna, la salvaguardia delle risorse biologiche ed ambientali di una determinata area con uno sviluppo economico sostenibile.
Acquacoltura nel mar Adriatico
In questo senso si inserisce un altro dei temi trattati durante la conferenza e che funge da tramite tra i produttori e i ristoratori nell'ambito dei prodotti di acquacoltura. Stiamo parlando di Acquacoltura Sostenibile, una certificazione nata con fondi Feamp (Fondo Europeo per gli Affari Marittimi e la Pesca) e che ha visto collaborare il Mipaaf, le Regioni, le associazioni di settore ed esponenti del mondo scientifico. La certificazione è un valore aggiunto per il produttore e una garanzia per il consumatore, che è certo di consumare un prodotto proveniente da una filiera sostenibile e rispettosa dell'ambiente. Nello specifico, vengono presi in considerazione numerosi aspetti: freschezza, conservazione, tracciabilita, controlli, alimentazione degli animali, origine degli animali, etichettatura. Il tutto per arrivare a una sostenibilità che non sia soltanto ambientale, ma anche economica e sociale.
Cosa cerca il mercato? L'importanza della comunicazione
A dar manforte, se ce ne fosse bisogno, al fatto che la sostenibilità abbia anche un'importanza nelle scelte del cliente ci sono, ancora una volta, i numeri. Secondo i dati di Isnart, in Italia il pesce vale l'11,9% del paniere delle famiglie italiane, che lo consumano almeno una volta alla settimana nel 50% dei casi. Nel complesso, il 77,7% dei consumatori presta molta attenzione alla sostenibilità della filiera. Non solo, il 61,3% dei consumatori è anche disposto a spendere di più per un prodotto che è certo essere sostenibile dal punto di vista ambientale. Si tratta di uno degli aspetti di maggior importanza, che spingono a scegliere il pesce. Insieme alla sua sostenibilità ci sono, poi, l'alta qualità (77%), il fatto di essere pescato o allevato in Italia (75,3%) e il fatto di poter contare su una filiera trasparente (60,4%).
Il quadro, insomma, è sia chiaro sia positivo, ma, come dicevamo, presenta qualche crepa. Il mondo dell'acquacoltura non ha, infatti, una grande visibilità mediatica e pur trattandosi di un comparto solido spesso deve ancora fare i conti con un certo pregiudizio. Come sconfiggerlo? Con la giusta comunicazione. A muoversi in questa direzione è stato anche il ministero della Sovranità alimentare, che ha recentemente lanciato una nuova campagna di comunicazione, attualmente in radio e Tv, che punta a valorizzare la pesca e l'acquacoltura di qualità. Il resto, spetta, invece alla ristorazione. «Tutto ciò che mangiamo è, in qualche modo, sottoposto alla mano dell'uomo - ha sottolineato Scibilia - Lo è, per esempio, anche la carne. Le migliori carni del mondo sono allevate, ma per il pesce sembra funzionare diversamente agli occhi del consumatore. Serve, quindi, uno sforzo culturale da parte nostra per far capire il valore del prodotto al nostro cliente. Le competenze e la qualità vengono sempre premiate. Senza, però, dimenticarsi che il cuoco non è un medico o un farmacista. Qualità e salute sono fondamentali, ma un piatto deve sapere emozionare».