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Vegani, basta indignarsi se al ristorante non ci sono piatti adatti a voi

Sta facendo discutere il caso dell'influencer vegana e del ristorante in Puglia che non ha accettato la sua prenotazione. In tanti però, sui social, si sono schierati dalla parte dell'esercente. Perché una libera scelta alimentare non deve trasformarsi in "imposizione" commerciale

07 agosto 2023 | 18:01
Vegani, basta indignarsi se al ristorante non ci sono piatti adatti a voi
Vegani, basta indignarsi se al ristorante non ci sono piatti adatti a voi

Vegani, basta indignarsi se al ristorante non ci sono piatti adatti a voi

Sta facendo discutere il caso dell'influencer vegana e del ristorante in Puglia che non ha accettato la sua prenotazione. In tanti però, sui social, si sono schierati dalla parte dell'esercente. Perché una libera scelta alimentare non deve trasformarsi in "imposizione" commerciale

07 agosto 2023 | 18:01
 

Sta facendo particolarmente discutere sui social un fatto di cronaca recente. Protagonista Giulia Pisco, influencer vegana in vacanza, la quale ha telefonato a un ristorante pugliese con l’intenzione di prenotare per 8 persone. Specificando come tutti fossero vegani, e al contempo chiedendo delucidazioni sui piatti in menu, domandando se fossero previste delle portate conformi alla loro scelta alimentare. 

Vegani, basta indignarsi se al ristorante non ci sono piatti adatti a voi

Influencer contro ristoratore: chi ha ragione?

La telefonata è intercorsa dopo che la ragazza aveva già consultato il menu stesso, interrogando il ristoratore (magari già indaffarato nell’allestire tutto il necessario per il servizio, chi lo sa) se alcune pietanze fossero o meno vegane. E parlando, nello specifico, di orecchiete e fave con cicoria ripassata. Il primo punto interrogativo sorge spontaneo: perché domandare al telefono della presenza di ricette veg, quando questa informazione è facilmente intuibile leggendo il menu stesso? Io vegano, consulto la carta di un locale, noto la presenza di piatti che potrebbero fare al caso mio e nonostante ciò chiamo lo stesso? 

Domanda legittima, condivisa da tanti utenti social tra commenti ai vari post apparsi nelle ultime ore. Ma manteniamo il beneficio del dubbio: magari qualche verdura poteva esser stata saltata nel burro, oppure potevano esserci le alici nelle orecchiette alle cime di rapa. Quindi optiamo per la buona fede e crediamo come la richiesta di ulteriori informazioni fosse indirizzata solamente a chiarire eventuali interrogativi di tal genere.

Vegani e vegetariani: in Italia il 10% della popolazione

Ciò che proprio non ci convincono sono però altri aspetti legati alla stessa faccenda, purtroppo nemmeno il primo caso di questo genere. Un vegano chiama il ristorante, accende videocamera o registratore per poter poi testimoniare il tutto, e domanda se siano previsti piatti veg in menu. Alla risposta negativa dell’interlocutore (qui si può discutere dei toni utilizzati, ma in questo caso ci è sembrato tutto nei limiti della civiltà) scatta la “denuncia” social, una sorta di virtuale gogna mediatica con vittima il malcapitato ristoratore, colpevole (forse) del crimine di non includere alcuna portata pensata appositamente per i veg nel proprio menu (non parliamo del caso specifico, ma estendiamo il discorso). Quasi come se fosse un obbligo dell’esercente dover necessariamente rispondere e intercettare questa libera scelta alimentare.

Vegani, basta indignarsi se al ristorante non ci sono piatti adatti a voi

Vegani: quando lo scontro diventa social

Va detto: sono sempre di più le persone che abbracciano tale stile (quasi il 10% della popolazione italiana, tra vegani e vegetariani) e, di base, sarebbe di tutta convenienza del ristoratore proporre varie portate di questo tipo. Proprio per non precludersi nessun cliente e, di conseguenza, non rinunciare alla potenziale entrata economica. Più clienti vegani (o vegetariani) entrano nel mio ristorante e più piatti per loro ho da proporre (o viceversa), più guadagno. Una summa che non fa una piega. 

Al contempo però non si può (idealmente) condannare nessuno che nel suo ristorante non preveda piatti veg. Dopotutto è una scelta commerciale, così come allo stesso modo è una scelta alimentare quella adottata dai vegani. Non c’è proprio la necessità di doversi scontrare, non c’è il bisogno di far passare chi è dall’altro lato della cucina come un cavernicolo fermo all’età della pietra, incapace di adattarsi ai trend attuali (paragone, putroppo, fin troppo diffuso). 

Vegani, basta indignarsi se al ristorante non ci sono piatti adatti a voi

Influencer contro ristoratore: chi ha ragione?

Scelta alimentare vs imposizione commerciale? 

Se da una parte parliamo di una scelta alimentare rispettabile e del tutto condivisibile, dall’altra dobbiamo considerare una scelta commerciale altrettanto rispettabile e del tutto condivisibile. Quindi ci sembrano fuori luogo le “denunce” social da parte di utenti che, in realtà, magari cercano di alzare inutili polveroni perché solamente in cerca di un po’ di visibilità e facile appoggio "populista", per così dire. Non c’è bisogno di dover rendere pubblico il tutto sperando di raccogliere quanti più consensi possibile (anzi in non pochi casi si ottiene il risultato opposto), o al contempo di metter in cattiva luce il ristorante di turno (per quanto, almeno nel caso specifico, non venga citato). 

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Se in fase di prenotazione si viene informati come in menu non siano previsti piatti vegan, o comunque nel caso in cui quelli presenti non soddisfino delle precise e legittime aspettative (difficile, infatti, che da una cucina non possano uscire bruschette o piatti a base di verdure, ma comprendiamo allo stesso tempo la volontà di mangiare qualcosa di più appetibile ed elaborato), semplicemente si cerchi un altro indirizzo senza dover necessariamente sfogarsi sui social. Chiedere insomma è lecito, più antipatico è poi condividere il tutto pubblicamente in caso di risposta negativa. Ergendosi quasi a paladini di poi chissà cosa.

Insomma, non è detto e non è obbligatorio che un ristorante possa (debba?) rispondere positivamente alle esigenze alimentari derivanti non da una condizione specifica (vedi la celiachia o intolleranze varie, e anche in questo caso non tutti i ristoranti sono attrezzati a fronteggiare le ‘unicità alimentari’ e a evitare contaminazioni tra cibi), quanto da una scelta presa liberamente e autonomamente. Se di scelta si tratta da una parte, altrettanto di scelta, per onestà intellettuale, dobbiamo parlare dall’altro lato del tavolo. E se i celiachi per non incorrere in spiacevoli rischi si recano direttamente in ristoranti gluten-free, i vegani (anzi alcuni di loro, una minima parte ma spesso con un grande seguito da poter aizzare) possono fare altrettanto con una semplice ricerca internet, senza dover alzare inutili polveroni. Ma siamo convinti come la maggior parte di loro già lo faccia, senza polemiche di sorta. Tutto, in fondo, rientra nella legittimità delle cose. Buon senso, tutto qui.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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