Il patron dell'impero della distribuzione alimentare Dac (distribuzione alimentari convenienze) di Flero, Giuseppe Scuola, 75 anni, è morto ieri sera, mercoledì 30 agosto, in seguito ad un incidente stradale avvenuto nell'hinterland di Brescia. Con il suo potente suv ha prima tamponato un camion e poi si è ribaltato in mezzo alla carreggiata. È deceduto sul colpo a causa, probabilmente, di un malore. La sua azienda dà lavoro a 600 dipendenti tra diretti e indiretti ai quali si aggiungono altri 600 commerciali mandatari. Il fatturato è di circa 800 milioni di euro. Giuseppe Scuola, ne avevamo parlato anche su Italia a Tavola nel novembre scorso, ha rappresentato una figura poliedrica, un imprenditore di successo nato praticamente dal nulla. Un self-made man che, passo dopo passo, giorno dopo giorno, da un garage di casa nel lontano 1972 ( assieme alla moglie), ha saputo creare una realtà diventata oggi fra i primissimi player nazionali nella distribuzione di alimentari per ristoranti, pizzerie, alberghi, mense ,ospedali, centri ricreativi, villaggi turistici.
Giuseppe Scuola è scomparso a 75 anni dopo un incidente stradale
La Dac, una realtà primaria nella distribuzione di prodotti alimentari e attrezzature per la ristorazione
I camion della Dac si vedono ovunque lungo lo stivale. Una realtà primaria nella distribuzione di prodotti alimentari e attrezzature per la ristorazione con marchi di grande prestigio come Doreca e Quartiglia. Il quartier generale si trova nell'area industriale di Flero (30 mila mq comprese le celle frigorifere) ma l'organizzazione distributiva fa perno anche sulle filiali di Padova, Savio di Ravenna e Pescara. Cinquanta anni fa un giovane ispettore della Barilla, ha saputo intuire prima di tutti le potenzialità del food service, settore all'epoca sconosciuto nel nostro Paese.
Oggi alla guida del gruppo vi sono i figli Daniela e Laura. «Dac è nata nel bresciano - aveva detto Beppe Scuola mesi e mesi fa - perché questa è un'area strategica dal punto di vista logistico perché qui c'è una cultura del lavoro che non ha eguali al mondo».