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Cattive recensioni: ha senso stroncare un ristorante? Il caso Romito al Bulgari

Una serata storta può dipendere da più fattori, e non può essere alla base di una cattiva recensione che parla in termini generali di un ristorante. Il mondo della critica gastronomica si divide, ecco perché per noi non ha valore affossare un locale solo a seguito di una serata un po' sotto tono

28 luglio 2023 | 19:05
Cattive recensioni: ha senso stroncare un ristorante? Il caso Romito al Bulgari
Cattive recensioni: ha senso stroncare un ristorante? Il caso Romito al Bulgari

Cattive recensioni: ha senso stroncare un ristorante? Il caso Romito al Bulgari

Una serata storta può dipendere da più fattori, e non può essere alla base di una cattiva recensione che parla in termini generali di un ristorante. Il mondo della critica gastronomica si divide, ecco perché per noi non ha valore affossare un locale solo a seguito di una serata un po' sotto tono

28 luglio 2023 | 19:05
 

Lasciare una recensione negativa a un ristorante non è giusto. O, comunque sia, non è giusto secondo noi. Un’affermazione che divide, spacca in due non solo l’opinione comune, ma anche il mondo della critica e del giornalismo gastronomico. Alcuni esponenti di questo mondo, per non parlare degli improvvisati o critici della domenica che purtroppo ci sono sempre (se volete leggerli molti li trovate anche su Tripadvisor), trovano quasi godimento nel parlare male, nel demolire con le loro parole e la loro penna, un ristorante perché reduci da una serata storta. Meglio ancora se la serata storta sia avvenuta all’interno della sala di un locale rinomato, la cui cucina è guidata da (o semplicemente legata a) un nome altisonante della ristorazione. In quale, magari, ha prestato solo la propria consulenza e non è tenuto a essere presente in cucina.

Cattive recensioni: ha senso stroncare un ristorante? Il caso Romito al Bulgari

Niko Romito, la recensione del Gambero fa discutere

Apriti cielo: parlare male, in questi casi, a qualcuno dà l’impressione che faccia curriculum, come se fosse un sintomo di totale trasparenza verso chi legge. "Guardatemi, ne sto parlando male, quindi sono sicuramente sincero". Non è proprio così.  Ma partiamo dalla cronaca recente.

Recensioni negative al ristorante: il "caso" Romito a Roma

Giorni di trambusto per l’alta ristorazione italiana: qualche giorno fa Carlo Cracco aveva lanciato un appello alle nuove leve: non guardare alle guide gastronomiche, non puntare alle stelle, forchette, cappelli o quant’altro li potesse porre in una posizione vantaggiosa nel vasto, e fin troppo crudele e spietato, mondo della cucina, o meglio dire dell’alta cucina. 

Cattive recensioni: ha senso stroncare un ristorante? Il caso Romito al Bulgari

Ristorante: i fattori possibili di una serata storta

Nelle ultime ore sta facendo discutere una recensione negativa, uscita sulle pagine web del Gambero Rosso, del nuovo ristorante firmato Niko Romito (tre stelle Michelin a Castel di Sangro) nel nuovo Bulgari Hotel di Roma. Problemi di servizio apparentemente (da quanto trapela dal racconto, perlomeno) improvvisato, inciampi nella preparazione dei piatti, mancanza di comunicazione con il personale di sala: tutte le note stonate di una serata non certo memorabile per chi sedeva al tavolo e pregustava, al momento del suo arrivo, una cena degna del miglior Romito (il quale probabilmente non era nemmeno in cucina, ma con la sua consulenza aveva dettato la linea da seguire).

Cattive recensioni: ha senso stroncare un ristorante? Il caso Romito al Bulgari

Il nuovo Bulgari di Roma

Specifichiamo: l’opinione espressa in questo articolo non è strettamente riferita al giudizio pubblicato sul Gambero, ma la usiamo solamente come spunto per spiegare come in generale, secondo noi, parlare male di un locale non abbia tutto questo senso. Specialmente se il locale è di recente apertura (nel caso in questione, circa due mesi), quindi ancora in fase di fisiologico rodaggio. E soprattutto se alla base della stroncatura del caso ci sia appena una cena (o un pranzo). 

Recensioni negative: pensare al lavoro degli altri

Punto uno. Per recensire negativamente un ristorante, partendo sempre da un presupposto di buona fede e non di puro gusto nello smontare il lavoro altrui, sarebbero necessarie più visite, per cercare di fare una media tra tutte le esperienze. Qualora questa media dovesse rimanere insufficiente, allora potremmo trovare anche giusta e legittima una segnalazione in cui si parla pure di ciò che non funziona in un contesto di giudizio generale, non focalizzato su ciò che non ci convince. I lettori, dopotutto, vanno informati, tenuti aggiornati, e se un ristorante proprio non va, allora è anche dovere di chi fa questo mestiere segnalarlo. Per quanto, poi, nessuno vieta al pubblico di andare, provare e trarre le proprie conclusioni.

Qualora però siamo reduci da appena una serata storta, allora ci sembra meno opportuno stroncare un ristorante. Anche perché chi parla del locale lo fa usando una terminologia generica come “servizio” o “cucina”, fin troppo spesso (forse) dimenticando come dietro tali termini ci siano persone, esseri umani, i quali come tutti noi possono incorrere in una giornata storta. Possono passare momenti no che influiscono sulla loro produttività, sul loro operato. O ci possono essere, più semplicemente, piccole distrazioni comuni a tutti noi, nella vita come nel lavoro.

I fattori quindi alla base di un’esperienza giudicata non sufficiente possono essere molteplici, sia nell’alta ristorazione (dove, tuttavia e dati i prezzi, è anche legittimo pretendere un’attenzione in più), quanto nei locali non appartenenti alla corrente del fine dining. In molti casi, tra l'altro, gestiti da famiglie senza nessuno dietro a rifornire di liquidità.

Facciamo una provocazione: cerchiamo di immaginarci al nostro solito posto di lavoro, costantemente fissati durante tutta la giornata (in ufficio, al bar, in officina, a scuola…) da uno sconosciuto, un esterno pronto a farsi beffe di noi al primo errore commesso, alla prima involontaria svista. Come se non attendesse altro che un nostro inciampo. Ci piacerebbe? Immaginiamo la risposta. Ecco, al ristorante è più o meno così.

Punto due. Detto ciò, troviamo più giusto evitare di pubblicare recensioni o giudizi negativi di un locale se in quel locale la realtà non è stata all’altezza delle aspettative. Si cerca, quantomeno, di elencare i punti a favore (non può essere tutto da buttare, dai), spiegando magari come qualcosa non abbia funzionato secondo i piani, ma sempre mantenendo un po’ di tatto e sempre tenendo presente come dall’altra parte, dietro quell’insegna più o meno illustre e dietro quel ristorante più o meno rinomato, ci siano dopotutto persone, in quanto tali fallaci, e non robot perennemente e costantemente efficienti al massimo delle possibilità. 

Cattive recensioni: ha senso stroncare un ristorante? Il caso Romito al Bulgari

Recensioni negative: su Tripadvisor troppi critici della domenica

Certo, le considerazioni meno “felici”, diciamo così, possono essere esplicate benissimo in privato a fine servizio, qualora ci venisse chiesto un giudizio dal personale di sala o da quello di cucina (personalmente è successo più volte e nessuno dall’altra parte se l’è mai presa, ma ha anzi ringraziato per la segnalazione). Le proprie ragioni possono essere spiegate, così come le proprie sensazioni o il proprio punto di vista, nell’ottica di un dialogo costruttivo, trasparente e sincero tra e per le parti dal quale tutti ne beneficiano.

Recensioni negative: quando ha senso farle?

Certo, se poi qualcuno “esterno”, qualcuno che si fida delle nostre valutazioni e ci ritiene credibili, ci chiedesse in privato o di persona una considerazione della serata non possiamo nemmeno restituire un giudizio lontano dalla realtà. Ma da qui a pubblicare (sulla carta stampata così come nel web, sia una testata o un piccolo blog) un giudizio negativo, magari anche solo per il gusto di farlo (parlare male, chissà perché, ci fa sentire superiori, quasi intoccabili) non ce ne voglia chi lo fa, ma ci sembra fuori luogo, o comunque poco empatico verso chi, magari, da quelle nostre parole potrebbe anche perdere il lavoro. E che, probabilmente, ha “toppato” solo la sera in cui siamo stati tra gli ospiti. Se una rondine non fa primavera, è anche vero che un merlo non è sinonimo di inverno.

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Fatto sta: competenza e trasparenza, certo, per svolgere al meglio questo lavoro. Ma allo stesso tempo anche un’adeguata dose di tatto.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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