Ladispoli, provincia di Roma, in un locale pochi giorni fa pare sia stato interdetto l'accesso a una famiglia perché con dei bambini al seguito. È questa, almeno, la ricostruzione della donna che si è vista involontariamente protagonista della vicenda. Il racconto direttamente su un gruppo Facebook dedicato alle mamme, molto seguito dalle utenti della Capitale. Dopo aver prenotato per 6 persone, con specifica richiesta di due seggioloni per i bambini, un cameriere avrebbe negato l'accesso ai clienti proprio per la presenza dei piccoli. Evidentemente indesiderati. In pochi però forse sanno come non si possa vietare a qualcuno l'ingresso in un locale, se non per validi motivi (tra i quali non rientra l'età anagrafica dei clienti). Questa insomma è una pratica illecita, che potrebbe costare al ristoratore una sanzione amministrativa fino a 3000 euro. Ma cosa è successo a Latina?
In aumento i ristoranti che non ammettono bambini
«I bambini sono un problema, se li potete lasciare da qualche parte un tavolo lo trovo», così si sarebbe rivolto il cameriere alla donna che, sdegnata, ha girato i tacchi assieme agli altri avventori con i quali si era recata in pizzeria.
Un episodio che è diventato un vero e proprio caso, con la titolare della pizzeria che al contempo ha voluto rispedire al mittente le accuse, spiegando come questa decisione sia stata presa in autonomia dal cameriere in questione. «Sarà stato un malinteso, nel mio locale si fanno le feste per i bambini, qui accogliamo tutti» ha detto la proprietaria de La Tripolina contattata da Repubblica.
Ristoranti childfree: sono illegittimi
In attesa che il caso venga risolto, rimane d'attualità la questione legata ai ristoranti cosiddetti "childfree". Di cosa si tratta? Come si intuisce dal nome, sono quei locali che al loro interno (per varie motivazioni, la principale è garantire tranquillità e relax ai clienti adulti) non ammettono la presenza di bambini, potenziale veicolo di disturbo e disordine in sala. Una tendenza, quella di questo tipo di ristoranti, in grande crescita anche in Italia, dopo l'affermazione negli Stati Uniti e una prima diffusione pure in Europa, soprattutto nel Regno Unito.
Ristoranti childfree: cosa rischia il titolare
Tanti proprietari di ristoranti, così come di hotel di un certo livello, stanno adottando questa pseudo soluzione al problema (se così vogliamo definirlo), negando l'accesso ai bambini tendenzialmente al di sotto dei 14 anni di età. Ma una cosa del genere è legittima in Italia? Cosa dice la legge a proposito?
Ristoranti childfree: una tendenza in crescita
Nonostante sia un fenomeno in indubbia diffusione, va detto come i ristoranti childfree (così come tutti gli altri esercizi pubblici che condividono tale politica) non siano legittimi, e se il caso dovesse venire accertato il titolare rischierebbe anche una sanzione amministrativa. Il tutto è regolato da una fonte normativa che espressamente vieta una tale pratica e si tratta del Regio Decreto n. 635 del 1940, vale a dire il ‘Regolamento per l’esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza' (conosciuto anche come Tulps). In particolare, l’art. 187 di questo regolamento prevede testualmente: «Salvo quanto dispongono gli artt. 689 e 691 del codice penale, gli esercenti non possono senza un legittimo motivo, rifiutare le prestazioni del proprio esercizio a chiunque le domandi e ne corrisponda il prezzo». E tra i legittimi motivi, ovviamente, non compare l'età anagrafica dei clienti del locale.
La sanzione amministrativa, qualora l'illecito venisse accertato dopo la segnalazione alle forze dell'ordine, oscilla dai 516 ai 3098 euro.