La genesi del tortellino nel triangolo compreso fra Bologna-Castelfranco Emilia e Modena ha sempre scatenato attribuzioni di paternità e una rivalità… da “secchia rapita”, giusto per citare un famoso episodio medievale che vide contrapposti gli eserciti bolognesi e modenesi. Intorno a quello dipinto come l’imitazione fatta pasta (ripiena) dell’ombelico di Venere prova a mettere un po’ di ordine il documentatissimo libro di Napoleone Neri, Tortellinata appena edito dalla bolognese Pendragon. Con la collaborazione “ai fornelli” del famoso chef felsineo Vincenzo Vottero, la prefazione di un giovane e valente storico dell’alimentazione come il Prof. Daniele Ognibene e il concreto sostegno di Enrico Postacchini e Giancarlo Tonelli (presidente e direttore generale di Ascom Bologna) Napoleone Neri ha condensato in poco più di un centinaio di pagine una storia lunga quasi un millennio, che parte dal Tortellos/Tortellis medievali per arrivare al terzo millennio, raccontando le avvincenti e multiformi evoluzioni del mitico “ombelico”.
La copertina del libro e il piatto iconico dell'Emilia
La biografia di Napoleoni Neri, autore di Tortellinata
Prima di sfogliare la pioggia di tortellini che atterrano sulle Due Torri (come ci mostra l’originale grafica di copertina) qualche parola sul suo autore. Bolognese, classe 1948, fortemente radicato nella cultura contadina emiliana e profondo conoscitore della cultura gastronomica bolognese Napoleone Neri nella vita ha indossato i panni di manager di cooperative e filiere agroalimentari, industriale cioccolatiere (La linea di tavolette “Cuore Nero” vi ricordano qualcosa?) con intermezzi editoriali rappresentati da “Come il cioccolato sui maccheroni” (Mondadori, 2006); “Il cuore del cacao. 500 anni di storia del cioccolato” (Pendragon, 2022) e il compendio di storia culinaria felsinea “A tavola con il dottor Balanzone” (Pendragon, 2018) che ha fatto da apripista alla candidatura Unesco della cultura gastronomica bolognese.
Una piccola infarinatura sul libro Tortellinata
Senza spifferare troppo ma solo per incuriosirvi provo a riassumere qualche sfizioso particolare del lungo percorso illustrato (con foto, disegni d’epoca e ricette “rievocate” dall’estro ai fornelli di Vottero) dal gastro-condottiero Napoleone. Si parte dai “torteleti” serviti nel 1095 ai 3000 bolognesi che partirono per difendere la Terra Santa nel corso della Prima Crociata a quelli interpretati da Bartolomeo Scappi, sommo cuoco di Paolo III e Pio V oltre che autore di uno dei più corposi trattati di cucina rinascimentale. Scorrendo le pagine si scopre che nel Cinquecento i bottegai bolognesi vendevano i tortellini a numero e non a peso oppure che sul finire dell’Ottocento i gustosi ombelichi venivano esportati in tutto il mondo, udite udite, anche in confezione barattolo dalla fabbrica bolognese di Enrico Zambelli e Paolo Atti. Quest’ultimo fondatore della dinastia di fornai-pastai che a distanza di quasi un secolo e mezzo prosegue, nei suoi due storici negozi di via Drapperie e via Clavature, nello sfornare tortellini e leccornie felsinee per gli autoctoni e gli entusiasti turisti che quotidianamente li affollano.
Fra le evoluzioni delle forme, del ripieno (dalle versioni quattrocentesche con lonza, formaggio, datteri, uva passa ma anche con fiori secchi di cannabis sativa, pancetta, formaggio, pepe e noce moscata fino alle rinascimentali versioni dello Scappi, del Tanara, dello Stefani per arrivare a quella attuale codificata e depositata presso la Camera di Commercio di Bologna) e delle preparazioni (pasticcio, zuppa, tortellini in gratin, scrigno di Venere con pasta frolla semidolce), ci si accorge di quanto l’odierna diatriba fra tortellini in brodo o alla panna sia storicamente riduttiva. Un libro tutto da gustare magari sfatando qualche falsa leggenda ed acquisendo una proiezione secolare di quanto il tortellino rappresenti, con ragionevole certezza, il concetto gastronomico identitario della “bolognesità” a tavola.
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