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Il maestro panificatore Cannata: «La Sicilia pronta a coltivare anche il riso»

In occasione di Siciliaday a Eataly a Milano il maestro panificatore messinese ha spiegato: «In Sicilia il riso si produceva fino agli inizi del '900, ed era una componente importante della rotazione delle colture»

 
02 maggio 2023 | 12:41

Il maestro panificatore Cannata: «La Sicilia pronta a coltivare anche il riso»

In occasione di Siciliaday a Eataly a Milano il maestro panificatore messinese ha spiegato: «In Sicilia il riso si produceva fino agli inizi del '900, ed era una componente importante della rotazione delle colture»

02 maggio 2023 | 12:41
 

Il siciliano con la coppola e lo sguardo sospettoso non si vede più in giro, è una specie di icona abbandonata nella soffitta dei luoghi comuni e, forse, delle barzellette. Non si vede nemmeno a Milano, che durante e dopo la grande migrazione del dopoguerra di isolani ne ha accolti tanti. Ed anzi Milano racconta e celebra la Sicilia, appena se ne presenta l’occasione, con tutte le sue bellezze e consuetudini: come è successo col Siciliaday, un'intera giornata di “sicilianità” per raccontare, attraverso alcuni dei suoi ambasciatori, il bello del Made in Sicily tra talk, performance e interviste a coloro che hanno portato in alto nel mondo il nome dell'isola. Il luogo prescelto è stato Eataly Milano Smeraldo, che ha ospitato cinque conversazioni sull’Isola del mito, condotte dal giornalista Federico Quaranta e distribuite lungo tutta una giornata per inquadrare l’argomento da più punti di vista: dall'arte al cinema, dalla cucina alla letteratura, dalla musica alla cultura. L’enogastronomia ha avuto il suo spazio con “La cucina siciliana ambasciatrice nel mondo”, animato da Filippo La Mantia, oste e cuoco noto al grande pubblico, e da Tommaso Cannata, maestro panificatore messinese con una lunga tradizione familiare nell’arte bianca: ben tre generazioni.

Tommaso Cannata, maestro panificatore messinese Il maestro panificatore Tommaso Cannata: La Sicilia pronta a coltivare anche il riso

Tommaso Cannata, maestro panificatore messinese

Milano alla scoperta della Sicilia dei Florio

Ha fatto seguito l’intervento del conduttore televisivo Roberto Giacobbo, che ha presentato uno speciale in onda su Italia1 l’8 maggio in prima serata, nella trasmissione “Freedom-oltre il confine”, dedicato a “La Sicilia e la Belle Epoque” e in particolare alla storica famiglia Florio. Un viaggio alla scoperta di una regione raffinata in un periodo poco noto al grande pubblico, un punto di riferimento per la cultura e la mondanità internazionale soprattutto grazie ad una famiglia: i Florio, i leoni di Sicilia. Si racconterà la loro storia e quella di un quadro molto particolare.

Sempre nel pomeriggio, l’appuntamento a tavola è stato curato dalla giornalista Giusi Battaglia, volto noto della tv grazie al programma “Giusina in Cucina” in onda su Food Network, che ha parlato della sua esperienza televisiva e di come, attraverso la cucina, si valorizzi il territorio. Al termine della giornata, l’evento è stato incorniciato dalla musica dei cantautori siciliani Mario Venuti e Lello Analfino, coautori del brano “Baci definitivi”.

Tutti i segreti e i sapori della cucina siciliana

A seguire la cena siciliana, che ha offerto una selezione di classici e reinterpretazioni firmate da Tony Lo Coco, chef stellato de “I Pupi” di Bagheria, Filippo La Mantia e Tommaso Cannata: il territorio da esplorare era vasto, ma gli ospiti si sono ben destreggiati tra assaggi di Norma, Pantesca, focaccia messinese, sfincione bagherese, salumi dei Nebrodi, formaggi delle Madonie, anelletti al forno, cous cous ai profumi del Mediterraneo, arancini con il capuliato e cannolini caldofreddi.

La Sicilia secondo il maestro panificatore Tommaso Cannata

Incantati da una simile carrellata di specialità abbiamo affrontato un po’ in trance il lievito della serata, alias Tommaso Cannata, per qualche domanda su gastronomia, panificazione ed oltre.

Cominciamo dalle fondamenta, Tommaso: il Siciliaday racconta le meraviglie dell’isola. Quali sono invece le sue carenze, che potrebbero tener lontani i turisti?
Oggi tutti parlano del ponte sullo stretto, e che sia un’opportunità per la Sicilia e per l’Italia intera non ci sono dubbi: ma per evitare l’effetto “cattedrale nel deserto”, che abbiamo già subito troppe volte, servono le infrastrutture complementari ossia strade, ferrovie, aeroporti. Da troppo tempo siamo penalizzati in questo settore, lo sappiamo tutti ed è veramente l’ora di fare qualche passo avanti, con o senza ponte. La Sicilia ha bisogno di velocità in tutti i sensi, oggi più che mai: velocità nei trasporti, nella ricezione, nell’informatica, negli affari, nel traffico merci. Siamo noi che dobbiamo adeguarci ad un mondo che corre, anche perché il contrario è impossibile.

Ma le infrastrutture non si costruiscono in mezza giornata: e quindi, messo da parte il futuro prossimo o remoto, cosa si può fare per attrarre i turisti?
Il Siciliaday di Milano è un buon esempio: serve un marketing intelligente, mirato, ed eventi come questo, così articolati e ricchi di sfumature diverse, sono di grande aiuto: l’importante è che abbiano impatto sui media vecchi e nuovi, anche attraverso il contributo di quei personaggi che rappresentano al meglio la sicilianità e risultano già noti al grande pubblico. Questo vale per tutti i campi, naturalmente, non solo per quello enogastronomico.

I prodotti gastronomici della Sicilia, quelli della tradizione, li conosciamo già: c’è qualcosa di ancora troppo nascosto, che bisognerebbe valorizzare?
Più che valorizzare, riportare in auge: mi riferisco al riso, e non è un’illuminazione improvvisa, lo dico già da qualche anno. Il riso ci arriva soprattutto dal Nord Italia, ma c’è la possibilità di coltivarlo anche da noi.

Con quale acqua?
I laghetti di acqua non sono indispensabili, esistono tecniche moderne che consentono di fare a meno degli allagamenti attraverso una rete di tubi sotterranei o con l’irrigazione dall’alto (aspersione). In Sicilia il riso si produceva fino agli inizi del Novecento, ed era una componente importante della rotazione delle colture: il ciclo prevedeva frumento, leguminose, riso, pascolo e poi di nuovo frumento. La nostra riconoscibilità nel mondo si deve anche a tante pietanze a base di riso, a partire dall’arancino, ed è per questo che riprendere a coltivare estensivamente questo cereale avrebbe un significato identitario molto forte.

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