Impattante su tutti noi, ci piaccia o meno, ma auguriamoci che non solo ci piaccia ma addirittura ci appassioni e ci veda scientemente coinvolti, è il ruolo ad ingranaggio, l'una volano dell'altra, di due catene del valore entrambe situabili all'interno del nostro sistema agroalimentare che costituisce, lo sappiamo bene, l'emblema principale del Made in Italy. Le due catene sono: la catena del valore legata alla produzione di cibo e la catena del valore della bioeconomia, con essa a voler intendere (mica roba da poco!) la componente rinnovabile del sistema produttivo del nostro Bel Paese.
Il sistema agroalimentare italiano nel suo complesso ha prodotto un valore di circa 550 miliardi di euro
Premettiamo che d'ora innanzi lavoriamo su dati preconsuntivi relativi allo scorso anno 2022. Come al solito, almeno per quanto ci riguarda, elogio dell'approssimazione. Non andremo "ai decimali" ma pur restando nel rigore del dato numerico, ci consentiremo approssimazioni utili per memorizzare l'informazione e comunque non tali da distorcerla.
Nell'anno alle spalle da poco più di un mese, il sistema agroalimentare italiano nel suo complesso ha prodotto un valore di circa 550 miliardi di euro in termini di fatturato, pari al 15% dell'intera economia.
Il sistema agroalimentare
La stima del valore del sistema agroalimentare italiano nel suo complesso considera le diverse componenti che dalla produzione portano al consumo di cibo, passando dalla trasformazione, al commercio all'ingrosso, alla distribuzione al dettaglio di alimenti e bevande e include ovviamente anche la ristorazione.
L'agricoltura e l'industria alimentare rappresentano insieme il 39% circa del valore. In particolare, l'industria alimentare, con circa 152 miliardi di euro di fatturato, apporta il 28% circa del valore; l'agricoltura, con circa 62 miliardi di produzione venduta, apporta l'11% circa del valore. Il commercio all'ingrosso e il commercio al dettaglio hanno prodotto insieme il 53% del valore pari, rispettivamente a circa 152 miliardi e 139 miliardi di euro; infine, la ristorazione con circa 45 miliardi di euro, apporta il restante 8%.
Il valore complessivo del fatturato agroalimentare è cresciuto sensibilmente rispetto al 2020, segnando un +8%, in aumento anche rispetto ai livelli ante Covid. Siamo al +3% circa sul 2019 e al +6 circa sul 2017. Se non è Resilienza questa!!! Però, c'è un però che rivela una controtendenza nel comparto della ristorazione.
La ristorazione
Analizziamo i dati attentamente e osserviamo che la ristorazione marca un +22% circa anno 2022 su anno 2021, ma, attenzione, siamo ancora indietro rispetto agli anni ante Covid. Anno 2022 su anno 2019, la riduzione del fatturato complessivo è di circa il 30%, decrementando così il suo peso dal 12% circa degli ultimi tre anni ante Covid, al 7% circa nel biennio 2020-2021, ponendosi attualmente come abbiamo già rilevato, all''8% circa dell'anno 2022.
Fin qui, uno dei due ingranaggi, la prima delle due catene del valore, quella legata alla produzione di cibo.
Analizziamo adesso la seconda catena del valore, quella della bioeconomia.
La bioeconomia
La bioeconomia, ribadiamolo, comprende quelle attività economiche che utilizzano risorse biologiche rinnovabili del suolo e del mare per produrre cibo e mangimi, materiali, energia e servizi. E quali sono queste risorse rinnovabili del suolo e del mare? Ce lo siamo mai chiesto? Ce lo chiediamo adesso e troviamo risposte. Queste risorse biologiche rinnovabili del suolo e del mare sono le colture agricole, le foreste, gli animali, i micro-organismi terrestri e marini, i residui organici.
Ci volevano tutti insieme quelli che oramai sono definiti "shock internazionali" per addivenire ad una commutazione paradigmatica dei modelli socioeconomici che ci introducono finalmente (!) ai concetti di ottimizzazione, riuso, recupero, riciclo. Sta divenendo evidente la necessità di ridurre l'utilizzo di materie prime impiegate nei processi produttivi, pena l'esaurimento irreversibile delle stesse risorse naturali.
Risorse biologiche rinnovabili: le colture agricole
Gli shock internazionali, diciamolo per bene, sono stati, sono (e, ahinoi!) saranno, l'emergenza pandemica, la crisi energetica mondiale con conseguente aumento dei prezzi di materie prime ed utilities e la perdurante pericolosissima guerra in Ucraina.
Il concetto di bioeconomia, l'economia circolare e sostenibile, sono il paradigma vincente su cui strutturare il sistema economico sociale del futuro.
Come si può allora sottovalutare, ignorare, addirittura voltare le spalle al Pnrr?
Il Pnrr in tutto questo
Il Pnrr contempla interventi significativi nell'ambito della bioeconomia circolare nella missione dedicata alla rivoluzione verde e alla transizione ecologica con interventi per la diffusione delle energie rinnovabili, la realizzazione di impianti per la raccolta differenziata, il trattamento e il riciclo dei rifiuti, la formazione di catene di approvvigionamento verdi e il potenziamento di filiere produttive strategiche della transizione quali l'agroalimentare innanzitutto e poi anche tessile, elettronica, carta, cartone e plastica.
L'Italia, con l'aggiornamento BIT II dell'anno 2019 ha messo a punto Strategia nazionale per la Bioeconomia (BIT).
Obiettivo della Strategia è una maggiore integrazione tra i settori che compongono la bioeconomia, nonché facilitare la cooperazione fra Ministeri e Regioni.
Nel 2022, la bioeconomia in Italia ha generato un fatturato intorno a 365 miliardi di euro e circa due milioni di persone occupate, con un peso sul totale economia in termini di produzione pari all'11% circa in crescita negli ultimi quattro anni, dacché era al 10% circa nel 2019. Anche ciò, riflettiamoci insieme, denota un elevato livello di resilienza.
Oltre alle costanti tendenze positive degli ultimi anni, l'innovatività e la capacità di adattamento del settore sono testimoniate dalle circa mille start up censite. Start up ad elevato contenuto tecnologico e scientifico con personale qualificato e ingenti risorse destinate alla ricerca e allo sviluppo di brevetti e innovazioni di processo e di prodotto.
E analizziamo adesso l'intreccio tra le due catene del valore.
La sfida: transizione ecologica e rivoluzione verde
Le due catene e la ristorazione
La filiera agroalimentare è il vettore trainante la bioeconomia in termini di valore della produzione e occupazione con un peso percentuale del 59% circa così composto: 17% circa Agricoltura, silvicoltura e pesca 42% circa Alimentare, bevande e tabacco.
A fronte di questo scenario la ristorazione dovrebbe porsi interrogativo rovesciato rispetto a quanti se ne è posti, tutti legittimi (!), negli ultimi anni.
Insomma, invece che chiedersi "come può il Paese aiutarmi a ché io porti avanti la mia impresa" dovrebbe chiedersi "come posso aiutare con la mia attività il mio Paese a ché la commutazione paradigmatica che porta alla bioeconomia, all'economia circolare e sostenibile, acceleri e si compia per il beneficio di tutti noi, giovani generazioni innanzitutto?".
Se questo interrogativo ci si ponesse, e lo si facesse in onestà intellettuale, si scoprirebbe che a beneficiarne in tutti i sensi e in tutti i modi, lenendo problemi e aprendo soluzioni sarebbero primi tra tutti proprio i ristoratori.