Ha iniziato da giovanissima, il suo sogno è sempre stato quello di stare dall'altra parte del bancone e di diventare un capo barman.
In undici anni si è fatta una dura gavetta, iniziando dapprima a servire ai tavoli e svolgendo i più svariati incarichi, fino a guadagnarsi l'agognata qualifica. Ma poi al termine del lockdown e della pandemia Noemi Congiu ha deciso di mollare l'impiego cambiando completamente settore. Ora è passata dal settore della ristorazione a quello del commercio. «Faccio la commessa in un supermercato. Non era quello che avrei voluto fare nella vita, ma almeno ho un impiego certo, lavoro in base a quanto è previsto dal contratto, ho le ferie, non lavoro più sette giorni su sette e posso pianificare al meglio il mio futuro». L'esperienza di Noemi Congiu è un chiaro esempio del perché tanti lavoratori stanno lasciando il mondo della ristorazione e dell'accoglienza. L'abbiamo quindi intervistata per capire cosa è accaduto in questi anni.
Dopo undici anni lascia il posto da barista e va a fare la commessa
Noemi Congiu ha 31 anni e vive in Sardegna; da quando ne aveva venti ha lavorato nel settore della ristorazione.
Cosa hai fatto in questi anni?
Ho iniziato come cameriera ai tavoli. Poi sono cresciuta professionalmente fino a diventare capo barman.
Hai lavorato sempre in Sardegna?
In prevalenza sì. Poi negli ultmi anni mi sono trasferita a Milano. Mi sono trovata fin da subito bene, ma purtroppo c'è stata l'emergenza pandemica e quindi sono stata in cassa integrazione fino a quando sono tornata in Sardegna.
Come mai hai deciso di fare la commessa?
Soltanto a Milano mi garantivano uno stipendio congruo e riconoscevano la relativa qualifica lavorativa, ovvero quella di barman di ottavo livello. Ma avendo già investito 5mila euro in occasione del trasferimento, ho preferito non rischiare di tornare e di vivere un altro lockdown. Anche se a Milano erano pronti a darmi un terzo in più dello stipendio, ovvero sarei passata da 1.500 a 2mila euro al mese, ma ho optato per un salario più sicuro, che mi avrebbe garantito di lavorare anche se ci fosse stata una nuova ondata pandemica. Per questo ho deciso di passare al settore commerciale e di fare la commessa.
In Sardegna hai ricevuto altre proposte per lavorare nella ristorazione?
Ne ho ricevute parecchie, ma erano tutte fuori da ogni logica e al momento non sono assolutamente propensa a tornare a fare quello che facevo in passato. Magari ti capita di iniziare alle 15 e di arrivare a tirare le 2 e quando si è in piena stagione si finisce anche per tornare a casa alle 5. Il tutto per uno stipendio netto di 1.300 euro e lavorando sei giorni su sette. Ma non solo, ho ricevuto anche una proposta dove mi si diceva di lavorare pe 24 ore settimanali, ma poi quando ho iniziato il giorno seguente mi è stato chiesto di arrivare al lavoro un'ora prima e di saltare il giorno libero, nonché di lavorare ben oltre le ore concordate da contratto. Per cui l'ho subito rescisso. Tra l'altro non riconoscevano il mio livello di qualifica inquadrandomi come un livello 3 quando in realtà sono un 8. Queste sono tutte cose che ho scoperto quando ho potuto realmente mettere le mani sul contratto di lavoro, visto che prima di iniziare non mi è stato possibile vederlo.
Cosa ha significato per te cambiare il mestiere e iniziarne uno nuovo?
Tanto. Lavorare come capo barman era il sogno della mia vita. È quello che mi piace fare e che vorrei continuare a fare, ma ho preferito un'altra professione. Facendo la commessa ho anche la tredicesima e la quattordicesima, posso quindi pagare l'affitto senza patemi o chiedere anche solo un banale finanziamento da 2mila euro in banca. Inoltre ho un piano ferie e so che c'è qualcuno pronto a sostituirmi e a prendere il mio posto. Posso andare in malattia se mi succede qualche cosa e non ho problemi se devo prendere un permesso per una visita. Posso anche lavorare più ore del previsto, ma poi queste mi vengono riconosciute come straordinario in busta paga, oppure mi vengono scalate dai giorni successivi. In passato, invece, durante i lavori come stagionale mi è capitato di venire negato un permesso ferie chiesto con 3 mesi di anticipo perché non ci sarebbe stato nessuno a prendere il mio posto.
Come si può uscire da questa situazione?
Servono anzitutto maggiori controlli. Impedire che ci siano situazioni dove, come nel mio caso, in passato è successo che mi prorogassero di tre mesi in tre mesi il contratto da stagionale senza poi assumermi. Se provi a protestare o a ribellari ti dicono quella è la porta e ti mandano via. Anche per questo motivo sono fuggita dalla Sardegna. I titolari devono inoltre capire che bisogna dare il giusto peso alla professionalità e agli anni di esperienza riconoscendola in busta paga. Non possiamo tutti sempre essere equiparati a dei ragazzini senza esperienza. Infine, devono capire che i dipendenti devono potersi fare una vita al di là del lavoro, riconoscendo quindi le necessarie pause e i momenti di riposo. L'azienda non è del dipendente, ma semmai è del titolare.
Spesso si sente dire che i giovani d'oggi non vogliono più lavorare, è vero?
Non è così. Se si valorizza questa professione e la si tratta al pari delle altre, ovvero eliminando gli "impieghi farlocchi", garantendo i diritti e facendo rispettare i contratti di lavoro, la gente e in particolare i giovani, verranno a lavorare.
Altri approfondimenti sul tema
- Mancanza di personale nella ristorazione: per guadagnare si sacrificano gli stipendi dei camerieri?
- Camerieri, cuochi, stipendio e gavetta. E se Alessandro Borghese avesse ragione?
- I giovani e la ristorazione: mal pagati e poco valorizzati. Ecco le soluzioni per riavvicinarli
- Non si trova personale da assumere? Ecco la “furbata” di Homie, hotel senza dipendenti
- Alberghi e Ristoranti: troppi costi a carico degli esercenti e perciò stipendi bassi. Stato dove sei?
- Anche il bagnino ha perso il suo fascino: spiagge senza personale
- La crisi del personale non tocca i sommelier. Ecco perché
- Tagli a contributi previdenziali e stop al lavoro nero, solo così il turismo può ripartire
- I giovani non lavorano più nel turismo. Il motivo? “C'è un problema di valori”
- Mancanza di personale, Fipe: “stiamo lavorando col Governo a una soluzione”
- Crisi della ristorazione: “Si diano ai cuochi tre giorni liberi la settimana”
- Giovani e ristorazione: “lo sfruttamento c’è, ma c’è anche poco spirito di sacrificio”
- La ristorazione non è appetibile per lavorare? “Servirebbe un Masterchef dei camerieri”
- Fare il cameriere a 1,4 euro l'ora? Il caso estremo che fa riflettere su cosa stia accadendo
- Pizzaioli e crisi della ristorazione: “Sempre meno quelli disposti a lavorare quando gli altri si divertono”
- La “fuga” da ristorazione e accoglienza: “Una vita di sacrifici per uno stipendio normale”
- Pasticceria e crisi della ristorazione: “A scuola bisogna istituire la qualifica di Maestro”
- Ristorazione senza personale, Sal De Riso: “Si sceglie disoccupazione e reddito di cittadinanza”
- Crisi della ristorazione, i datori di lavoro: “Stop al reddito di cittadinanza e incentivi a chi assume”
- Alberghi e ristoranti: “Ci rubiamo i dipendenti l'uno con l'altro”
- Turismo: l’estate senza personale è un danno 6,5 miliardi
- Manca personale anche alle discoteche: “Ci affideremo agli stranieri”
- Crisi della ristorazione, i sindacati: “Contratti e condizioni di lavoro inaccettabili”
- Dopo 11 anni da barista diventa commessa: “Ora ho stipendio e orari di lavoro certi”
- Barista con 28 anni di esperienza sceglie la disoccupazione: “Ricevo solo proposte di lavoro irrispettose”
- I giovani fuggono dalla ristorazione, la preside: «Vanno motivati, anche economicamente»