Sono diverse settimane che sulla rete e sui quotidiani, insieme alle notizie sull’andamento del Covid e ai resoconti della più temibile delle notizie, cioè la guerra, la questione che più sta appassionando, non solo gli addetti del settore, è l'intervista che Alessandro Borghese ha rilasciato al Corriere, sul tema della carenza di personale, in questo caso nel settore della ristorazione e più in generale nel mondo dell'ospitalità. Il nostro cuoco ha espresso un concetto più o meno racchiuso nelle frasi: lavorare per imparare non significa per forza essere pagati. I ragazzi oggi, vogliono compensi importanti da subito.
Affermazione che in poche ore ha creato non poche riflessioni e discussioni su tutta la rete e sui social. A stretto giro di posta, anzi di social, il Briatore nazionale ha diffuso il suo pensiero dando ragione a Borghese. Noi di Italia a Tavola già ieri abbiamo approfondito la questione dando voce a chi sta "dall'altra parte", ai camerieri, e non possiamo che registrare che il problema della carenza di personale è vero ed e molto serio. Bartolini, Perbellini, Oldani, Cannavacciuolo, Klugmann, Da Vittorio, per stare solo tra i più noti, denunciano una reale difficoltà nel reperire nuovi collaboratori, ma sappiamo che secondo i dati della Fipe sono oltre 150mila i posti vacanti nel settore dell'ospitalità del nostro Paese. Il dopo pandemia ha cambiato molte cose, afferma giustamente Borghese, e tra l'altro rileviamo che nei pensieri di tanti il problema avrebbe potuto essere esattamente il contrario, vista la difficoltà economica e la conseguente chiusura di migliaia di pubblici esercizi e di alberghi.
Cosa è successo allora?
Alessandro Borghese
Serve un nuovo patto sociale
Il sottoscritto, oltre che collaborare con Italia a Tavola, è un ristoratore da oltre 30 anni. Ho insegnato cucina negli ultimi dieci anni, quindi posso osservare e cercare di dare qualche risposta con una certa cognizione di causa. Va da sé, che mi aggiungo ai tanti che lamentano la totale assenza di personale qui a Milano, confermata dal fatto che le prenotazioni vengono gestite proprio in funzione dei collaboratori presenti e che non tutti i giorni è possibile soddisfare le richieste, timorosi di non fare una bella figura.
Ma vorrei, prima, anche analizzare la questione sotto un altro punto di vista: nel nostro Paese, molto sindacalizzato, frutto di conquiste sociali a cui sarà non facile rinunciare, spesso parlare di regole, contratti, ore di lavoro, tasse, sembra non sia visto proprio come politically correct. Affermo da un po’ che nel nostro Paese ci vorrebbe un nuovo patto sociale.
Un peso per ristoratori e dipendenti
Sembra incredibile e quasi impossibile senza inimicarsi qualcuno, parlare di costo del lavoro, notare che le nostre aziende sono sostituto d'imposta, che il turismo ha 14 mensilità, oltre al TFR che è una 15ª mensilità, oltre a una serie innumerevole di ore pagate tra cui permessi sindacali retribuiti, festività abolite ma pagate, ferie, contributi Inps e Irpef, oltre in ogni caso alla maggiorazione di giornate festive lavorate, Natale, Pasqua, Ferragosto, ecc… Insomma, un bel carico di un costo lordo per le imprese. Ma a fronte di tutto questo una retribuzione netta per i collaboratori al di sotto della media europea.
Ma la politica tace...
Nonostante tutto, quasi nessun partito nei governi degli ultimi vent'anni ha mai affrontato seriamente la diminuzione del carico fiscale del lavoro a fronte di un miglioramento della retribuzione netta dei dipendenti. Questioni importanti ma sopite, e al momento buono l'accusa di evasione fiscale è lì pronta come una spada di Damocle a zittire tutti.
La correttezza degli imprenditori
In fondo la questione sollevata dai Borghese/Briatore è direttamente proporzionale a questi problemi. L'elevato costo del lavoro ha provocato una serie di distorsioni pratiche mettendo sempre più l'uno contro l'altro. Cosa intendo? Per esempio, da molti mesi un altro degli argomenti di cui si discute in maniera anche molto aspra è che gli imprenditori del nostro settore siano spesso poco attenti alle regole lavorative, quasi dei negrieri che sfruttano il personale, che non osservano gli orari contrattuali previsti e che se c'è una certa disaffezione dei lavoratori molto è dovuto a questi atteggiamenti imprenditoriali.
C'è un filo conduttore in tutto questo? Probabilmente sì!
Che ci siano imprese e imprenditori poco corretti e che molte critiche siano veritiere, siamo i primi a denunciarlo. Chi non rispetta le regole fa una concorrenza sleale nei confronti di chi invece le regole le rispetta. Ma anche il reddito di cittadinanza o i sussidi di disoccupazione, non aiutano certo il lavoro.
L'apprendistato e la gavetta
Ma torniamo a Borghese; chi impara un mestiere dovrebbe avere una retribuzione commisurata a questo? Una volta c'era l'apprendistato, forse c’è ancora, e significava imparare un mestiere e sia i contratti relativi ma anche il pensiero comune era che la paga fosse bassa a fronte di una scuola di mestiere vera.
Andare a lavorare da un artigiano, da un falegname, da un sarto, in una panetteria, equivaleva ad imparare realmente un mestiere, si ringraziava il “padrone” per questo ed era frequente che il commesso più bravo prima o poi rilevasse l'attività. Ma erano altri tempi, direbbe qualcuno, e certamente il lavoro aveva una dignità e un valore sociale. Quanti, anche grandi cuochi, hanno iniziato la loro carriera come commis se non addirittura come lavapiatti, rubando poi il mestiere anche con gli occhi.
Insomma, era quella che si chiamava gavetta, poi come sempre i migliori conquistavano la loro meta.
Oggi, come dice Borghese, tutto questo non c'è più, i giovani, e non solo nel mondo della ristorazione, attratti spesso dal luccichio dei vari Masterchef televisivi, e forse anche da stipendi dorati, cascano dinanzi alle prime musate, ai primi comandi dello chef, o si sentono umiliati se costretti a pulire cipolle e patate. Io nei vari anni di docenza ho sempre suddiviso l'insegnamento anche con ore di lavaggio, spiegando che uno chef deve conoscere tempi e metodi delle varie figure di una cucina. Se vuoi diventare un capo devi conoscere i vari compiti in una cucina ed averne rispetto.
Borghese e l'imprenditoria
Il nostro giudizio, il mio giudizio? C'è molto di vero nelle critiche di Borghese e noi sottolineiamo che fra i vari personaggi televisivi, lui sicuramente ha affrontato l'aspetto e l'impegno imprenditoriale. I suoi programmi, i suoi format partono affrontando una ristorazione “normale”, buona, a volte eccellente, ma molto spesso semplice, con trattorie e osterie del nostro Paese.
Eppur si muove
Qualcuno e qualcosa si sta muovendo, le varie associazioni stanno attivamente cercando di migliorare o cambiare i metodi formativi intervenendo presso gli istituti del settore. La stessa Fipe ha creato i Talent day, con lo scopo di un incontro tra domanda e offerta, e non ultimo nel dare ancora più valore agli ITS, gli istituti di formazione superiore, ma sottolineo, sottolineiamo, che senza affrontare i problemi sopraelencati non sarà facile venirne fuori, bisognerà chiedere anche alla politica di affrontarle tante questioni.
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