Giovani camerieri e personale di cucina “sottopagati” e sfruttati, o semplicemente “impreparati” e “da formare”? Questo il dubbio che si potrebbero porre in molti di fronte all’emergenza personale (spesso introvabile) che aveva colpito un po’ tutti i bar e ristoranti italiani con l’avvio della ripresa estiva dopo mesi di chiusure e limitazioni. Nelle località turistiche la risorsa tradizionalmente più utilizzata in questo periodo erano gli stage o i periodi di lavoro temporaneo degli studenti delle scuole alberghiere, ma quest’anno è stato davvero difficile trovare ragazzi disponibili. Altro che problemi per controllare i green pass all’ingresso...
Con quale formazione i giovani iniziano a lavorare nell’accoglienza?
Fra le tante motivazioni di questa situazione ci sarebbe lo scarso interesse dei giovani per lavori non sempre gratificanti, con magari scarse prospettive per il futuro e, non dimentichiamolo mai, con orari impegnativi (si lavora mentre i coetanei sono magari i clienti che si divertono o si svagano...). Ma, ribattono i gestori dei pubblici esercizi, così è sempre stato e questo è un lavoro di per sé faticoso e che richiede motivazione e preparazione. E questo è forse il nodo centrale della questione: con che formazione arrivano questi studenti al primo impiego in un bar, un ristorante o un hotel? E, aggiungiamo, per quali ragioni questi giovani intraprendono un percorso di studi decisamente “particolare”?
Il falso mito del cuoco televisivo e le scuole che imbrogliano
Un dato è ineludibile: da anni viviamo come in un reality che fra tv e social ha creato il mito del cuoco stellato, senza mai parlare però del valore dell’accoglienza, dell’impegno dietro a un bancone del bar o nel ricevimento. Il mondo dei pubblici esercizi, salvo casi rari, non è quello della Michelin o di MasterChef e i sogni e le ambizioni devono per forza passare attraverso le forche caudine dell’apprendistato e dell’esperienza sul campo. Fare credere il contrario a questi giovani (è il caso di alcune pseudo scuole private...) è alimentare illusioni e imbrogliarli.
Qualità della formazione inadeguata alla realtà lavorativa
E alla prova vera, va detto con grande rispetto e tristezza, non è che i ragazzi che escono dalle scuole alberghiere siano sempre preparati. Anzi, salvo lodevoli eccezioni (che poi diventano l’oggetto di contesa fra i locali concorrenti) gli studenti non hanno una formazione adeguata. Ci sono molti istituti alberghieri che non sono all’altezza del compito. I programmi sono obsoleti, spesso sono fermi agli anni Novanta. Mancano le tecnologie e gli insegnanti in molti casi sono ex alunni che non hanno mai lavorato in un pubblico esercizio o in un hotel. Certo ci sono le eccezioni, come i corsi affidati a cuochi, barman o direttori d’hotel di fama, ma sono pochi. E così i ragazzi non sanno magari distinguere uno speck da un prosciutto, un calamaro da una seppia, o una tequila da un gin.
Ci vuole una riforma delle scuole alberghiere
Poi per carità c’è anche la realtà dei locali che si approfittano dei ragazzi anche se sono preparati e, se non sono andati all’estero, li sottopagano. Ma il vero problema è quello di un’urgente riforma delle scuole alberghiere riportando le professionalità e le tecniche al centro degli studi e degli stage, così da aumentarne la credibilità ed eliminare l’etichetta di scuola che richiede poco impegno. Il futuro del turismo passa da queste nuove generazioni.
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