E allora questa ripresa arriva o no? Si riparte? Un po’ tutti gli attori economici se lo chiedono, per lo più con comprensibile preoccupazione. A leggere i dati forniti delle istituzioni politico-economiche si dovrebbe rispondere di sì: sta arrivando, si riparte, nonostante i seminatori d’odio e i complottisti, che si spera inghiottiti dal dimenticatoio della storia quanto prima.
I segnali macroeconomici della ripresa ci sono
Nello specifico, la Commissione europea ha di recente adottato una visione positiva, in particolare nella zona Euro, rivedendo al rialzo le sue previsioni di crescita. Produzione e scambi dell'unione monetaria potrebbero tornare ai livelli pre-pandemia già alla fine di quest'anno anziché all'inizio del prossimo, come previsto in precedenza. Nel 2021, si prevede una crescita italiana del 5%. Oltreoceano, le previsioni effettuate dagli analisti di uno dei motori dell’economia mondiale, gli Usa, non sono diverse: a preoccupare, semmai, sarebbero le spinte inflazionistiche.
Botteghe e gastronomie volano della ripresa del commercio?
Volendo focalizzarsi sul commercio, in Italia i dati Istat di luglio segnalano un aumento dei volumi su base annua pari al 6,7%. Il rimbalzo riguarda tutti i canali di vendita al dettaglio, ma soprattutto le imprese che operano su piccole metrature: negozi e botteghe storiche, infatti si attestano su un +8,2%, a fronte del +5,6% della grande distribuzione e del +6,4% del commercio elettronico. Quanto ai settori merceologici, ai primi posti troviamo l’abbigliamento (+15,4%), seguito da scarpe e articoli in cuoio (+12%).
La tempesta non è passata, insomma, ma s’intravede uno squarcio di luce. Che sia stata accesa, ipotizziamo, proprio dai commercianti vintage, quelli delle botteghe storiche, negozi di vicinato, mercati di quartiere che nell’era pre-pandemia parevano destinati alla sparizione (a vantaggio di grande distribuzione e commercio elettronico)? Il +8,2% di luglio è di certo confortante, ma potrebbe essere anche effimero; in realtà non abbiamo ancora una massa significativa di dati a disposizione, e gli indicatori di crescita restano traballanti. In cerca di un terreno meno franoso, abbiamo provato a fare una mini-inchiesta proprio presso le botteghe storiche, da cui può dipendere un pezzo importante della vitalità dei nostri centri cittadini.
A Roma si attende la fine dell'estate per fare il bilancio sulla ripresa dei consumi
Cominciamo con l’Associazione Botteghe Storiche Roma, città che vive oggi una vigilia elettorale tesa e competitiva: lo dimostra il fatto che il presidente dell'associazione, da noi consultato, proprio in quanto candidato si è autosospeso, per correttezza, dalla carica. Tuttavia non si è tirato indietro, il presidente (oppure ex, vedremo) Giulio Anticoli, e ha accettato di analizzare la situazione insieme a noi. «Il mio punto d’osservazione privilegiato è Kent, la bottega di famiglia, chiamiamola così anche se è piuttosto grande, dove da sessantacinque anni si vende abbigliamento uomo-donna, classico e sportivo, a Roma in viale Somalia. Se parliamo del classico negozio di vicinato posso dire che la ripresa di luglio è stata avvertita e subito contraddetta da una flessione nel mese di agosto, che ha visto una specie di desertificazione anomala dell’urbe. Vendite in crescita un po’ in tutti i settori, anche nell’abbigliamento, che è tra quelli che hanno sofferto molto la pandemia; più della ristorazione, in cui sembra esserci stato un deciso scatto in avanti. Io ho l’impressione che la gente abbia voglia di uscire, riprendere a fare shopping, nella speranza di tornare quanto prima alla vita normale, dopo tutti questi mesi passati fra le mura domestiche».
e-Commerce vs. botteghe: il problema è la fiscalità
Questa specie di reclusione ha portato i consumatori a concentrarsi sulla casa (complementi d’arredo, mobilio, falegnameria, tappezzeria, artigianato, tende e biancheria) e i suoi accessori più che sul look - «e questo ovviamente ha depresso il mio settore, soprattutto la filiera legata alle cerimonie», ha affermato Anticoli. Rimane il problema annoso, aggravatosi in questi ultimi diciotto mesi, dell’esplosione del web e del tipo di concorrenza che ci troviamo di fronte: «Improduttiva, dico io, perché passa per portali che non lasciano tracce, in termini di flussi economici, sul territorio. Una concorrenza opaca, se parliamo di equità fiscale: dove pagano le tasse, e in che misura, i colossi che si confrontano con le nostre realtà medio-piccole? Siamo contribuenti italiani, vogliamo fare un calcolo dell’onere fiscale complessivo che pesa su tali realtà, che dovrebbero competere con quei colossi? Io ho stimato una percentuale vicina al 70% del fatturato, come mi confronto con chi paga il 10%, quando va bene?», chiede retoricamente Anticoli.
Giulio Anticoli (Botteghe Storiche Roma): «Il consumatore incerto, non spende»
E veniamo al futuro: «Io non credo a una crescita esponenziale dei consumi, perché pesa ancora troppo l’incertezza, e il consumatore insicuro non spende. Nel momento in cui le notizie sull’uscita dalla pandemia e sulla riduzione dei contagi dovessero cominciare a prevalere, si creano automaticamente le condizioni per una ripresa solida. E poi servirebbe una politica che sappia cavalcare questa eventuale ripresa. Ecco, forse questo è il problema dei problemi, la nostra classe dirigente non mi sembra all’altezza», conclude Anticoli.
A Milano pochi cambiamenti, ma asporto e delivery sono diventati la normalità
Rivendicazioni orgogliose e voglia di riscatto arrivano come un’eco forte e chiara dalla capitale politica; vediamo ora che si dice nella capitale finanziaria, andando a intervistare il titolare di una bottega situata in una delle zone più eleganti (e care) di Milano, cioè corso Vercelli. Presenta la sua cucina con un tocco di fantasia signorile, Luca Negrelli, nella sua Rosticceria Galli, aperta dal 1949, attingendo anzitutto alla tradizione italiana: ecco quindi, pronti per l’asporto o la consegna a domicilio, pasta e fagioli, la polenta, il brasato, gli ossibuchi, la trippa, la cassoeula, la torta di mele. Segni di ripresa per l'alimentare di vicinato? «Il fatturato della Rosticceria Galli non è calato, anche perché lavoriamo molto con l’asporto. E nemmeno posso confermare che nella zona in cui lavoro le botteghe, e in special modo le gastronomie-alimentari, abbiano sofferto la crisi fino a dover chiudere. Non mi risulta», racconta Negrelli. Detto diversamente, per chi viene a rifornirsi qui, il paniere della spesa non è cambiato. «La spesa media è rimasta quella di prima, ma consideri che il mio target è piuttosto alto: può darsi sia questo il motivo», precisa Negrelli.
Il banco della Rosticceria Galli con il girarrosto alle spalle
Le poche limitazioni del green pass facilitano il commercio in rosticceria
Una buona base da cui partire in vista della ripresa dei consumi. «A me basta che non diminuiscano, perché vanno già bene così. Non saprei dire degli altri settori, francamente, ma noi continuiamo a viaggiare senza troppi problemi», risponde diretto Negrelli. D'altronde, luoghi come la Rosticceria Galli sono "isole felici": «Per adesso le limitazioni introdotte col Green Pass non riguardano gli esercizi come il mio. Quanto ai prezzi, mi aspetto un rialzo, ma non è un fenomeno inedito: dato che succede ciclicamente, non credo porterà ad un crollo dei consumi. In ultima analisi, non ho motivi particolari per essere pessimista», conclude Negrelli.
A Bologna la drogheria/enoteca Gilberto ha riconquistato i residenti
Spostandoci a Bologna, la Drogheria/Enoteca Gilberto, in pieno centro storico dal 1905, rappresenta un altro osservatorio privilegiato che sfruttiamo con l’aiuto di Gabriele Vignoli, uno dei componenti dell’impresa familiare alla guida dell’esercizio. «A Bologna abbiamo visto un flusso di turisti che non ci aspettavamo, a luglio e pure ad agosto, per cui siamo molto contenti. Siamo quasi ai livelli del 2019, o poco ci manca. La ripartenza si avverte, insomma». Ed è arrivata non senza pagare qualche prezzo. Almeno in termini di restyling della proposta enogastronomica: «Prima della pandemia eravamo un negozio all’80% dedicato ai turisti e questi mesi di chiusura ci sono serviti per riavvicinare il cittadino bolognese; soprattutto tramite la consegna a domicilio di vini, liquori e alimentari di fascia alta. Il sabato sera organizziamo il nostro tradizionale aperitivo, nel locale e sulla strada, e anche in questo caso ci stanno arrivando segnali positivi», spiega Vignoli.
La drogheria ed enoteca Gilberto a Bologna
Green pass? «Meglio di altri eventuali blocchi»
Il green pass sta in qualche modo ostacolando la ripartenza? «Per il momento non ci tocca, perché non siamo focalizzati sulla ristorazione dentro i nostri locali. Le saprò dire qualcosa di più quando ci sarà l’esigenza di stare al chiuso, ma solo per quanto riguarda l’aperitivo del sabato. Ora andiamo incontro a una fase decisiva: da qui a Natale bisogna raddrizzare i conti di tutto l’anno, si può fare in soli quattro mesi? Io dico di sì, ma bisogna incrementare i vaccini e di conseguenza il senso di fiducia collettivo, questa è la via maestra. Proprio a questo dovrebbe servire il green pass, ad evitare altri blocchi».
Ritorno dei turisti internazionali e riduzione dello smart working, i driver della ripresa
E concludiamo tornando in quel di Milano, ma questa volta dalla prospettiva dell’Associazione Botteghe Storiche di Lombardia, un pochino più ampia rispetto alla vista di cui si gode sbirciando dalla rosticceria di corso Vercelli. Abbiamo contattato Luigi Ragno, presidente dell’associazione nonché titolare della Ditta Guenzati, presente nel centro di Milano addirittura dal 1768: un’insegna di prestigio, un passato da preservare e raccontare, se vogliamo essere in grado d’interpretare il futuro.
«A Milano le botteghe storiche hanno sofferto, come tutti, ma la nostra associazione non ha intercettato crisi definitive: siamo più o meno tutti riusciti a rimanere in piedi. Con grande fatica, certo: ad esempio la Ditta Guenzati si occupa di accessori per l’abbigliamento e questa nicchia di mercato, dove si offre un livello qualitativo superiore alla media, ha ovviamente i suoi problemi. La miniripresa di luglio, di cui si legge sui quotidiani, ha solo sfiorato i negozi del centro storico di Milano, che è stato molto penalizzato dalla pandemia: i turisti devono ancora tornare, e mi riferisco a quelli che spendono davvero, non ai ragazzi che vanno in giro con pochi soldi in tasca e che stanno ricominciando, quelli sì, a frequentare queste vie. Tra i residenti, i nostri clienti tradizionali non si vedono ancora, forse anche a causa dello smart working: la sensazione di vuoto, qui nel centro di Milano, è ancora piuttosto forte».
Commercio di vicinato, adattarsi per resistere alla crisi si può
Cos’hanno in comune queste quattro esperienze? Sappiamo bene, anzitutto, che sul tema delle botteghe storiche in crisi fiumi di parole si sono scritti: quanta retorica sprecata sull’analisi del tessuto socio-economico, la desertificazione delle piazze rinascimentali e dei centri storici a beneficio delle piazze virtuali e dei cosiddetti non-luoghi! Al di là della tendenza al lamento, particolarmente inutile in tempi di pandemia, tutta la Lombardia, e poi Roma, Milano e Bologna, sembrano raccontare che alla crisi globale tante botteghe hanno saputo reagire, rimanendo in piedi come un sensore economico da studiare; a volte come un esempio di capacità adattativa. Tali esempi, proprio perché vissuti in un momento di crisi storica, ci fanno a capire che non tutto è internettizzabile: esistono esperienze socio-economiche, irrinunciabili, capaci di resistere al virtuale. In altre parole, sia la resistenza sia la metamorfosi delle botteghe storiche servono (anche, ma non solo) ad allontanare quel futuro distopico in cui le pillole sostituiscono il cibo, e gli avatar le relazioni vere e proprie.