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Federico Quaranta, il “provinciale” che conosce l’Italia segreta

Con il programma Il Provinciale su Rai 2, Quaranta racconta l’Italia fatta di personaggi, storie e verità poco conosciute ma tutte da scoprire. In questa intervista svela i suoi luoghi del cuore e i progetti

di Carmen Vesco
21 maggio 2021 | 05:00

Federico Quaranta, il “provinciale” che conosce l’Italia segreta

Con il programma Il Provinciale su Rai 2, Quaranta racconta l’Italia fatta di personaggi, storie e verità poco conosciute ma tutte da scoprire. In questa intervista svela i suoi luoghi del cuore e i progetti

di Carmen Vesco
21 maggio 2021 | 05:00

Conduttore, autore, pioniere di territori inediti da raccontare sul piccolo schermo: Federico Quaranta, vincitore nel 2018 del sondaggio Personaggio dell'anno dell'enogastronomia e dell'accoglienza di Italia a Tavola nella categoria Opinion Leader, ha portato, con “Il Provinciale”, il pubblico in viaggio attraverso una Italia fatta di personaggi, storie e verità poco conosciute ma tutte da scoprire.Un programma di cui lui stesso è autore insieme a Giuseppe Bosin, Andrea Caterini, Lillo Iacolino e Francesco Lucibello, con la regia di Sergio Spanu. Basta una puntata per capire di che tenore siano i contenuti del programma, al di là delle storie sempre affascinanti, che paiono riemerse da libri antichi e che riprendono vita sullo schermo, attraverso una costruzione descrittiva mai retorica, mai banale, mai semplificata in nome dell’audience.

Federico Quaranta Fonte Facebook Federico Quaranta, il provinciale che conosce l’Italia segreta

Federico Quaranta Fonte Facebook


Federico, “Il Provinciale” su Rai 2 ti ha visto protagonista di uno percorso attraverso un itinerario inedito della nostra bella Italia, ma come è nata l’idea di questo programma?
“Il Provinciale” è un programma straordinario, secondo me, che è stato realizzato da Rai2 e che è riuscito a duplicare la media di share di rete. Con questo programma compiamo un viaggio attraverso il territorio dal punto di vista storico, culturale, antropologico e filosofico. Lo raccontiamo come Piero Angela ha raccontato per anni città d’arte, musei e scienza. Abbiamo cercato, e credo siamo riusciti, a tirare fuori e mostrare tutte le virtù dei luoghi che abbiamo visitato, anche quelli più sconosciuti. È stato un viaggio bellissimo, di altissimo livello.

E a proposito di contenuti e di modalità di racconto, è indubbio che “Il Provinciale” abbia vinto la sfida di arrivare al grande pubblico della tv nazionale senza cedere a compromessi. I numeri parlano anche da soli e non necessitano di commenti, invece in fase di realizzazione avete mai avuto ripensamenti, o alla vigilia della messa in onda avete avuto timori?
Qualcuno ha detto che è stato un programma ambizioso, coraggioso e nello stesso tempo che ha stravolto i canoni del programma di territorio. Abbiamo scelto delle chiavi completamente diverse per raccontarlo e abbiamo tenuto il livello della qualità molto alto, nei dialoghi, nei contenuti, nelle descrizioni: una cosa che per molti sarebbe stata respingente, invece è stata la chiave vincente. Andare sempre e solo dietro lo share non ripaga come questo programma ha ripagato noi. Oggi possiamo dire che più alzi il livello più scopri di avere un pubblico selezionato e fedele ai contenuti di qualità.

Questo ti ripaga anche della ferita che ha lasciato la sostituzione nella conduzione di “Linea Verde”?
Al di là della mancanza di tatto e di rispetto, della maleducazione, del modo usato per salutarmi, io ringrazio Beppe Convertini e il direttore che mi hanno trattato così: facendo quello che hanno fatto mi hanno permesso di scrollarmi di dosso il cliché di “Linea Verde”, programma bellissimo che va avanti benissimo indipendentemente da chi lo conduce, ma che, personalmente, non mi permetteva quello che mi ha permesso di fare “Radici”, in primis, e “Il Provinciale”, in secundis. Programmi dai dialoghi, entrambi, dai livelli espressivi altissimi, con un’attenzione spasmodica alla lingua italiana, alla ricerca e all’uso di un vocabolario un po’ più erudito, per poter dimostrare che non è vero che bisogna fare bassa televisione per avere grandi risultati.

Ora parliamo dell’Italia di “Il Provinciale”. Dall’Aspromonte, alla Gallura, al Gargano attraverso itinerari inediti anche agli stessi abitanti. Come scegliete i percorsi e le storie da raccontare?
Il Matese, la Gallura, l’Aspromonte: che territori meravigliosi. Ho attraversato tutta la Barbagia, in Sardegna, e quella puntata è stata una cosa, per me, straordinaria, da vivere e da raccontare. Le storie da raccontare le scegliamo insieme, noi autori. La verità è che si parla sempre di conduttori, ma bisogna prima parlare degli autori. Che sono la mente del programma. Noi lavoriamo nella mediazione: ognuno propone una chiave di lettura per la puntata, un’idea, la buttiamo sul tavolo e ne discutiamo. Siamo un team ben assortito: insieme a me ci sono un letterato, un filosofo, un intellettuale e un grande autore della televisione. E poi il nostro regista, che ha un ruolo fondamentale. Prima cerchiamo le storie e poi andiamo alla scoperta del territorio. Le storie sono dentro i libri, nei territori stessi, attraverso i racconti della tradizione. Riceviamo anche delle segnalazioni, ma contano relativamente, perché vogliamo restare lontani da ogni tipo di interesse personale.

Quali territori non hai ancora raccontato e vorresti raccontare?
Moltissimi, ad esempio non ho mai esplorato il vero Salento: parte della Grecìa, ma non solo. Vorrei raccontare di quel Salento delle antiche tradizioni, che affondano nella lontana storia del popolo, dove ha origine il “mito” della Taranta, che non è il fenomeno pop di oggigiorno, ma racconta la condizione della donna ripudiata da una società patriarcale. Una storia che ha un legame fortissimo con altre regioni come la Calabria, la Lucania, la Campania. Luoghi e tempi in cui le donne che non rientravano negli schemi sociali consoni venivano ripudiate e date per pazze. Ecco, vorrei raccontare questa Puglia magica, i cui riti derivano direttamente da quelli delle città greche. Sono innamorato della Murgia, poi, e anche lì arriveremo. Oltre la Puglia, c’è tutto un nord Italia da scoprire, il massiccio del Lagorai in Trentino, la Val Grande in Piemonte. Luoghi inediti e meravigliosi. Ma se ci si mette alla ricerca, l’Italia offre storie straordinarie da raccontare. E poi, credetemi, la Sardegna tutta, noi finora siamo stati solo in Gallura, ma c’è tanto altro da mostrare. E per ogni luogo da raccontare, ogni storia da raccontare, bisogna scegliere anche il periodo giusto. Ad esempio, nella Murgia sarebbe bellissimo andare in primavera, o in autunno.

Alla ricerca di funghi?
In verità, noi non andiamo più alla ricerca di prodotti, ma di uomini. Inseguiamo le orme degli uomini per raccontare la storia dei popoli e dei territori.

Quando parli di “potenza” attribuita a un luogo, a una storia, alla natura, cosa intendi trasmettere al pubblico?
La sensazione di emozione che mi dona un luogo. La potenza si misura nella capacità di un luogo, o di una storia, di suscitare emozioni. “Potenza” è un’emozione che si propaga, che si sviluppa, che si manifesta. Questo per me è essere “potenti”. Arrivare al cuore.

Hai accennato a luoghi della Puglia che hai voglia di raccontare, ma molti altri li hai già vissuti e mostrati al pubblico. Possiamo dire che la Puglia è una tua seconda casa?
Io sono legato alla Valle d’Itria e, in particolare alla zona di Ostuni, di Ceglie Messapica, dove ho anche una masseria in fase di ristrutturazione, una masseria che non diventerà mai un albergo ma sarà la mia casa di campagna. Ho scelto la Puglia come luogo per la mia country house, seppur con questa regione, noi, io e mia moglie, non abbiamo legami di sangue. Io, però, ho due affetti importantissimi che chiamo “sorella” e “fratello”. Si tratta della famiglia Ricci, e in particolare Antonella: loro sono la mia famiglia allargata. Altra famiglia che sento come mia è quella di Dario Stefàno, il senatore. Due sentimenti profondi, di rispetto e affetto, mi legano loro e guarda caso sono pugliesi.

Invece, con le telecamere, in Puglia, dove sei stato?
Sono stato a Bari con Linea Verde “Radici”, accompagnato tra i vicoli della città vecchia dal gastronomo Sandro Romano, alla scoperta dei sapori della tradizione, ma ora è da un po’ che non ci torno. Mentre con “Il Provinciale” siamo stati a Noci e sul Gargano. Devo confessare che, seppur io sia molto legato a questa terra, non conoscevo il Gargano così fino a quando non ci sono stato per girare la puntata del 1° maggio. E così che ho trovato un’altra Puglia.

E come lo hai vissuto, il Gargano?
Come una scoperta, devo ammettere che mi ha stupito molto. Quella del Gargano è un’altra Puglia. Ha la bellezza della diversità, dove la natura si è sbizzarrita: dalle scogliere, alle spiagge, passando per le falesie, le grotte e i laghi, poi salendo i giardini mediterranei, e la foresta e poi la montagna. Il Gargano è un territorio antico e giovane insieme, è il più grande promontorio d’Italia, ed è una penisola, in sé offre tutto lo spaccato che ho raccontato. Una ricchezza che ti permette di essere al mare la mattina e, in poche curve, in montagna nel pomeriggio. Io ho visitato Monte Sant’Angelo, un luogo affasciante per la sua spiritualità e una capitale gastronomica dove si mangia molto bene. Sono stato a pranzo dallo chef Gegè Mangano, che ci ha mostrato la sua ricetta dell’acquasale con gli agrumi, una ricetta che ha in sé il Gargano e la Puglia. Mamma mia che buona. Poi Gegè è un ottimo professionista e un amico che sa bene valorizzare il proprio territorio.

A proposito di spiritualità e di inedito, le telecamere di Federico Quaranta sono state le prime a mostrare quali luoghi?
Siamo stati anche dentro gli eremi: alle spalle di Monte Sant’Angelo, a Santa Maria di Pulsano. È stata una esperienza molto profonda. Infine, siamo stati i primi al mondo a infilarci con le telecamere nella caverna dei due occhi: una grotta è raggiungibile esclusivamente via mare o attraverso un pedalò o una piccola barchetta, o come hanno fatto i cameramen de “Il Provinciale” calandosi con le corde a mo’ di alpinisti. E, immancabile, una puntatina sui trabucchi storici, rimessi in piedi e resi fruibili per raccontare la pesca tipica di questi luoghi.

Un voto alla Puglia?
Impossibile perché la Puglia è enorme, la Puglia non è una, la Puglia è tanti territori, e non a caso questa regione si chiama “le Puglie”. Proprio come lo stesso Gargano, di cui conoscevo Rodi, o Vieste, località balneari molto di moda, ma poi ho visitato posti incredibili che hanno moltissimo da raccontare. Da proprietario di una masseria in Valle d’Itria, dove pensavo ci fossero le versioni più belle, sono rimasto molto colpito da quelle del Gargano: ce ne sono di bellissime, sono diverse da quelle a cui siamo abituati in Valle d’Itria, ma sono altrettanto vere, con i segni del tempo, autentiche nell’identità, con produzione propria, un vero circuito virtuoso. Masserie di montagna, di foresta, una visione alternativa a quelle arse dal sole della valle, ma altrettanto fedeli a sé stesse. Che è la cosa che più mi affascina, ed è così che mi ha conquistato la mia casa di campagna.

Quale luogo d’Italia, invece, credi che abbia fatto sentire come a casa anche il tuo fedele compagno a quattro zampe?
Kumash, lui mi segue ovunque, in ogni luogo come a casa. È come noi, ama viaggiare attraverso le storie. È un allegro e fedele compagno di viaggio: un golden retriever di quasi 6 anni dolcissimo e ne combineremo ancora tante insieme.

Infine, non possiamo che chiederti di Decanter. Parlare di vino in radio è uno dei tuoi tanti progetti ambiziosi. Diciamo che anche questa sfida è stata vinta?
Decanter è indiscutibile, e vi svelo una cosa: non si parla di vino. O meglio, c’è il vino del giorno con la degustazione di Andrea Amadei, che è un bravissimo sommelier e ce lo racconta, ma Decanter è politica, è economia, è costume, è territorio, è tutto ciò che ruota intorno al mondo enogastronomico. Tutto quello che conta sono le storie.

Già, le storie sono ciò che rende interessanti le cose. E l’emozione che le storie trasmettono rende potente il racconto. Direbbe così, forse, anche Federico Quaranta.


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